Capitolo 20

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Pov Yves


Circa le due del mattino, ero appena riuscito a prendere sonno, quando sentii la porta d'ingresso sbattere ferocemente, poi dei passi e infine la porta della mia camera si spalancò. Illuminato da alcuni raggi della luna, Leonard avanzò, rivelando il suo viso sconvolto e solcato da lacrime.

Mi alzai a sedere di scatto, avvertendo il cuore balzarmi in gola.
"Che cazzo è successo?" gli chiesi allarmato e Leonard si avvicinò velocemente, porgendomi il telefono con le dita tremanti.

Mi accigliai e afferrai il cellulare, sbloccandolo di fretta, trovandomi davanti a una foto normalissima di Ian e Leo. Almeno ciò che credetti a primo impatto.. Nel guardarla meglio, capii che il ragazzo al fianco di Ian, seppur fosse la fotocopia di Leonard, non era lui.

Gli occhi erano decisamente più chiari, comunque verdi ma di una tonalità più accesa, i capelli leggermente più lunghi e alcuni lineamenti del viso, appena diversi.
Ma erano chiaramente uno, il sosia dell'altro.

E il filo conduttore era il fottuto professore che lo stringeva al proprio fianco, sorridendo in direzione dell'obiettivo.
"Chi è lui?" chiesi con un sussurro, ormai già avendo ben chiara la situazione.

"Tyler Tate.. Il suo ex ragazzo.. Indovina? Ha un anno in più di noi" confessò, con la voce tremante, così come il suo corpo.

Fissai ancora la foto mentre sentivo il peso del materasso abbassarsi accanto a me.
Ero stato io stesso a metterlo in guardia dall'atteggiamento precipitoso di quell'uomo, ma come avrei potuto sospettare una cosa simile?

"Ho fatto una ricerca su di lui.. Si è trasferito a Chicago per una borsa di studio e probabilmente è per questo che si sono mollati.. Non so.." continuò, tirando su col naso, spezzandomi il cuore ad ogni sospiro.

"La prima volta che sua sorella mi ha visto, mi ha guardato ed ha esclamato "Tyler!" ma non ci ho dato peso.. Dio che idiota. Ieri.. Lui ieri mi ha chiamato col suo nome, non accorgendosene nemmeno. Così ho cercato e ho trovato questo"

Ascoltai in silenzio ogni singola parola, bloccando il telefono e allungai una mano per accendere la lampada sopra il comodino.

Vidi il suo volto nascondersi tra le mani mentre le spalle curve furono scosse da nuovi singhiozzi, che cercai invano di attutire, abbracciandolo più forte che potevo.
"Mi ero veramente illuso Yves.. Credevo di piacergli, per una volta mi sentivo giusto per qualcuno.. Invece sono solo un ripiego del cazzo"




**




Digitai le poche parole che Leonard mi aveva detto di scrivere a Ian e premetti invio, riconsegnandogli il cellulare.

Una scusa su un parente malato da visitare fuori città, la bugia più comune al mondo.

Nonostante la lunga notte, il sole era sorto, indicando l'inizio di un nuovo giorno e Leonard aveva smesso di piangere, sembrava solo vuoto, i suoi occhi non esprimevano nulla, le braccia conserte come a voler rifiutare il mondo e l'espressione persa in pensieri che non osavo nemmeno immaginare.

Vincent ci aveva raggiunto alle prime luci dell'alba, entrambi ci eravamo opposti all'assurdo piano di Leo ma lui non aveva intenzione di mollare e noi, non potevamo lasciarlo da solo.

Così eccoci lì, con una valigia piena di schifezze da mangiare e bere, pronti a partire per un lungo viaggio in macchina, diretto a Chicago.
Il primo ad uscire fu Leo, lo seguii e dietro le mie spalle, Vincent con la valigia a carico.

"Quante ore credi che ci vogliano in macchina?" domandai, seguendo con lo sguardo la schiena di Leonard, il quale si muoveva come un fantasma tormentato, senza mai staccare le braccia da sé stesso.

"Non ne ho idea ma credo più di un intero giorno. Una fottuta follia! Non so perché lo stiamo assecondando" borbottò a bassa voce, camminando al mio fianco.

