L'arrivo dei gemelli

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Quel pomeriggio, quando arrivarono Mario e Giovanna, i gemelli, stavo chiacchierando in giardino con l'unica altra persona che lavorava con me a tempo pieno al casale, Manuel, l'aitante e coraggioso giardiniere.
Manuelito, come lo avevo soprannominato, non aveva però niente a che vedere con lo stereotipo dell'Adone che potava le rose con fare sensuale.
Il piccolo, o grande, problema nel nostro caso era che Manuel questo non lo sospettava minimamente. Era di origini ispaniche, smilzo e senza un filo di muscoli. Quando faceva caldo, lavorava con un paio di jeans sdruciti attillati in modo osceno e tagliati sopra il ginocchio, armeggiando con le cesoie e intonando una canzone da mariachis.
La ciliegina sulla torta erano i folti baffetti a pettine e un sorriso quasi smagliante se non per qualche dente che mancava qua e là. Insomma, un vero sex symbol il nostro Manuelito.

Accogliemmo i nostri ospiti con il solito entusiasmo. Non erano cambiati di una virgola dalla loro ultima visita, o meglio, sembravano gli stessi da quando li avevo incontrati la prima volta. Solo, qualche ruga in più solcava i loro visi dall'incarnato pallido.
Anche se erano, per ovvi motivi, gemelli eterozigoti, la somiglianza tra loro era grandissima. Mario era la versione femminile di Giovanna e viceversa.
L'uomo aveva ormai perso quasi tutti i capelli, gli ultimi coraggiosi superstiti si concentravano nelle zone sopra le orecchie ed erano di un bianco candido. La corporatura di Mario, così come quella di Giovanna, era slanciata e snella. Anche se l'età era ormai avanzata per entrambi, camminavano ancora dritti come fusi.
La donna, al contrario del fratello, per fortuna, aveva sul capo una nuvola di candidi capelli. Il naso, la bocca e gli occhi azzurri, erano identici. Se si osservava il loro abbigliamento però, si poteva cominciare a dedurre quanto le loro personalità fossero agli antipodi.
Mario sembrava aver accettato il fatto di essere ormai lontano anni luce dal suo fiore degli anni; si vestiva come il classico nonno, anche se non aveva nipoti. Era per questo, credevo, per il fatto di non avere mai avuto figli nonostante fosse stato sposato, che adorava i bambini. Sua moglie era morta una decina d'anni prima, infatti ricordavo benissimo quando veniva anche lei a passare le vacanze al bed and breakfast. Era una donna mite e gentile, non capricciosa come Giovanna.
Comunque, se c'era qualcosa che Mario amava più dei piccoli e dolci pargoli, erano i gatti.
Adottava qualsiasi gatto randagio che mettesse piede anche per sbaglio nel giardino del Sogni Tranquilli e spesso l'avevo visto tornare da una delle sue passeggiate con in braccio una, se non due palle di pelo. Il modo in cui se ne prendeva cura era commovente, quanto era comico il nome che dava loro.
Ogni singolo animaletto veniva chiamato Bianchino, indifferentemente dal sesso, dal colore e dalle dimensioni. Avrei sempre ricordato uno dei primi esemplari che aveva preso con sé, un enorme gatto giallo, che al massimo se proprio avessi voluto dargli un nome ridicolo, sarebbe stato Giallone, altro che Bianchino.
Giovanna, o meglio Giò, come insisteva a farsi chiamare, non avrebbe mai e poi mai ammesso di avere ormai superato da un pezzo la soglia dei settanta. Era e restava, nella sua opinione, "una giovane donna single", alla perenne ricerca di un partner con il quale condividere i suoi giorni.
Giò vestiva secondo l'ultima moda, spesso indossando capi con troppi strass o scritte in inglese che, ne ero certa, lei non capiva nemmeno. Era esilarante vederla quando andavamo insieme a fare delle commissioni in paese: tentava di attaccare bottone con qualsiasi rappresentante del sesso maschile sopra la trentina.

«Missi! Ti trovo in gran forma» osservò allegro Mario, trascinandosi dietro il suo trolley con disegnati tanti gattini, oggetto strano per essere posseduto da un uomo, figuriamoci da un ultrasettantenne.
Dalla maggior parte delle persone venivo chiamata "Missi", nomignolo esotico che avevo inventato da piccolina insieme a mia sorella, per evitare di dover usare sempre il mio nome completo, che mi metteva in imbarazzo, soprattutto quando i miei coetanei avevano nomi molto più semplici da pronunciare.
«Grazie Mario, cerco di tenermi in allenamento con un po' di corsa tutti i giorni. Trovo bene anche voi.» Spostai lo sguardo su Giò, che come al solito era vestita in una maniera inappropriata per la sua età, con un top bianco e dei pantaloni a tre quarti fucsia e pieni di strass. Sia io che Manuel ci eravamo abituati, quindi nessuno commentò.
«Entriamo, così metto su il tè e proviamo la torta al cioccolato fatta con la mia nuova ricetta.»
Quando entrammo mi informai se il viaggio in treno fosse andato bene e loro vollero sapere se c'erano ospiti in quel momento al Sogni Tranquilli.
Scossi la testa, sospirando. «Al momento no, purtroppo. Però ho già riempito quattro camere per l'ultima settimana di maggio e la prima di giugno. Non indovinerete mai chi le ha prenotate» affermai in tono noncurante.
Rifletterono in silenzio per qualche secondo, poi quel ficcanaso di Manuel intervenne: «Su amor perdido». [Il suo amore perduto]
«Cosa?» esclamarono in coro i due più che settantenni sgranando gli occhi azzurri.
«Michele è stato qui? Scommetto che si è fatto ancora più bello. Davvero non capisco come tu ti sia potuta far scappare un bel pezzo di manzo come quello!» ribatté Giò scandalizzata.
«Sei sempre la solita» la rimbeccò Mario. «Piuttosto, cosa se ne fa di quattro camere? E non sta più a Barcellona?» A vivere tra sole donne per tutti quegli anni, era diventato più pettegolo di una perpetua.
Scossi la testa. «Non è stato Michele a venire qui a prenotare le camere, ma sua madre. Ha detto che il figlio si sposa con una ragazza conosciuta a Barcellona e che la cerimonia sarà qui in Italia, quindi serviva un posto in cui i suoi familiari potessero alloggiare.»
Silenzio. Sia Manuel che i due gemelli stavano osservando la sottoscritta per vedere quale fosse la mia reazione all'imminente lieto, in teoria, evento.
Li spiazzai tutti sfoderando il migliore dei miei sorrisi. «Beh, non poteva capitarmi di meglio, data la crisi che c'è. Avrò il bed and breakfast praticamente pieno per due settimane e per di più in giorni in cui l'asilo di Cami è ancora aperto, quindi non dovrò badare sia a lei che agli ospiti.»
Mi guardarono tutti e tre con incredulità, ma fermai qualsiasi loro protesta lanciando un'occhiata all'orologio e dicendo: «A proposito, devo andare a prenderla. Finite pure con calma il vostro tè. Le camere sono già pronte.» Ero praticamente sull'uscio con la borsa al braccio e mi fermai per concludere: «Benvenuti al Sogni Tranquilli, comunque!»

***

Qui vengono presentati i tre personaggi di cui mi sono divertita di più a scrivere. Spero che li troverete anche voi simpatici e divertenti.
Grazie a chi sta leggendo la mia storia!

Maria C Scribacchina







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