23. Alice

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La mattina seguente mi accorgo di essermi addormentata sulla poltroncina nella cameretta di Angéline.
Per fortuna, grazie ad Emile, non mi sono congelata durante la notte, essendo che mi ha avvolto in una coperta durante il mio abbiocco.
Non so per quanto tempo rimarrò qui, ma dovremmo organizzare, il prima possibile, dove dormire. Non ho intenzione di svegliarmi ogni giorno con questo dolorosissimo mal di schiena, sono praticamente bloccata. Dormire sul divano non è nemmeno una opzione da prendere in considerazione essendo il soggiorno troppo lontano dalla camera della bambina. L'unica stanza favorevole è la stanza da letto, ma ciò implicherebbe dormire al fianco di Emile e non ho nemmeno il diritto di cacciarlo dal suo letto. Nonostante tutto quello che mi ha fatto passare, mi ha pur sempre dato un tetto dove stare quando ne avevo bisogno.
Solo ora rimbomba nella mia mente quello che ieri ha detto ad Eric: «Io la amo». Non posso credere che l'abbia detto per davvero, forse l'ho solo immaginato. Non ho mai pensato all'ipotesi che lui potesse addirittura amarmi. Fa così strano anche solo pensarci, figuriamoci ascoltare una cosa del genere.
Mi alzo a fatica dalla poltrona per sporgermi verso la culla, ma Angéline non c'è. Per un attimo mi faccio prendere dall'ansia, poi però mi rilasso non appena ascolto la ninna nanna cantata da Emile. È molto dolce e protettivo, non credo avrà grandi difficoltà a crescere la piccola.
Seguo la voce e resto incantata avanti a questa bellissima scena. Emile tiene stretta al suo petto Angéline mentre le da il biberon e le canta delle dolci strofe prese da varie canzoni dedicate ai più piccoli.
È tutto ciò che ho sempre desiderato: una bella casa, un marito premuroso e una bambina, frutto del nostro amore. Mi basta pochissimo per intristirmi e capire che nessuna di queste cose mi appartiene realmente, sono solo di passaggio.
Afferro una tazza in cucina e, tornata in cameretta, esco fuori al balcone di quella che una volta era la mia stanza.
L'odore del fornaio al piano terra invade le mie narici e un vortice di pensieri, ricordi ed emozioni provocano una sensazione di oppressione sul cuore. Quando meno me ne accorgo sto piangendo. Le lacrime scorrono da sole, mi manca quasi il respiro. Non voglio farmi vedere in questo stato, così mi rifugio in bagno e decido di fare una bella doccia calda con la speranza che allievi anche il mio dolore alla schiena.

