Quando Eric ha scoperto che mi ero licenziata a Les Crystals, ha subito pensato che potesse essere lui stesso la causa di questa mia decisione. Credeva che avessi abbandonato il lavoro solo perché adesso ci lavorava anche lui, ma quando ho provato a spiegargli che era una decisione che avevo già preso durante il mio soggiorno in Belgio, non mi ha creduto. Se non avessi consegnato la divisa il giorno stesso in cui lui era di servizio, probabilmente nemmeno si sarebbe accorto che non lavoro più lì.
Sono settimane ormai che proviamo ad evitarci cercando di non trovarci mai nella stessa stanza e la cosa sembra funzionare, ma vivendo nella stessa casa, risulta difficile che non si facciano altri tipi di incontri, come per esempio Candice. Ho avuto modo di conoscerla e non sembra un tipo da evitare, anzi sembra abbastanza un cucciolo indifeso che ha bisogno di amore e attenzione. Certo non è facile crescere da sola una bambina, soprattutto se la tua famiglia ti ripudia e ti getta in mezza ad una strada. Quasi provo pena per lei, soprattutto quando la sua bambina inizia a piangere per qualche stupido capriccio e disturba il mio studio o qualsiasi altra cosa io stia facendo. Ma non provo mai e dico mai pena quando ogni notte lei ed Eric disturbano il mio sonno con i loro stupidi e rumorosi gemiti. Mi si volta lo stomaco solo pensandoci, anche se a volte, anzi, quasi sempre, penso che potrei esserci io al suo posto. Da una parte è un bene che tutta questa situazione abbia bloccato sul nascere qualsiasi sentimento io stessi iniziando a provare per Eric. Se Candice fosse arrivata dopo, quando magari ero così cotta di lui da non potergli stare lontano, di certo non avrei preso per nulla nemmeno solo la sua presenza in questa casa.
Scendo di sotto con l'intento di prepararmi una tazza di cioccolata calda, ma i fornelli sono già occupati da scalda latte e altre cose per bebè, mentre Candice culla nervosamente Julie in braccio.
«Ti prego, smettila di piangere. Non ne posso più», confessa quasi in lacrime.
Non appena si accorge della mia presenza, si irrigidisce. Forse sperava che nessuno la vedesse crollare, ma non ci trovo nulla di strano, è un essere umano e nessuno più di lei ha una scusa migliore per disperarsi.
Le faccio un segno con la testa per salutarla e lei mi risponde in egual modo, mentre Julie non la smette di piangere.
Un cellulare squilla sul tavolo della cucina e Candice lo afferra con violenza.
«Merda», mormora non appena legge il numero o il nome del suo mittente. «Puoi reggerla un attimo? È una cosa importante», esclama prima che io possa rifiutarmi. Non ho molta dimestichezza con i pargoli, soprattutto se piangono, strillano o fanno capricci in generale. Me la lascia in braccio e, mentre io la tengo come un sacco di patate, Candice corre di sopra per rispondere alla sua telefonata importante.
Julie sembra guardarmi curiosa, ha smesso di piangere, ora si sta concentrando a tirarmi i capelli.
«Ahia!» grido non appena tira una ciocca.
La bambina inizia a fare gli occhi lucidi e il musetto triste, sono certa che sta per piangere ancora.
«No, no, per favore. Stavo scherzando. Su, su, niente lacrime.»
Inizia di nuovo il suo pianto liberatorio ed io mi sento davvero sconfitta. Spero che mia nipote sia una bambina solare, non potrei sopportarla così.
Accendo la TV e imposto un canale dove trasmettono solo musica ventiquattro ore al giorno. Prendo la mano di Julie e iniziamo a volteggiare.
La musica sembra piacerle, tanto che finalmente smette di piangere e mi fa un bel sorriso sdentato.
Finalmente!
Balliamo per almeno dieci minuti e di Candice nemmeno l'ombra. Non vorrei avesse scaricato il pacco a me, per potersi rilassare. Ho ben altro da fare.
Saliamo le scale dirette verso la stanza di Eric. Esito un po' prima di bussare.
«Puoi stare tranquillo, nessuno sospetta nulla. Mi ci trovo bene qua, non ho intenzione di andarmene. Eric poi è così... wow! Non so come descriverlo. E si sta impegnando molto per Julie.»
Involontariamente inizio ad origliare la sua conversazione, la quale mi incuriosisce molto.
«No, no, sei impazzito? Non dirò a Eric che Julie non è sua figlia, ci lascerebbe in mezzo ad una strada. Ho bisogno di stare qui. E poi lui inizia a piacermi davvero.»
Resto scioccata. Julie non è la figlia di Eric. Non posso crederci. Come può essere una donna così cattiva e meschina da approfittarsi così tanto della bontà altrui? Ritiro tutte le cose carine pensate fino ad ora sul suo conto, è davvero una stronza colossale.
Non posso dirlo io ad Eric, non mi crederebbe mai, penserebbe che io lo dica per gelosia o Dio sa che cosa.
Se sapesse la verità, gli si spezzerebbe il cuore in un attimo e non voglio essere io l'artefice di questo. Vedo quanto ci tiene a Julie, credo la ami più di se stesso.
Busso alla porta, non ho intenzione di ascoltare un'altra singola parola sulla questione. Meno so, meglio è.
«Ora devo andare, ci vediamo presto. E non dimenticare la tua parte d'accordo», sussurra prima di chiudere la chiamata per venirmi ad aprire la porta.
«Come vedi non piange più. Ha proprio preso dal padre, anche a lei piace la musica, soprattutto ballare», esclamo con il sorriso più falso che potessi fare e le lascio la bambina in braccio, che inizia a piangere di nuovo senza sosta.
«Ehm, grazie», farfuglia cullando Julie.
«È un piacere», mento.
Candice si chiude in camera, mentre io scendo di sotto per farmi quella famosa cioccolata calda. Sposto dai fornelli tutto l'arsenale per bebè e verso il contenuto della mia cioccolata nella pentola.
«Fanne due per favore», esclama Eric entrando in cucina.
Quando è arrivato? Era già in casa?
«Ok.»
«Ci sai fare con i bambini. Ti ho visto dalla finestra, mentre fumavo una sigaretta. Sai, non posso più fumare in casa da quando c'è Julie.»
«Certo, mi sembra ovvio.»
«Sarai davvero una brava zia.»
«E tu un bravo papà.»
Gli porgo la sua cioccolata e le nostre dita si sfiorano. Sento subito un brivido percorrermi lungo la schiena e non credo di essere stata l'unica a provare la stessa sensazione guardando la sua espressione. Restiamo per un attimo così, finché non sentiamo arrivare Candice e la bambina arrivare. Lasciamo entrambi la tazza, la quale cade a terra e si frantuma in mille pezzi, mentre la cioccolata schizza in ogni dove.
Candice pianta la bambina in braccio ad Eric, da bravo padre quale dovrebbe essere, tenta di tranquillizzare Julie, che da quando è tornata tra le braccia della madre non ha mai smesso di piangere.
Raccolgo i pezzi della tazza e con una pezza inizio a togliere le macchie di cioccolata dal parquet, mentre Eric è concentrato completamente su Julie e Candice li fissa adulante. Che quadretto! Una famiglia perfetta!
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Million Reasons
Teen FictionJuan-les-Pins, 2016. Eric Morel è un ragazzo di ventitré anni dal carattere molto chiuso e introverso. Non ha un ricordo nitido di suo padre, il quale ha lasciato lui, sua madre e i suoi due fratelli quando Eric aveva solo tre anni. La causa probabi...