14. Alice

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Siamo a Parigi e tanto per cambiare ho fatto si che ci perdessimo cercando il nostro hotel. Mi sento terribilmente in colpa nell'essere qui senza il mio migliore amico, ma egoisticamente sono felice di non essermi persa un'occasione così grande.
Parigi è incantevole con le sue strade tutte decorare da lucine e quant'altro per il periodo natalizio, per non parlare delle neve che luccica sotto i raggi del sole. Fa abbastanza freddo e il vento è molto forte, mi stringo nel cappotto e a fatica proseguo in cerca dell'hotel.
Un fiocco di neve mi cade sul viso e quando alzo il capo migliaia di fiocchi di neve vengono giù in una danza leggera e armoniosa. La città sembra fermarsi, tutti sono con il naso all'insù ammirando questo spettacolo.
Eric si avvicina e avvolge una sciarpa appena comprata attorno al mio collo.
«Non vorrai prendere freddo prima del concerto?!»
Per quanto il suo gesto sia dolce, il suo tono non lo è altrettanto. È da stamattina che si comporta in modo molto freddo e distaccato nei miei confronti e non ne capisco il motivo. È spesso con la testa fra le nuvole e lo sguardo perso nel vuoto. Non fa altro che scrivere messaggi da quando siamo partiti. Sono molto curioso ma abbastanza orgogliosa da non potergli chiedere con chi sta chattando da ore.
Eric ha accettato di venire a Parigi, ma non era molto entusiasta della cosa, nonostante lui sia un fan della mia beniamina. Dopo aver passato una Matt intera a cercare il "sostituto" di Samuel, ho pensato che andarci con il mio compagno di stanza non sarebbe stato male. Forse si è offeso proprio perché non gliel'ho chiesto subito? Era molto combattuto quando ha accettato e da allora non ha mai messo il suo telefono da parte, le sue mani sono un tutt'uno con il suo cellulare. Forse aveva un appuntamento?
«Siamo arrivati credo», annuncia indicando la folla sotto il nostro hotel. «Deve essere per forza questo, se no non riuscirei a spiegarmi il perché degli striscioni e dei cori dedicati a Gaga.»
Proviamo a farci spazio tra la folla per raggiungere l'entrata. Una volta all'interno, dopo aver subito gli sguardi invidiosi delle fan, ci rechiamo alla reception per prendere le nostre chiavi.
Qualcuno afferra le nostre borse e ci fa strada verso l'ascensore. Anche quest'ultimo grida lusso ovunque e solo guardando i pulsanti dei piani mi accorgo di quanto sia alto questo hotel. Ci fermiamo al quattordicesimo piano e, una volta arrivati di fronte alla porta della camera, ci consegna le chiavi e con un mezzo inchino ci saluta per poi sparire di nuovo in ascensore.
Afferriamo le borse ed entriamo. La prima cosa che noto è ovviamente il letto matrimoniale. Quando ho prenotato questa camera con Samuel non abbiamo badato molto a questi dettagli, anche perché dormire nello stesso letto non è mai stato un problema per noi essendo lui omosessuale. Stasera non ho idea di come ci organizzeremo, ma ci penseremo direttamente quando sarà il momento. Eric ovviamente non ha nemmeno alzato il capo dal suo cellulare per dare un'occhiata alla stanza e probabilmente non ha fatto nemmeno caso al "problematico" letto.
«Vado a cambiarmi. Tra non molto dovremmo raggiungere l'Arena». L'Arena Bercy, infatti, non è vicinissima al nostro albergo e traffico permettendo ci vorrà un po' per raggiungerla.
Sbatto rumorosamente la porta del bagno e provo a darmi una sistemata. Indosso i miei jeans attillati preferiti, gli stivali al ginocchio che mi ha prestato Zoe e una camicia di velluto nera che ho comprato appositamente per questo evento. Un velo di gloss e sono pronta per il concerto.
Quando esco dal bagno Eric è già pronto in tutto il suo splendore. Ha l'animo rock. Ha abbinato al suo pantalone nero una camicia di jeans e degli anfibi neri e, ovviamente, il giubbotto di pelle, che, nonostante i pochi gradi lì fuori e la neve, non può mai mancare. Questa volta è a telefono, ha smesso di digitare, gli faranno male le dita.
«Si, lo so. Hai ragione, ma non avevo scelta. Mi farò perdonare, promesso.»
Mi schiarisco la voce e, non appena si accorge della mia presenza, fa scorrere il suo sguardo su tutto il mio corpo.
«Devo andare», annuncia prima di riagganciare per dedicarsi a me.
Era ora che si accorgesse della mia presenza.
«Allora? Come sto?» chiedo con un sorrisetto.
«Bellissima, come sempre.»
«Facciamoci una foto, così la posto su Facebook e quando Emile la vedrà, morirà di invidia», propongo con un ghigno.
«Dobbiamo andare», ordina ignorando la mia richiesta.

