Ricordavo perfettamente la prima volta che avevo sentito delle malelingue alle mie spalle. Ero appena tornata dalla prima ecografia, che mi aveva scombussolata completamente. La gioia per la creatura che stava crescendo dentro di me da ormai più di dieci settimane era sempre più concreta. All'inizio, quando avevo scoperto di essere incinta e avevo deciso di lasciare Michele, mi ero trovata spesso a pensare se non sarebbe stato facile abortire e non pensarci più. Però, non appena avevo pronunciato ad alta voce quella parola, "aborto", mi era suonata talmente orrenda che avevo cancellato l'idea dalla mia mente. Non me ne ero mai pentita.
Così quel giorno ero andata con mia madre alla visita; lei aveva accettato il fatto che avrebbe presto accolto un nipotino o una nipotina, nato dalla figlia single.
La dottoressa era stata gentilissima e aveva avuto molto tatto a non chiedere del padre della creatura.
Quando avevamo visto sullo schermo l'immagine di Camilla, anche se al momento non sapevo ancora il sesso, sia io che mia madre ci eravamo commosse.
Dentro di me avevo ripensato a Michele, fantasticavo su come sarebbe stato il nostro bambino, se avrebbe avuto i suoi occhi o i miei, se sarebbe stato tranquillo e riflessivo come il padre o agitato e chiacchierone come la madre.
E così ero tornata a casa in una nuvola di felicità mista a malinconia per il rapporto che non avrei mai avuto con il padre di mio figlio. Eppure sapevo che mi aspettavano tante gioie grazie a quella creatura che già amavo con tutto il cuore.
Sulla via del ritorno, mi ero fermata con mia madre al bar del paesello. Stavamo bevendo un succo di frutta per festeggiare l'esito dell'ecografia, che aveva confermato che il bambino cresceva bene e senza nessun problema evidente.
Ad un certo punto eravamo state avvicinate da un paio di amiche di vecchia data di mia madre.
«Ciao Serena, tutto bene?» aveva chiesto una delle due. Mia madre era stata male qualche settimana prima e si stava riprendendo, anche se non sarebbe più tornata a lavorare al bed and breakfast come una volta.
Lei aveva annuito. «Sì, grazie.»
L'altra aveva allungato il collo e aveva scorto la busta all'interno della mia borsa.
«Siete state all'ospedale? Spero non sia niente di grave» aveva domandato. Il suo tono non mi era piaciuto molto, ma non ero riuscita a fermare mia madre che aveva detto con tono allegro e senza nessuna intenzione di mettermi in imbarazzo: «Benissimo, Artemisia tra poco sarà mamma!»
Le due erano rimaste un attimo in silenzio. Sapevo cosa passava per la loro testa. "Come fa questa ad essere incinta se ora è senza un fidanzato?"
«Allora sei tornata insieme a Michele?» aveva azzardato una. Ricordo gli enormi sorrisi che ci rivolgeva sempre quando passavamo mano nella mano di fronte a casa sua, all'entrata del parco in cui io e Micky amavamo passeggiare e dove ci eravamo sbaciucchiati più volte durante gli anni delle superiori.
Scossi la testa. «No, non è lui il padre» avevo detto semplicemente.
Mia madre aveva capito che mi stavo sentendo in imbarazzo e mi aveva preso per un braccio. «Su, Missi, portami a casa che non mi sento molto bene. Per oggi mi sono già affaticata a sufficienza.»
Avevo annuito e rivolto un cenno di saluto alle due donne.
Poi, prima di uscire dal bar avevo udito indistintamente dietro le mie spalle: «Povera Serena, non doveva capitargli una figlia così sconsiderata!»
Avevo ignorato il commento ed ero stata sollevata nel constatare che mia madre non aveva sentito quelle parole. Avrei partorito di lì a qualche mese e i miei pensieri dovevano concentrarsi solo sul bambino in arrivo, non sulle parole taglienti di chi non conosceva la mia storia.*
La prima domenica dopo l'arrivo di Mario e Giovanna, decisi di andare con Camilla a trovare mia madre, visto che al bed and breakfast non avevamo altri ospiti.
Lasciammo i gemelli in ottima compagnia, con Manuel, al Sogni Tranquilli.Nel momento in cui mia madre non era stata più in grado di lavorare, la sua amica, Paola, si era offerta di accoglierla in casa sua. D'altronde quello era l'unico modo per impedirle di stancarsi inutilmente. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore insomma. Mia madre aveva sempre lavorato in vita sua e quando avrebbe dovuto farne a meno a causa dei suoi problemi di salute, era stato difficile persuaderla a concedersi il meritato riposo.
Paola era divorziata da tempo, anche se aveva mantenuto dei buoni rapporti con il marito e i loro figli erano ormai grandi e abitavano ognuno per conto proprio.
Mia madre contribuiva alle spese di casa e si occupava dei mestieri più leggeri, quelli che la sua salute ormai cagionevole le consentiva di svolgere.
