"... mentre il volto di Marilyn Monroe qui ripreso appartiene a una cartella contenete 10 seriografie su carta che l'autore Andy Warhol realizzò nel 1967, in contemporanea..."
Alzo lo sguardo dal libro, sarà la decima volta che rileggo questo paragrafo e ancora non mi entra in testa: Andy Warhol, Marilyn Monroe e il 1967 mi girano in testa facendomi sorgere dei dubbi riguardo la mia scelta di continuare gli studi all'università. Forse mia madre aveva ragione, appena otto mesi del nuovo anno e già ho voglia di mollare tutto. Non mi capacito di come abbia fatto gli ultimi due anni a resistere... è da spararsi.
Matty mi ripete ogni volta: "Non ti serve a niente studiare, guadagno abbastanza da mantenere entrambi a vita" lo borbotta di continuo quando gli tiro pacco ad un appuntamento; ed ha ragione, con quello che guadagna con la sua carriera da footballer.
Non so perché lo faccio, a quest'ora potrei essere ad una festa con i miei amici e invece... son qui a casa a rileggere per la decima volta un misero paragrafo.
Conto sfogliando le pagine che ancora mi mancano da studiare... una, due, cinque, venti, trenta... tante, troppe da studiare per mercoledì.
Mi abbandono sconfitta sul tavolo nascondendo il viso nell'incavo del braccio. Odio la mia vita.Il cellulare vibra sul legno chiaro della scrivania, senza neanche alzare la testa rispondo, già so chi mi chiama alle undici e mezza di sabato sera.
-Che vuoi Beck?- domando sbuffando.
-Sei a casa?- chiede, io alzo la testa e mi sporgo oltre il vetro, lo vedo giù in giardino che cammina avanti e indietro davanti la mia finestra.
-Che ho fatto di male?- sbuffo aprendo la finestra, lui alza lo sguardo e mi fa un cenno con la mano rivolgendomi un sorriso.
-Devo chiederti una cosa!- urla chiudendo la chiamata sul cellulare.
-Ssst! Adesso scendo.- gli rispondo, lui alza i pollici annuendo. Chiudo la finestra e scendo in giardino. Passando il salotto Philip alza lo sguardo dal suo giornale per seguirmi fino alla portafinestra.
-Dove vai?- borbotta tornando con gli occhi alle notizie sul suo giornale.
-Rientro subito.- dico uscendo sul portico che da in giardino.
Un venticello primaverile muove i rami carichi di fiori del pesco in giardino ed ecco sotto Beck che mi aspetta seduto sul dondolo. Mi stringo nella felpa e lo raggiungo sedendomi accanto a lui.-Elizabeth, ciao. Come stai?- inizia il discorso con tono un po' troppo accomodante per il suo solito.
-Sto bene Beck, arriva al punto.- rispondo seccata ripensando alle settantadue pagine di pop art che devo ancora studiare.
-Ti ricordi di quando in biblioteca c'era quel tipo che non ti lasciava stare e io ti ho aiutata fingendo di essere il tuo ragazzo? O di quella volta in cui ti ho prestato i soldi per il caffè alle macchinette o quando...- alzo gli occhi al cielo.
-Si, mi ricordo, che ti serve?- taglio corto, lui si passa una mano tra i capelli e fissa i suoi occhi scuri nei miei.
-Ecco, alla luce di tutti i favori e gli aiuti che ti ho dato, ricambieresti per me domani?- .
-Lo fai apposta ad omettere il favore?- sospiro, un sorriso solca le sue labbra.
-Ecco, vedi, domani tutta la mia famiglia è invitata al pranzo per festeggiare la mia laurea, anche se sarà solo tra qualche settimana; e fin qui tutto bene, se non che tutti si aspettano di incontrare la mia ragazza e qui è il problema...-
-Tu e Victoria vi siete lasciati ancora.- completo la sua frase, lui annuisce in silenzio, io scuoto la testa. -Non ho intenzione di fingere per te davanti tutta la tua famiglia, Beck.-
-E perché no? Io ti ho aiutata con quel ragazzo e con il caffè ed in altre mille occasioni.- brontola abbandonandosi sul dondolo che inizia a oscillare cigolando.
-Intanto vorrei precisare che con Sinjin era tutto sotto controllo e sei stato tu di tua spontanea volontà a fingere, mentre il caffè...- frugo nelle tasche e tiro fuori qualche monetina mettendogliela in mano.
-Non mi servono i tuoi soldi. Dai, ti prego, aiutami! Solo questa volta! Sono il tuo migliore amico!- supplica, mi mette le monetine in tasca e si mette in ginocchio davanti a me con le mani giunte.
-Non sei il mio migliore amico, non sei Liam.- osservo con uno sbuffo, la sua espressione si fa cupa e sconfitta. -Tuttavia ti aiuto, Beck.- si butta su di me stringendomi in un abbraccio.
-Sei la migliore.- dice prima di scocciarmi un grosso e rumoroso bacio sulla guancia; poi si ricompone, si schiarisce la gola, passa una mano tra i capelli e la infila in tasca. -Bene, allora passo da te per mezzogiorno, domani.- mi sorride un'ultima volta e sparisce nel buio saltando il cancelletto di ferro arrugginito.
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SEQUEL: Skinny jeans, health cigarettes, forbidden love
FanfictionDopo sei anni la vita di Elizabeth è totalmente cambiata... frequenta l'università con voti soddisfacenti (grazie alle brevi lezioncine del suo migliore amico Liam), ha un fidanzato che ama, una compagnia vivace di amici e la serenità di chi ha una...