Siamo fuori ai cancelli dell'arena. Non sto più nella pelle.
I fan sono scatenati, urlano, piangono, cantano e spingono, soprattutto quest'ultimo, come se entrare per prima desse qualche vantaggio. I posti sono numerati e non c'è bisogno di scazzottarsi per entrare e conquistare le postazioni migliori.
Eric non ha detto una parola da quando siamo usciti dall'hotel, ma almeno ha smesso di chattare o fare qualsiasi altra cosa con quel cellulare.
Finalmente aprono i cancelli e la bolgia elettrizzata mi trascina all'interno per inerzia perdendo di vista il mio accompagnatore. Poco dopo qualcuno afferrala mia mano intrecciando saldamente le sue dita alle mie rassicurandomi. Mi volto quanto posso e, quando incontro lo sguardo di Eric, mimo un "grazie ".
Non lascia mai la mia mano fin quando non arriviamo ai nostri posti. Devo congratularmi con Samuel, credo sia la postazione perfetta in questa arena.
«Vuoi qualcosa da mangiare o bere?» chiede una volta seduti.
«No, grazie.»
«D'accordo. Arrivo subito. Devo fare una telefonata. Non ti muovere di qui.»
«Non puoi farla dopo? È così urgente? Sei al cellulare da quando siamo partiti. Lo spettacolo inizierà a momenti», gli faccio notare in tono quasi duro.
Eric resta sorpreso della mia reazione e resta seduto riportando il suo sguardo sul palco.
Le luci iniziano ad essere soffuse per poi spegnersi definitivamente per essere avvolti dal buio più totale. Solo una piccola debole luce si propaga sul palco e una leggera melodia suona dagli altoparlanti.
Eccola, Gaga è lì, con la sua chitarra, che inizia a cantare il suo nuovo singolo "Diamond heart". Improvvisamente non esiste più nessuno per me, mi lascio trasportare dalla musica cantando "A cruel king made me tough Daddy's girl's never good enough I'll just keep go-go'n 'Cause this dance is on you", dedicandola nella mia mente ad Emile.
Anche Eric sembra catturato dalla sua voce, ma non riesce ancora a farsi trasportare. È abbastanza rigido, credo che la sua mente sia altrove, ma dove?
Poggio la mia mano sulla sua e, non appena posa il suo sguardo su di me, gli sorrido dolcemente. Lui fa altrettanto, ma non è sincero.
Gli tengo la mano per tutta la durata del concerto, questo gesto per dimostrargli che gli sono vicino per qualsiasi cosa stia passando, come lui mi è stato vicino finora. Sono stata così egoista che non ho mai pensato di chiedergli come stesse davvero.
Inizia la mia canzone preferita, Million reason. Provo a lasciare la sua mano per agitare le braccia in alto a ritmo, ma Eric me lo impedisce stringendomi forte. Il suo sguardo è fisso sul palco, i suoi occhi sono lucidi e sembra stia per esplodere da un momento all'altro.
Non capisco cosa gli stia prendendo e perché, ma vorrei provare a rincuorarlo.
«Eric», sussurro prima di avvicinarmi per abbracciarlo, ma con uno scatto lascia la mia mano e, dopo essersi alzato, si allontana.
Sono indecisa se seguirlo o meno, forse non vuole la mia compagnia.
Aspetto per un po' il suo ritorno, ma non avviene. Non ho idea di dove sia, non saprei dove cercarlo.
Finito il concerto, mi allontano velocemente dagli spalti e vado verso i bagni sperando di trovarlo lì, ma non è così.
Esco fuori ai cancelli dell'arena ed Eric è lì che flirta con una ragazza. Stupida io che pensavo stesse male e avesse bisogno di aiuto. Mi avvicino e, senza dire nulla, inizio a fissarlo a braccia conserte. Al mio arrivo Eric fa finta di nulla e continua ad occuparsi della ragazza, che invece sembra turbata per la mia presenza, tanto da salutarci e scappare.
«Grazie, tanto non mi piaceva nemmeno», dice in tono piatto.
Dove è Eric? Cosa ne ha fatto del ragazzo dolce che ho conosciuto?
«Andiamo?»
Eric annuisce incamminandosi e lasciando me indietro, che resto a fissarlo sbalordita di quanto sia lunatico.

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