Capitolo 17

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Pov Leonard



Un forte tonfo dettato dalla grazia di Yves nel chiudere il portone, mi fece sussultare sulla sedia sopra la quale ero seduto da un'ora, con le gambe nude che dondolavano nel vuoto, le braccia conserte sul bordo della scrivania e la matita stretta tra le mie labbra corrucciate e il naso.

La lampada accesa illuminava il foglio bianco sotto i miei occhi mentre il resto della stanza rimaneva al buio nonostante non fosse calata la sera ma fuori il cielo grigio, accompagnato dalla pioggia, non lasciava spazio a nessun tipo di luce.

Lasciai cadere la matita sopra il foglio per poi posarvi la fronte e sospirare frustrato. Non era da me non riuscire a scrivere, non avere ispirazione, non avere voglia di mettere nero su bianco ciò che mi passava in mente, eppure come farlo se gli unici film mentali ruotavano attorno a Ian?
Mi ero ritrovato ad essere il protagonista di ogni scenario, dai più comuni a quelli improbabili, finivano tutti allo stesso modo, io tra le sue braccia.

Ancora non capivo la reazione che aveva avuto l'ultima volta ma più che altro, mi mancava e molto.
Mi domandai se si fosse già stufato di me, dei miei problemi, di ciò che accadeva nel mio cervello.

Quante volte mi ero domandato se fossi pazzo, se i miei pensieri non fossero razionali, se le mie paure fossero troppo terrificanti per esistere sul serio.

Ed eccomi di nuovo lì, un foglio bianco, mille parole in testa e nessuna da sprecare in una sceneggiatura. Solo Ian e le mie paranoie a farmi compagnia.

Quasi non mi sembrò reale il suono del campanello ma al secondo trillo, scattai in piedi, uscendo dalla mia stanza per raggiungere la porta.

Osservai oltre lo spioncino, rimanendo per un attimo senza fiato alla vista di Ian. Era affannato e zuppo d'acqua, guardava con impazienza la porta e prima che potesse suonare di nuovo, trovai il coraggio di aprire.

I nostri occhi si incrociarono, entrambi stupiti, io di vederlo lì, lui di.. Vedermi mezzo nudo. Me ne ricordai solo allora ma ormai era tardi e infantile chiudere la porta così mi feci in silenzio da parte, lasciandolo passare.

"Ian.. Che ci fai qui?" mormorai, chiudendo la porta e appoggiandomi con le spalle ad essa, mentre una strana agitazione si impadronì del mio corpo.

Era a casa mia, a un passo dalla mia stanza ed io ero lì, davanti a lui, con una felpa a coprirmi solo il busto. Sarebbe successo sul serio o sarebbe rimasta una mia fantasia da soddisfare nella solitudine della doccia?

Si passò una mano tra i capelli umidi, scostandoli all'indietro, permettendomi di vedere gli occhi color cioccolato, scuri più del solito.
"Volevo scusarmi per come ti ho trattato, volevo dirti che mi manchi e Dio! Mi vieni ad aprire così!" sbottò furioso, liberandosi d'un solo gesto della giacca di pelle per avanzare verso di me, inchiodandomi ancora di più sul legno della porta.

Schiusi le labbra, in un improvviso bisogno d'aria e deglutii, sentendo la sua mano catturare il mio mento velocemente e con altrettanta rapidità venni travolto dalle sue labbra bagnate.

Fredde e bollenti allo stesso tempo mi assaggiarono e quando la sua lingua si spinse all'interno per cercare la mia, non riuscii a trattenere un mugolio.

Ci staccammo interi minuti dopo, io affannato, lui affamato, di me.
"Nessuna interruzione, nessun giochetto, ti farò mio. Chiaro?" sussurrò sulle mie labbra, roco e deciso, facendomi annuire lentamente.

Le dita gelide percorsero le mie cosce fino a scivolare dietro e afferrarmi con decisione, mi aggrappai a lui, fregandomene della stoffa bagnata e delle mie paure.
Ian mi voleva e io gli avrei dato tutto.

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