"Lo stiamo facendo perché l'uomo di cui si è innamorato lo sta prendendo per il culo, cercando di rimpiazzare il suo ex. Se vuole andare fino a laggiù in macchina, significa che ha bisogno di parecchio tempo per sbollire e riflettere. Cosa che un viaggio in aereo di due ore non gli darebbe"

Leonard chiamò l'ascensore e ci bloccammo a un paio di metri da lui, per continuare quella discussione.
"Ma cosa può volere da quel ragazzo? Ti rendi conto che non ha senso?" sbottò, guardandomi con sempre più biasimo.

"Forse ha solo bisogno di vederlo dal vivo, magari una volta lì, scopriamo che non si somigliano poi così tanto e la cosa si concluderà" scrollai le spalle, riprendendo a camminare quando le porte dell'ascensore si aprirono.

Entrammo tutti e tre, più la valigia, stringendoci attorno agli angoli, senza aggiungere nulla.
Solo una volta fuori, Vincent riprese a parlare.
"Comunque le ore di viaggio, le dobbiamo dividere io e te che Leonard, in quello stato, non è affatto in grado di guidare"

Quella frase venne ben capita da Leonard, il quale si voltò a risponderci.
"Tranquilli ragazzi, ho chiamato i rinforzi" detto ciò, uscì dalla portone.

Lo seguimmo armati di valigia e ci bloccammo entrambi quasi contemporaneamente sulla soglia. A pochi passi, davanti a un'auto che conoscevo bene, Damyan e Austin, con gli occhi fissi a Leo.

"I capelli.." mormorai come prima cosa, vedendo il suo taglio tramutato in uno dai lati quasi rasati e il ciuffo di solito lasciato morbido, completamente tirato indietro.

Così bello, che le mie ginocchia tremarono mentre abbassavo gli occhi alle due gemme di smeraldo, che aveva al posto delle iridi.
Stava abbracciando Leonard, sussurrandogli chissà quali parole di conforto e solo allora notai una sigaretta incastrata all'orecchio sinistro.

La maglietta, sotto la giacca di pelle, lasciava intravedere una porzione delle clavicole e mi domandai se il mio tatuaggio fosse ancora lì.

Certo che era lì! Tentai di convincermi, in fondo, non poteva aver sotterrato tutto nell'arco di due settimane.
Anche se aveva cambiato città e capelli, anche se glielo avevo detto io di ricominciare con qualcun altro.. Anche se non mi aveva degnato di uno mezzo sguardo.

Era palese indifferenza quella che riservava attorno a sé e specialmente a me.
Al contrario, Austin sembrava agitato e non faceva altro che lanciare occhiatine in direzione di Vincent, impalato accanto a me.

"Vai da lui" mormorai, dandogli una leggera gomitata e afferrando la maniglia della valigia, al suo posto.

"Tu non saluti Dam?"

"Non gli frega un cazzo del mio saluto e non è qui per me. Quel povero ragazzo si sta torturando sul posto, smettila di lasciarlo sulle spine" risposi, per poi trascinare la valigia fino al bagagliaio dell'auto di Damyan.

Mi maledii mentalmente, accorgendomi che ero conciato peggio di un barbone. Ottimo!

Scusa Yves, ma che cazzo te ne frega se l'hai mollato?
Parlò la voce della mia coscienza, come se già non avessi altri gravi problemi.

Infatti non mi frega, solo che lui sembra tornato da una vacanza alle Maldive, io da un'apocalisse zombie!

Sì certo, ci stiamo credendo tutti!

Sta zitto!

Se ti cali le mutande, forse hai ancora qualche possibilità.

Poggiai la fronte contro il vetro, mugolando esasperato. Come riuscivo ad avere certe conversazioni con me stesso, in un momento di merda?

Sobbalzai quando sentii qualcuno strapparmi la valigia di mano, per infilarla nel bagagliaio.
Ovviamente quel qualcuno doveva essere mister perfezione.

Lo fissai a labbra schiuse, perdendomi nei dettagli di quel viso virile e sexy, volevo allungare una mano e accarezzare la barba di un giorno.

E prima che potessi rendermene conto, la mia mano si era alzata a mezz'aria, venendo bloccata da una sua occhiata truce.

"Ne me touche pas!" Non mi toccare sbottò a denti stretti, quasi con cattiveria.
"Je ne suis pas ici pour toi" Non sono qui per te aggiunse, allontanandosi velocemente verso gli altri.

Avvertii un nodo alla gola e uno allo stomaco che mi fecero respirare a fatica mentre guardavo la sua schiena.
"Mon coeur.." Il mio cuore..

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