28. Alice

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Sono nervosa. Tutta questa storia dell'appuntamento mi rende nervosa. Non potevo aspettare che fosse lui a fare la prima mossa? No, non potevo. E sai perché? Perché mi sento così terribilmente in colpa per tutto quello che è successo e ha subito.
Non sono granché brava con tutta questa storia dei primi appuntamenti. Credo di non avere un appuntamento dal terzo anno delle superiori e la cosa non fa altro che imbarazzarmi ulteriormente. Se fosse stato un qualcosa come per esempio vedersi fra amici forse a quest'ora sarei più tranquilla, rilassata. Io rilassata? Eufemismo. Da quando in qua, quando si tratta della famiglia Morel, io riesco ad essere calma e tranquilla senza nessuna preoccupazione?
Avere la certezza, anzi, la consapevolezza, che questo sia un appuntamento a tutti gli effetti mi terrorizza non poco. Mi spaventa il dopo cena, ecco la verità. Al momento dei saluti, quando lui dovrà andare via e so che io vorrò baciarlo, ma so anche che non avrei molti scrupoli ad andare oltre, mentre non ho la minima idea di cosa pensi lui, se considera il tutto prematuro, questo mi spaventa.
Mi sento così a disagio mentre lo aspetto impaziente fasciata dal mio vestitino blu, prestatomi gentilmente da Zoe. Era così elettrizzata all'idea che avessi un appuntamento con il ragazzo più desiderato di Juan Les Pins, nonché suo migliore amico. È stata così carina da venire a casa e prepararmi per il grande evento. Si è occupata dei capellini, dell'outfit, del trucco e quant'altro, se non fosse stato per la sua insistenza, probabilmente a quest'ora starei aspettando Eric in pigiama.
Oddio! E se venisse in moto? Il mio vestito mi impedisce di salire in moto. Che figura ci farei se mentre salgo in moto mi si stracciasse il vestito? Sono paonazza al sol pensiero.
Per fortuna vedo la macchina di Eric svoltare l'angolo e ringrazio qualsiasi entità superiore abbia accolto la mia preghiera.
Scende dall'auto e viene ad aprirmi lo sportello. Con un sorrisetto imbarazzato mi avvicino e, dopo avergli scoccato un bacio sulla guancia appena sbarbata, entro in macchina.
«Allora signorina, dove si va?»
«Ricordi la spiaggia su cui mi portasti dopo quella festa universitaria andata alquanto male?»
Eric annuisce, ma al ricordo di quella sera si irrigidisce.
«È lì che dobbiamo andare.»
Eric mette in moto, ma è ancora nervoso, così posiziono la mia mano sulla sua mentre regge la leva del cambio. Il suo sguardo incontra il mio ed io gli sorrido dolcemente.

«Hai preparato tutto questo per me?» chiede incredulo guardandosi intorno.
Samuel è stato così gentile da aiutarmi a costruire questo gazebo bianco da posizionare al centro della deserta spiaggia. Sotto abbiamo sistemato un tavolino basso in modo da poterci sedere su dei cuscini appoggiati sulla sabbia, il tutto illuminato da qualche candela.
«Si», mormoro imbarazzata.
«Non ti facevo così romantica, Alice. Anzi pensavo odiassi il romanticismo», mi prende in giro abbracciandomi.
Prendiamo posto e, tra una chiacchiera e l'altra, Eric mi chiede cosa avessi mai preparato di buono.
«Beh, per quanto riguarda la cena, dovrebbe arrivare a momenti.»
Non finisco nemmeno la frase che il fattorino delle pizze parcheggia il suo scooter avanti a noi. Afferro le pizze e, dopo averlo pagato, trasporto le pizze dal cartone al piatto.
Eric scoppia in una fragorosa risata ed io gli do un colpetto dietro la nuca.
«Ed io che pensavo mi avessi cucinato tu. Ecco come ammazzare il romanticismo in un attimo», esclama tra una risata e l'altra.
«Ci ho provato, lo giuro. Puoi chiedere a Zoe. Purtroppo non sono per niente un'ottima cuoca.»
Mi ero messa ai fornelli sognando di preparargli qualcosa di così squisito che si sarebbe leccato i baffi e invece non ho fatto altro che pasticci bruciando tutto quello che ero riuscita a preparare.
«Sei unica. Per fortuna che tra i due almeno uno di noi sappia cucinare», mi prende in giro.
«Taci! E mangia che si fredda», gli ordino.
Passiamo gran parte della serata nel ricordare la prima volta che siamo venuti qui, la sera che ha cambiato qualsiasi idea sbagliata ci fossimo fatti l'uno dell'altro.
Eric mi ha confessato che proprio quella sera ha capito di essersi innamorato di me e che la cosa lo spaventava tantissimo e che non avrebbe mai avuto il coraggio di dirmelo.