«È bellissima, non trovi?» chiede Emile con occhi sognanti non appena li raggiungo. Ha appena messo Angéline nella culla e sembra dormi beata.
«Si, è un capolavoro», affermo appoggiando la testa sulla sua spalla mentre siamo affacciati sulla culla.
Gemo per il dolore alla schiena e cerco di tornare a fatica in posizione eretta.
«Non puoi dormire sul divano, hai visto cosa ti succede?» bisbiglia per non svegliare la piccola.
«Si, a tal punto, sarebbe opportuno trovare una sistemazione», propongo piano le vertebre.
«C'è un letto matrimoniale di là. Io posso sempre dormire sul divano, non ci sono problemi. Stai già facendo tanto per noi, che ospite sarei se ti lasciassi dormire su quella trappola infernale?»
«Non voglio tu debba dormire sul divano, non è giusto nei tuoi confronti. Il letto è grande, no?! Possiamo starci entrambi restando ognuno al suo posto», esclamo con un sorriso.
Emile sembra confuso e quasi sgrana gli occhi per la sorpresa. Non siamo riusciti a stare fermi stando nella stessa stanza ma in letti separati, figuriamoci nello stesso letto. Ma è un rischio che bisogna correre, per Angéline.
Mi lamento di nuovo per il mal di schiena ed Emile mi trascina con se verso il divano in soggiorno.
«Hai bisogno di un massaggio. Lascia che ti aiuti. Giuro che non ci sarà nulla di malizioso in questo.»
Sono un po' restia ad accettare, ma ne ho davvero bisogno, così annuisco e mi posiziono sul divano.
Emile è dietro di me e inizia a massaggiarmi le spalle disegnando piccoli cerchi con il pollice. È così bravo che mi lascio totalmente andare.
Quando infila però le sue mani sotto la mia maglia, mi irrigidisco di nuovo.
«Cosa stai facendo?» chiedo allarmata.
«Tranquilla, è solo un massaggio. Nient'altro», chiarisce massaggiandomi dalle spalle ai buchi di Venere.
Bravo è bravo, ma devo stare sempre in guardia per non cadere nei suoi trabocchetti mentali.
«Perché non ti stendi a pancia in giù?! Starai più comoda e mi sarà più facile sciogliere il muscolo.»
Obbedisco e mi stendo come lui vuole, in modo che si possa mettere a cavalcioni sopra di me e usare il mio sedere come un comodo sgabello.
Mi alza la maglia fino al collo e sgancia il mio reggiseno.
«Credo tu stia esagerando», lo rimprovero provando inutilmente ad alzarmi visto il peso che mi ritrovo sopra.
«Vuoi rilassarti?! Sto solo cercando di aiutarti», bofonchia.
Provo a rilassarmi di nuovo ed Emile si dedica completamente alla mia schiena. Ha delle mani d'oro.
Sfilo la maglia restando con il petto incollato ai cuscini in modo che non possa vedere il mio seno.
«Ora forse sei tu che stai esagerando», esclama ridacchiando.
«Zitto! Lavora, schiavo», rispondo in egual tono prendendolo in giro.
Gemo, ma questa volta di piacere. Ha trovato il punto perfetto per farmi sciogliere.
Qualcuno improvvisamente irrompe in casa e questo qualcuno ha le chiavi, ma non posso vederlo essendo che sto schiacciata con la faccia sui cuscini.
Emile si scosta subito da me e quando mi alzo tenendomi solo la maglia a coprire il seno, divento paonazza dalla vergogna. Ho davvero toccato il fondo con questa grossa figuraccia.
«Scusate, scusate! Tornerò più tardi. Non volevo interrompere nulla. È che non pensavo che... scusate. Torniamo dopo», farfuglia Kate coprendosi gli occhi con una mano. Solo dopo noto che dietro di lei c'è Eric e mi sta scrutando con tutto lo sdegno possibile.
«Non è come pensate, lo giuro. È che ho dormito sulla poltrona...»
«Aveva mal di schiena e le ho fatto un massaggio. Tutto qua», interviene Emile in mio aiuto e gli sono davvero grata.
Provo ad agganciarmi il reggiseno, mentre Kate corre in cucina a posare la spesa. Eric, invece, è ancora sul ciglio della porta intento a fissarmi deluso.
Il mio tentativo di allacciare i gancetti con una mano fallisce miseramente ed è lo stesso Emile ad aiutarmi a farlo. Questo rende tutto ancora più imbarazzante, per fortuna a questa scena ha assistito solo Eric, se vogliamo chiamarla fortuna.
Dopo essermi infilata la maglia, corro in cucina per aiutare Kate a fare qualsiasi cosa lei stia facendo.
«Scusa, Kate. Davvero. So quanto poteva essere equivoca questa scena, ma non è come pensi. Credimi! Avevo davvero mal di schiena.»
Mette le cose in frigo, ma non mi risponde. Mi sta evitando?
«Kate?»
«Non mi intrometterò mai nella vita dei miei figli, mai. Ma non mi sta bene che salti da un Morel all'altro prendendoli in giro. Pensavo tenessi ad Emile come un fratello e ad Eric in un altro senso. Mi hai profondamente delusa. Che rispetto hai di tua sorella? Eh? Sta morendo in un ospedale, lo hai capito o no?» mi rimprovera in tono molto duro.
Resto impietrita. Il magone ritorna e con esso le lacrime. Mi copro la bocca per non far sentire i singhiozzi e le do le spalle per correre in soggiorno, afferrare il cappotto e correre via di qua.

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