Era una serata molto simile a quella, forse più calda, e il Mille luci non era molto diverso. Era il 7 giugno, il giorno dei miei diciassette anni e del mio primo anniversario con Michele.
Un anno prima rispetto a quella data c'eravamo scambiati il nostro primo bacio. Non c'era stato bisogno di dire niente. Il giorno dopo avevamo smesso di camminare solo fianco a fianco: ora ci tenevamo per mano, senza avere mai voglia di separarci.
Così, per festeggiare il primo anno insieme e il mio compleanno, Michele mi aveva portata a cena fuori nel ristorante più bello del nostro paesino; gli altri non erano neanche lontanamente paragonabili per eleganza.
Ero molto emozionata, nel mio abito grigio scuro lungo fin sopra il ginocchio e faticavo a camminare sui sandali neri col tacco, al quale non ero ancora abituata. Di solito Michele ed io non frequentavamo posti eleganti.
Mi ero infatti stupita di vedere il mio allora ragazzo con una camicia nera elegante e perfino una cravatta! Era semplicemente stupendo, gli occhi color nocciola che mi guardavano con quella luce speciale che non avrei più visto di lì a qualche anno. Avevamo mangiato molto bene, chiacchierato e riso, soprattutto quando dieci minuti dopo il nostro arrivo lui si era tolto la cravatta, accaldato, e mi aveva rivelato di averla indossata solo per farmi una buona impressione.
Poi era arrivato il momento dei regali.
Michele mi aveva porto una scatoletta quadrata gialla, io l'avevo aperta, entusiasta. Dentro c'era un paio di orecchini d'oro, con una pietruzza azzurra incastonata in ognuno.
«Micky, sono bellissimi e troppo costosi!» avevo esclamato. Chissà per quanto tempo aveva risparmiato per comprarmeli.
Lui mi aveva sorriso. «Sono per ben due occasioni speciali, il tuo compleanno e il nostro primo anniversario. Ti amo, Artemisia.»
Ero ammutolita. Non c'eravamo mai detti quella frase. Ero convinta che fossimo troppo giovani. Un attimo dopo però avevo tirato fuori il mio regalo per lui, un braccialetto in acciaio, molto più economico degli orecchini, e non avevo potuto fare a meno di dirlo anch'io: «Ti amo, Michele.»*
Il mio sospiro di nostalgia per i bei tempi andati fu frainteso da Roberto come un segno di apprezzamento all'atmosfera, che era comunque incantevole come ricordavo.
«Ero sicuro che saresti rimasta senza parole.»
Il cameriere ci guidò al nostro tavolo, dopodiché ci lasciò tutto il tempo per ordinare con tranquillità.
La cena fu squisita: io presi delle tagliatelle allo scoglio e condivisi con Camilla un filetto di sogliola, mentre Roberto ordinò penne al salmone e una porzione gigante di patatine fritte per fare contenta la piccola.
Come dessert ordinammo una macedonia con gelato, un tiramisù e una crema catalana. Quando ci alzammo da tavola e il nostro accompagnatore si allontanò per andare a pagare, Cami mi bisbigliò, tra qualche sbadiglio: «Mamma, Roby è un bravo papà. Può diventare il mio?»
Imputai quel pensiero alla stanchezza della bambina, ma ugualmente a quelle parole mi si strinse il cuore, così la presi in braccio, stringendola forte a me per poi riempirla di baci sulle guance e sulla fronte.
Del resto ero l'unica da incolpare se lei sarebbe cresciuta senza una figura paterna.
«Che quadretto grazioso» osservò Roberto felice, quando ci raggiunse. «Vuoi che la prenda io, questa piccola principessa?»
Scossi la testa ma Camilla mi sgusciò quasi via dalle braccia, per sporgersi verso di lui. «Sì, per favore!»
Il tempo di arrivare alla macchina, che la piccola si era già addormentata tra le braccia di Roberto.
«È sorprendente quanto tu le piaccia e quanto lei sia a suo agio con te» gli confessai aiutandolo ad adagiare la bimba nel seggiolino sul sedile posteriore e ad allacciarle la cintura.
Mi guardò con gli occhi azzurri pieni di una luce che mi era fin troppo familiare. Forse fu in quel momento che compresi finalmente che quello era il mio primo appuntamento con un uomo da dopo che avevo lasciato Michele. In effetti, non ero mai uscita con nessuno di diverso dal mio ex.
«Forse dovresti prendere esempio da Camilla, lasciati andare Missi. Ci conosciamo da tanto, sai che tipo di persona sono. Potrei prendermi cura di entrambe, a partire da te...» Completò la frase spingendomi contro l'automobile e baciandomi con una tale urgenza e impeto che non ebbi modo di sottrarmi.
Risposi per un po' alle sue attenzioni, sentendo un ormai dimenticato calore in tutto il corpo, poi tornai bruscamente alla realtà.
C'era Camilla sull'auto e poi non avevo mai baciato nessun altro oltre a Michele. Ero talmente confusa.
«Missi, che succede?» mi chiese Roberto, sfiorandomi una guancia con le dita.
«Io non posso. Davvero.» Ero sul punto di scoppiare a piangere, come una bambina.
Una nuova e indesiderata consapevolezza si stava facendo strada in me.Non dissi una parola finché non arrivammo al Sogni Tranquilli, poi ringraziai Roberto per la serata. Era perplesso ma non fece domande e si limitò ad augurarmi la buonanotte.
Portai Camilla nella nostra camera, poi tornai in cucina per versarmi un bicchiere d'acqua.
Sentii dei gemiti provenire dalle scale e non potei fare a meno di dare una sbirciata, attenta a non essere vista.
La scena che mi trovai di fronte mi tolse ogni dubbio: Montserrat era appoggiata al muro, seminuda, e davanti a lei c'era Michele, impegnato chiaramente a penetrarla con foga.
Il tempo di notare una stella tatuata sulla scapola destra di lui che me ne andai, reprimendo i singhiozzi finché non fui al sicuro in bagno, lontana da orecchie indiscrete.
Amavo ancora Michele, non avevo mai smesso di farlo.***
In una sera Artemisia si è resa conto dei suoi veri sentimenti e ha assistito a una scena per niente piacevole. La parte più difficile è che sarà costretta a ritrovarsi davanti il suo ex e la sua fidanzata per i prossimi giorni...
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, grazie a chi legge, segue e commenta la storia!Maria C Scribacchina
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Ricordami di dimenticarti
ChickLit[COMPLETA - DISPONIBILE IN EBOOK E CARTACEO] Artemisia ha ventiquattro anni e gestisce da sola il bed and breakfast di famiglia, dove vive con la figlia Camilla. Da tempo i pettegolezzi delle vecchie comari del paese non la toccano più: non vuole fa...