Quando la vidi tirai un sospiro di sollievo, stava molto meglio di quanto mi sarei aspettata.
«Ciao mamma!» la salutai contenta, abbracciandola.
«Ciao amori miei, allora come state?» domandò lei mentre prendeva in braccio mia figlia.
«Bene, ma ti avverto che Camilla è cresciuta un bel po', non so se sia il caso che tu la tiri su così di colpo»
Lei scoppiò a ridere. «Vedo che è cresciuta. Sta diventando proprio bella come la madre. Anche se questi occhioni color nocciola...»
«Paola! Hai un nuovo taglio di capelli, vedo. Ti sta d'incanto.» Cambiai immediatamente discorso, rivolgendomi alla coinquilina di mia madre.
Era una donna alta e snella, circa una quindicina di centimetri più dell'amica, che invece aveva un fisico più morbido. Ora Paola aveva cambiato look, optando per un taglio di capelli cortissimo e una tinta di un grigio argentato, mentre mia madre aveva sempre avuto i capelli mossi e lunghi fino alle spalle, del mio stesso colore, castano chiaro.
Trascorremmo un pomeriggio spensierato. Camilla si divertì molto a giocare con Stella, il bassotto ormai anziano di Paola. Io invece ebbi occasione di chiedere a mia madre qualche consiglio sulla gestione del bed and breakfast ora che la crisi si faceva sentire seriamente.
«Vedrai, la gente prenoterà sempre con meno preavviso e per soggiorni più brevi. Come sei messa per questa estate?»
Sospirai, sapendo che non potevo evitare l'argomento Michele ancora a lungo.
«In effetti ho avuto una specie di manna dal cielo, da qualcuno che non mi sarei mai aspettata.»
«Ah, sì?» mi incalzò lei, incuriosita.
«Già. La signora Carla, la madre di Michele. È venuta a trovarmi all'inizio di questa settimana per prenotarmi quattro camere per l'ultima di maggio e la prima di giugno.»
«Ottimo! A chi è che ha raccomandato il Sogni Tranquilli?»
«Ai futuri suoceri di Michele e parentela varia» risposi tutto d'un fiato, con un tono che speravo suonasse indifferente.
Mia madre si portò le mani alla bocca con un gesto fin troppo teatrale. «Cosa? Michele si sposa con un'altra?»
«Come con un'altra? Si sposa con la sua fidanzata, cosa ci vedi di sbagliato in questo?» ribattei cercando di trattenere l'irritazione.
A volte tendeva a parlare di me e Michele come se ci fosse una remota possibilità che tornassimo insieme, passando sopra al fatto che io l'avevo lasciato, che viveva a chilometri e chilometri di distanza e che soprattutto, agli occhi di tutti, io avevo avuto una figlia con un estraneo.
«Scusami, Missi, ma sai quanto fossi affezionata a Michele. Ho sempre sperato che sareste tornati insieme e che avrebbe accettato Camilla come sua figlia.»
Sentivo le lacrime che mi pungevano gli occhi, ma non potevo piangere davanti a lei, non dopo tutti gli sforzi che avevo fatto in quegli anni per far sì che la cosa non accadesse. Mi ero concessa qualche lacrima solo nei momenti importanti della gravidanza, ma mai per un motivo che potesse essere ricollegato al mio ex.
«Mamma, non viviamo dentro uno dei romanzi rosa che ci piace tanto leggere. Michele ha trovato la persona giusta e vedrai che un giorno la troverò anche io. Solo, al momento preferisco dedicarmi al lavoro.»
«Missi...» cominciò a bassa voce e la tenerezza nei suoi occhi sciolse qualcosa dentro di me, così scoppiai a piangere e mi gettai tra le sue braccia, come una bambina.
«Non è facile, mamma. Io ce la metto tutta» riuscii a dire tra le lacrime, sentendomi come se, dando sfogo alle mie emozioni, mi fossi liberata di un peso enorme.
«Sei bravissima, tesoro. Vedrai, si sistemerà tutto» mormorò dandomi un bacio sulla fronte. «Tutto andrà bene.»
La sua voce era così tranquilla e sicura che in quel momento non potei fare a meno di crederle.
***
Ciao a tutti!
Non so bene cosa scrivere, dato che la storia non ha ancora ricevuto nessun commento - presumo neanche letture - comunque io continuerò ad aggiungere un capitolo al giorno fino alla conclusione del romanzo, spero che prima o poi qualcuno apprezzerà la storia di Artemisia.
Grazie a chi deciderà di passare un po' del suo tempo al Sogni Tranquilli :)
Maria C Scribacchina
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Ricordami di dimenticarti
ChickLit[COMPLETA - DISPONIBILE IN EBOOK E CARTACEO] Artemisia ha ventiquattro anni e gestisce da sola il bed and breakfast di famiglia, dove vive con la figlia Camilla. Da tempo i pettegolezzi delle vecchie comari del paese non la toccano più: non vuole fa...