Siamo in macchina sulla strada del ritorno e sono così nervosa che le mani mi sudano.
Pensavo mi stesse accompagnando a casa di Emile, ma quando ferma la macchina mi accorgo di essere totalmente da un'altra parte. Ero così impegnata a farmi trasportare dall'ansia che non ho prestato attenzione al tragitto.
«Dice siamo?»
«Ha importanza?» chiede ridacchiando. «Anche io ho un lato romantico, sai?»
«Oh, signor Morel, l'ho sempre pensato. Con me la facciata del cattivo ragazzo non ha mai funzionato. Ricordi? Sei il mio mare.»
Ci troviamo su di una collina, la visuale è stupenda. Il cielo è così limpido che se sapessi riconoscere le costellazioni potrei indicarle.
«Ti ricordi al concerto, quando durante l'esibizione di Lady Gaga, sono sparito?» chiede improvvisamente rompendo il silenzio.
«Si, ti ho anche chiesto il motivo, ma non mi hai mai risposto, ti sei sempre rifiutato di darmi una spiegazione.»
«Ricordi anche la canzone che stava cantando in quel momento?»
«Mi sfugge in questo momento.»
«Aspetta, ti do una mano», dice mentre  digita qualcosa sul suo stereo.
La canzone inizia ed io esclamo: «Million reasons!»
«Già. Volevo baciarti, volevo dirti quanto tu fossi importante per me, ma tu ci tenevi così tanto alla nostra amicizia, non volevo rovinare il nostro rapporto. Poi questa canzone. Ho sempre pensato che parlasse di noi, ma lo pensavo solo io, tu non mi guardavi come guardavi mio fratello, come guardavo io te. Ero così arrabbiato del fatto che tu non ti accorgessi di me. Non potevo restare ad ascoltare quella canzone senza fare qualcosa di stupido nei tuoi confronti. Mi stavi dando un milione di ragioni per lasciarti andare, ma non volevo farlo, non volevo. Mi ero alzato solo per prendermi una pausa da tutto quello che stava accadendo nella mia testa, così sono uscito fuori.»
«Perché non sei tornato?» chiedo curiosa.
«Prometti di non ridere?»
Annuisco.
«Avevo perso il biglietto e il personale non mi ha più fatto rientrare.»
Provo a trattenermi per un po', meno di quanto avrei voluto. Scoppio in una fragorosa risata, mentre Eric sbuffa mettendosi a braccia conserte.
Se ripenso a quel periodo mi sento così stupida, come ho fatto a non accorgermi prima di lui?
«Sapevo che non avrei dovuto raccontarti di...»
«Perché non mi baci, invece di continuare a fare la parte dell'offeso», lo interrompo posizionandomi a cavalcioni su di lui. Per un attimo guardo quelle labbra. Ho già una vaga idea di come siano, ma non riesco a smettere di domandarmi se hanno lo stesso sapore del primo bacio che ci siamo scambiati la prima volta.
Siamo così vicini. Il mio corpo è in tensione perché non so se anche lui sta provando l'irresistibile voglia di baciarmi che provo io in questo momento.
Prende la mia testa fra le mani ed inizia a tracciare una linea di baci che vanno dal collo all'orecchio. Mi lascio andare facendo cadere la testa all'indietro.
Bacia ogni centimetro del mio corpo, ma mai le mie labbra. Non ha idea di quanto mi stia facendo soffrire. Se vuole dimostrarmi cosa ha provato standomi lontana, l'ho capito, giuro.
Non so come sia possibile o come sia successo, ma siamo sui sedili posteriori ed Eric è steso sopra di me.
«Ti prego, baciami», sussurro presa dall'eccitazione.
«Hai sofferto abbastanza», esclama prima che la sua bocca sia sulla mia. Ricordavo male, molto male, il sapore delle sue labbra è nettamente migliore rispetto al nostro primo bacio.
Non riesco a smettere di baciarlo e toccarlo ovunque. Siamo ormai completamente nudi e lui è dentro di me. Siamo così avvinghiati che non si capisce dove finisce uno e dove inizia l'altro. Ci muoviamo con delicatezza ed esitazione ad un ritmo sincronizzato che i nostri cuori hanno scelto per noi, terrorizzati al sol pensiero che tutto questo possa finire, di nuovo.

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