Prologo

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Per il mio sedicesimo compleanno mia madre mi aveva accordato il permesso di organizzare una festa nel giardino del casale. Eravamo in giugno e l'aria era piacevolmente tiepida quella sera.
Io e i miei amici avevamo ballato fino all'una di notte, poi, un po' alla volta, gli ospiti se ne erano andati via. Era stata una serata piena di emozioni e gioia; una serata che non avrei mai dimenticato, ne fui certa quando giunse al termine.
Il giardino era un vero disastro. Anche se mi ero adoperata al massimo per far sì che gli invitati non sporcassero troppo, c'erano bicchieri di plastica e tovagliolini disseminati ovunque. Alcune bottiglie di birra vuote erano state lasciate in una fila perfetta su un muretto basso, che aveva permesso di appartarsi a più di una coppietta durante la serata. Gli adulti non erano stati ammessi alla festa e mia madre era tornata a mezzanotte e mezza dopo un'uscita tra amiche; l'avevo mandata a letto dicendole che avrei sistemato tutto io.
Si fidava di me, ero una ragazza con la testa a posto e lo erano anche la maggior parte dei miei amici. Diciamo che ci eravamo dati un'occhiata a vicenda e non c'erano stati episodi spiacevoli.
Tornai, barcollante a causa delle prime birre della mia giovane vita, verso l'unico ospite rimasto, col cuore che mi batteva all'impazzata.
Michele era da sempre stato un mio grande amico, ma da un paio d'anni io lo consideravo qualcosa di più.
Da quando i suoi modi da ragazzino impacciato avevano cominciato a trasformarsi, insieme al suo viso e al suo corpo, provavo imbarazzo ogni volta che ci trovavamo più vicini del dovuto.
Certo, non avevo mai smesso di scherzare con lui e spesso i nostri giochi comprendevano del contatto fisico, ma il batticuore che sentivo standogli accanto era sempre più insopportabile. Altro che un leggero sfarfallio nello stomaco, mi sembrava lo sbattere di un milione d'ali!
Eppure non volevo che Michele capisse niente, o avrei rischiato di perdere la sua amicizia.
Gli sorrisi radiosa quando lo raggiunsi. «Micky, credo sia ora che tu vada a casa o i tuoi si preoccuperanno.»
Lui scosse la testa ricciuta e mi porse il sacco vuoto per i rifiuti che aveva recuperato pochi istanti prima. Passava un mucchio di tempo con me al casale e sapeva dove trovare ogni cosa.
«No, rimango qui ad aiutarti. Tanto i miei se lo immagineranno già, tranquilla.»
Mi persi per un attimo nei suoi occhi color nocciola, ma poi mi riscossi dalle mie fantasticherie, tossicchiando imbarazzata e andando a prendere il piattino di plastica più lontano da lui.
Mezz'ora dopo, avendo lavorato sodo, il giardino era sgombro di rifiuti e mancavano solo le ultime cose avanzate da riportare in cucina. Presi due vassoi in cui era rimasto qualche salatino e Michele mi seguì con una ciotola mezza piena di patatine.
«Ecco fatto!» esclamai chiudendo il frigorifero dove avevo riposto gli avanzi.
«Vuoi un pezzo di torta da portare a casa?» domandai al mio amico. «Ne è avanzata un bel po'.»
«Grazie, ne prendo volentieri una fetta, era ottima. L'ho sempre detto che sei una cuoca fantastica. Proprio da sposare.» Si avvicinò alla torta e prese un po' di panna col dito, prima di metterselo in bocca.
Scherzavamo spesso tra di noi a quel modo, ma colsi nei suoi occhi una scintilla diversa dal solito.
Avvampai all'istante sotto il suo sguardo e rimasi immobilizzata quando mi accorsi che si stava avvicinando pericolosamente a me. Non riuscii a dire niente.
«Buon compleanno, di nuovo» mormorò a bassa voce, prima di posarmi un delicato bacio sulle labbra.

Fu quando lasciai Michele che la gente cominciò a mormorare. Il giorno prima eravamo la coppia più affiatata che potesse esserci, mentre quello dopo non eravamo più niente di niente. Il paese era piccolo e sentivo le vecchiette impiccione che bisbigliavano alle mie spalle, non a quelle di Michele, sia ben chiaro; perché, anche se lui non era il tipo da andare in giro a spiattellare i nostri segreti, tutti sapevano la verità: ero stata io a lasciarlo, così, di punto in bianco. Fui bersaglio degli epiteti peggiori, delle accuse più gravi, neanche avessi ucciso qualcuno o tradito la sua fiducia. Perché il motivo per cui lo avevo lasciato era tutt'altro e sarebbe stato chiaro e ben visibile di lì a qualche mese. Il periodo che seguì fu pieno di menzogne, bugie dette dalla sottoscritta, che diveniva sempre di più oggetto di pettegolezzi. Poco me ne importava però, o meglio, dovevo stringere i denti e andare avanti da sola, per salvare Michele da una vita fatta di sogni e obiettivi mai raggiunti, di noia e di monotonia, in un paesino che era troppo piccolo per le sue aspettative sul futuro.

E così vissi tenendomi dentro il segreto senza troppe difficoltà, fino al giorno in cui ricevetti una visita inaspettata, che avrebbe portato a una serie di eventi che rischiavano di spezzare l'equilibrio creato in quegli anni dopo la mia rottura con Michele.

***

Spero di avervi incuriosito con questa prima parte, fatemi sapere cosa ne pensate!

Grazie a chi leggerà, commenterà o seguirà.

Maria C Scribacchina

Ricordami di dimenticartiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora