È quasi un mese che ormai vivo a casa Morel. Emile è andato a prendere le mie cose a casa; sta cercando di far funzionare la relazione tra lui e Céline, soprattutto dopo aver saputo che presto diventerà padre. Mi sento molto in colpa per aver lasciato mia sorelle da sola in quelle condizioni, ma non credo di aver avuto molte alternative. Kate, la signora Morel, è molto protettiva nei miei confronti. Mi ha confessato che ha sempre desiderato avere una figlia femmina e da come posso vedere il signore non ha accettato la sua richiesta. Non so che fine abbia fatto suo marito e non saprei in che modo chiederlo visto che l'argomento è molto delicato, quasi un taboo. Per quanto riguarda il comportamento che hanno i tre fratelli con me, non posso lamentarmene. Emile continua ad essere iperprotettivo nei miei confronti, la settimana dopo il mio soggiorno in casa loro ha comprato un divano letto che ha sistemato nella sua stanza, anche se io continuo a dormire nel suo letto ad una piazza in mezza. Tutte le mattine accompagna me e Gerald all'università, mentre la sera viene a prendermi a lavoro. Il più piccolo dei Morel, Gerald, è sempre stato un ottimo amico e ora posso dire che è quasi un fratello per me, anche se questo ha scaturito la gelosia di Samuel e di Helen, la sua ragazza. Passiamo molto tempo insieme da quando sono qui, sopratutto il pomeriggio guardando TV spazzatura. Spesso mi invita a serate universitarie e quant'altro, ma par cause lavorative devo sempre declinare l'offerta, nonostante fremo dalla voglia di fare questo tipo di esperienza.
L'unica persona con la quale non riesco ad istaurare un rapporto qualsiasi è Eric, il quale sembra voglia evitarmi in tutti modi. A parte i convenevoli come "buona sera" o "come va" non siamo mai riusciti ad andare oltre.
Caso vuole che stasera, nonostante sia venerdì, Eric sia qui, mentre io stasera per fortuna non devo lavorare. Nessun altro è in casa. Emile è con mia sorella, Gerald con la sua ragazza e Kate sarà fuori tutto il weekend.
Sono buttata sul divano con addosso una coperta bianca morbidissima. Nessuno mi scollerà da questo divano, è così comodo che sembra inghiottirmi. In TV non c'è nulla di interessante, continuo a girare canale sperando di incappare in qualche film drammatico.
Eric entra in soggiorno per poi recarsi in cucina, ma non mi degna nemmeno di uno sguardo. È strano che non sia a qualche festa stratosferica in compagnia di qualche ragazza facile. Dal divano ho una buona visuale della cucina, senza rendermene conto inizio a fissarlo.
«Ne vuoi un po'?» mi chiede improvvisamente risvegliandomi dallo stato di trans.
«Cosa scusa?» ero incantata a fissare lui, ma non mi ero soffermata su quello che faceva. La cosa peggiore è che lui si sia accorto che lo fissavo.
«Vuoi un po' di The? Lo sto preparando ora», afferma con voce bassa prima di tossire. Forse non è uscito perché non sta bene. Eppure pensavo che i fighi come lui non si ammalassero mai, ma mi sbagliavo.
«Si, grazie.»
Sposto la mia attenzione di nuovo sulla TV continuando a fare zapping. Eric dopo poco posa la tazza sul tavolino avanti al divano e fa per andarsene.
«Eric!» chiamo prima che possa salire le scale, mentre lui senza rispondermi si volta a guardarmi con un piede in procinto di salire le scale. «Ti va di vedere la TV con me? Il The c'è, la coperta anche e un film o un programma lo si trova.»
Eric si avvicina e si siede al mio fianco. Gli faccio segno di sedersi più vicino dandogli un po' della coperta con cui mi sono avvolta. Sembra sia in difficoltà, forse non è mai stato così vicino ad una ragazza senza avere secondi fini. Cerco di metterlo a suo agio e gli passo il telecomando in modo che sia lui a scegliere cosa vedere.
Alla fine si sofferma su un canale dedicato al cinema che sta trasmettendo uno dei film candidati agli Oscar: The Danish Girl. L'ho già visto più e più volte ma non glielo faccio presente per non metterlo in difficoltà. È dalla sera del mio compleanno che non stiamo un po' io e lui da soli, ovvero da quell'unica volta che si è avvicinato così tanto a me per fare un dispetto a suo fratello.
Sorseggiamo entrambi il The guardando il film che purtroppo è già iniziato da un po'. Spero solo di non piangere avanti a lui, l'ultima cosa che voglia è che pensi che io sia una ragazzina rammollita.
«Perché non sei uscita?»
Me lo sta chiedendo davvero? Ha finalmente deciso di fare un po' di conversazione?
«Non so se l'hai notato, ma non sono una ragazza da festa e festini. È il mio unico giorno libero, preferisco rilassarmi piuttosto che perdere altre ore di sonno in un luogo pieno di ragazzi ubriachi e viscidi che potrebbero provarci da un minuto all'altro.» Forse sono stata un po' troppo esplicita.
«Capisco.» È l'unica cosa che riesce a dire prima di riportare la sua attenzione sul film.
Credo di aver rovinato l'unica occasione che avevo per fare un po' di conversazione con il signore delle tenebre.
«In realtà mi piacerebbe andarci almeno una volta, giusto per confermare le mie teorie. Ma non ho mai avuto l'occasione, o meglio l'invito.»
Eric sorride e quasi scoppia a ridere per la mia affermazione. Sono così ridicola?
«Non c'è bisogno di un invito per andare a questo tipo di feste, bisogna solo imbucarsi. Credi che sono invitato a tutte le feste? Semplicemente mi trovo sul luogo nel momento adatto.»
Ecco, ho appena fatto la figura della povera sfigata. Annuisco e riporto il mio sguardo sulla TV. Sono così imbarazzata che non so più cosa dirgli.
«Se vorrai qualche volta ti ci porterò.»
Sorrido senza guardarlo.
Per tutta la restante durata del film cala il silenzio. Nella scena finale ho gli occhi lucidi e cerco di ricacciare le lacrime indietro. Sono così brava che Eric nemmeno se ne accorge.
Una volta terminato il film, si alza. «Grazie della compagnia», mormora debolmente prima di ricadere a peso morto sul divano.
«Va tutto bene?» chiedo preoccupata avvicinandomi.
«Tranquilla è un semplice giramento di testa, sopravviverò», esclama con un sorrisetto riportandosi la mano alla fronte.
Inginocchiata sul divano mi avvicino a lui, poso le mie labbra sulla sua tempia. È troppo caldo, sembra quasi prendere fuoco.
«Hai la febbre.»
«È possibile.»
Mi alzo in fretta per cercare un termometro. Dove potrebbe essere se non in bagno nell'armadietto delle medicine? Corro di sopra e rovisto tra i vari farmaci finché non trovo quello che cerco. Scendo di nuovo in soggiorno e agitando il termometro a mercurio cerco di far scendere la temperatura prima di darglielo. Aspetto cinque minuti e quando vedo quanta febbre ha quasi sussulto.
«Trentanove! Vuoi che ti prenda qualcosa?»
«Grazie, ma mi passerà.»
Mi risiedo sul divano rimettendomi comoda. Gli faccio segno di appoggiare la sua testa sulla mia spalla. Lui diventa bordeaux, ma non so se è dovuto alla situazione oppure è la febbre che gli colora le guance di quel colore. Mi guarda inizialmente perplesso, poi però obbedisce. Gli accarezzo dolcemente la testa e lui sembra rilassarsi.
«Ti perdono per aver sabotato la mia festa di compleanno.»
Eric scoppia a ridere, ma il suo dolce suono viene sostituito da una secca tosse.
Restiamo lì per un po' e credo si sia addormentato perché sento il suo respiro più pesante. Appoggio anche io la testa sulla sua.
Un rumore di chiavi ci fa sobbalzare. Eric si strofina gli occhi e, non appena si accorge che è Emile a varcare la porta, si scosta subito da me. Prova ad alzarsi ma è troppo debole.
«Che ci fai qui?» ringhia Emile fissando suo fratello.
Eric non gli risponde e si avvia con fatica verso le scale.
Scatto in piedi e sorpassando Emile vado ad aiutare Eric, che però mi respinge senza alcun motivo. Resto di stucco, non riesco a staccargli gli occhi di dosso. Perché si comporta così ora? Cosa gli ho mai fatto?
«Alice, ti ha importunato? Pensavo uscisse, se no non ti avrei mai lasciato con lui», afferma preoccupato.
«No, va tutto bene, ma non posso dire lo stesso di lui. Ha la febbre molto alta.»
«Così impara ad uscire in moto anche nei giorni di pioggia.»
Aggrotto la fronte e vado in camera "nostra". Preparo il letto e mi ci infilo dentro senza dire una parola. Emile si siede sul bordo del letto. Comincia ad accarezzarmi i capelli.
«Scusami se sono stato così duro, ma tu non lo conosci. Sono solo preoccupato per te. Non voglio assolutamente tu gli dia troppa confidenza, d'accordo?»
«So badare a me stessa, non ho bisogno di un supervisore» dichiaro con arroganza.
Emile si stende a fianco. Gli do le spalle, ma lui mi cinge la vita e mi attira più a se facendomi appoggiare con la schiena al suo petto. Mi accarezza il braccio e un brivido mi attraversa tutto il corpo. È l'unica persona che mi faccia provare questo tipo di sensazioni. Sono totalmente bloccata e imprigionata tra le sue braccia. Non mi dispiace.
«Ci tengo a te, Alice. Non farmi preoccupare, ok?» bisbiglia dolcemente al mio orecchio e quasi mi sciolgo.
Mi volto piano verso lui. Siamo uno difronte all'altro e i nostri visi a pochi centimetri di distanza. Il cuore mi martella nel petto. Ora mi accarezza la guancia. Il suo tocco così leggero, così morbido, fa si che sia completamente soggiogata dal suo sguardo.
«Sei speciale per me, sento il bisogno di proteggerti», continua sussurrando.
Le sue labbra dopo pochi secondi sono poggiate sulle mie, chiedo gli occhi e mi lascio trasportare da queste nuove sensazioni piacevoli che attraversano il mio corpo. Emile schiude le labbra e si fa strada con la lingua tra le mie. Non riesco a fermarmi, eppure la mia mente grida «Céline!», ma il mio corpo non vuole proprio ascoltarla. In un attimo Emile è sopra di me. Non stacca mai la sua bocca dalla mia, mentre le sue mani scostano la coperta per esplorare il mio corpo. Getto le braccia al suo collo e lo attiro più a me. Fermati, Alice! Fermati, finché sei in tempo! Ma non riesco proprio. È quello che ho sempre voluto dal primo giorno che l'ho visto e finalmente l'ho ottenuto.
Le sue mani entrano sotto la mia maglia accarezzandomi il ventre, mentre io comincio a tremare come una foglia.
Emile se ne accorge e si scosta subito. «Scusa. Scusa. Non so cosa mi sia preso.» Esce di corsa dalla stanza lasciandomi sola con l'eccitazione che va pian piano trasformandosi in collera.
Sono seriamente nei guai. Sono una pessima sorella. Sono una stupida.
Non voglio restare in questa stanza, non posso dormire qui sapendo che a nemmeno un metro di distanza c'è Emile. Prima che possa rientrare, prendo il mio cuscino e mi ritrovo magicamente difronte la porta di Eric. Entro piano, non vorrei svegliarlo, ma in realtà è già sveglio e mi sta fissando. Ci avrà sentito? Che imbarazzo.
«Sono passata solo a vedere come stai», mormoro piano con un finto sorriso.
«E lo vieni a chiedere con un cuscino in mano?! Volevi uccidermi nel sonno?» scherza bisbigliando quasi, forse timoroso che Emile possa sentirci.
«Ehm, no in realtà credo dormirò sul divano. Non ho molto sonno, guarderò un altro po' la TV. Vuoi farmi compagnia?»
«Sto a posto così. Buona notte, Alice.»
Speravo annuisse e mi facesse davvero compagnia. Non voglio stare da sola in questo momento, ma mi rendo conto che il mio discorso è esageratamente egoistico.
«Notte.»
«Alice?»
Mi volto nella speranza che abbia cambiato idea.
«Chiudi la porta ora che esci. Grazie.»
Annuisco e obbedisco.
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Million Reasons
Teen FictionJuan-les-Pins, 2016. Eric Morel è un ragazzo di ventitré anni dal carattere molto chiuso e introverso. Non ha un ricordo nitido di suo padre, il quale ha lasciato lui, sua madre e i suoi due fratelli quando Eric aveva solo tre anni. La causa probabi...