Pov Leonard
Ero nel bel mezzo del corridoio dell'accademia, mandrie di studenti si recavano alle aule, correndo da una parte all'altra ed io, in tutta calma, raggiungevo l'uscita, pronto per la pausa pranzo.
Ma ad un passo dalla libertà, gli altoparlanti sparpagliati per tutto l'edificio, fischiarono e una voce femminile pronunciò parole che mi lasciarono di stucco.
"Leonard Kay è pregato di recarsi urgentemente nell'ufficio del direttore" disse, ripetendo il tutto una seconda volta mentre, alcuni sguardi curiosi si voltavano verso di me.
Il panico mi assalì dallo stomaco fino alla punta dei capelli.
Perché mai il direttore in persona voleva parlarmi?Quell'uomo non si faceva neanche mai vedere!
Presi un respiro e dopo qualche attimo, percorsi il corridoio fino alla rampa di scale che salii, cercando di riordinare i pensieri.
Quando arrivai ai piani degli uffici, trovai ad attendermi la segretaria con un sorriso di cortesia.
"È lei Leonard Kay?" mi domandò e appena annuii, mi indirizzò verso la porta dell'ufficio, semi aperta.Entrai pronto al mio destino e rimasi impalato sulla soglia, quando i miei occhi misero a fuoco la figura di Ian, seduto sulla poltrona dietro la scrivania.
"Leonard, siediti" indicò una delle sedie e con calma, richiusi la porta alle mie spalle e raggiunsi la sua scrivania.
"Ma il direttore..?" domandai, non capendo cosa stesse accadendo.
"Il direttore ha deciso di andare in pensione un paio di mesi fa, lasciando l'accademia nelle mani del figlio" mi informò e mentre mi chiedevo perché non fossimo stati avvertiti di quel cambio di gestione, i miei occhi caddero sulla targhetta sopra la scrivania, sulla quale c'era scritto il suo nome.
"È lei il direttore?" chiesi a palpebre spalancate.
Avevo flirtato non solo con il mio professore ma anche il direttore!
"Già. Ho tenuto il cognome di mia madre, ecco perché nessuno sa nulla" rispose, inumidendosi le labbra e non potei rimanere indifferente a tale gesto.
"P-perchè voleva vedermi?" balbettai, muovendomi a disagio sulla sedia.
"Era ciò di cui ti volevo parlare anche quando ti ho chiesto di uscire. Riguarda la tassa scolastica che i tuoi genitori si sono rifiutati di pagare"
Sgranai gli occhi nuovamente nel giro di pochi minuti.
"Che significa? Non è possibile.." mormorai, notando la sua espressione tramutare velocemente."Credevo ne fossi a conoscenza e volevo solo assicurarmi che non decidessi di cambiare corso" disse, osservandomi con uno sguardo dispiaciuto.
Mi lasciai andare contro lo schienale della sedia, prendendo un lungo respiro.
"Cosa hanno detto di preciso?"Quegli stronzi, avrei voluto aggiungere.
Con quale diritto interrompevano i pagamenti senza dirmi nulla?"Solo che non avrebbero pagato più la tassa scolastica per motivi personali e che dal tuo ventunesimo compleanno, avresti avuto abbastanza soldi per pagarti gli studi" disse a grandi linee, trattenendosi dal scendere in particolari.
"Cos'altro?" insistetti.
Conoscevo i miei genitori, di peli sulla lingua non ne avevano, specialmente nello screditarmi.
"Non sono d'accordo sul tuo percorso qui e per loro, si rivela solo uno spreco di soldi" confessò e dovetti chiudere gli occhi, per non mostrarli lucidi.
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Atychiphobia
Ficção AdolescenteATYCHIPHOBIA {paura spropositata, ingiustificata e persistente di fallire e di commettere sbagli}