Sono ore che giro per strada alla ricerca di Alice. Da stamattina non abbiamo più sue notizie, non è più tornata a casa, né ha risposto al cellulare nonostante le innumerevoli chiamate. È ormai notte e sono esausto. Non puoi aiutare qualcuno che non vuole essere trovato, no?!
Il telefono vibra, penso sia Alice e senza nemmeno guardare rispondo.
«Dove cazzo sei? Sono ore che ti cerco», urlo esasperato.
«Beh, in realtà dovrei chiederlo io a te. Manchi da stamattina a casa. Julie non si addormenta se non ci sei tu.»
«Ah, sei tu, Candice?!» esclamo deluso.
«Scusa tante.»
«Senti, ora non ho tempo. Ho cose più importanti a cui pensare», attacco prima che possa ribattere.
C'è solo un luogo dove non ho provato a cercarla: l'ospedale.
«Dove sta andando? Si fermi. Non è orario di visita», mi insegue una vecchia infermiera dai capelli bianchi.
Mi volto verso di lei e leggo il nome sul cartellino.
«Oh, Luisa. Mi dispiace, davvero», incomincio a dirle prendendole le mani con lo scopo di ammaliarla. «Sto cercando una mia cara amica. Sono davvero preoccupato per lei, sono quasi sicuro che si trovi qui. Mi aiuti, Luisa. Prometto non lo dirò a nessuno.»
Luisa mi fissa impassibile avanti al mio charme e sono quasi offeso di non essere riuscito a far colpo su di una anziana infermiera.
«Ne vedo di bei giovani passare qui su questo corridoio, non sei certo il primo che cerca di conquistarmi. Lo so, sono irresistibile, ma sono anche sposata da quaranta anni ormai. Quindi mi dispiace deludere il tuo debole cuoricino...»
«Luisa, la prego», mi metto in ginocchio.
«Va', vai pure. Farò finta di non averti visto», mormora dandomi le spalle.
«Grazie», urlo correndo per i corridoi cercando la stanza di Céline.
Stanza duecentotrenta, eccola. Una volta dentro vedo Alice seduta accanto al letto di Céline, la quale non riesco a guardare in questo stato.
Alice le tiene la mano e mentre con l'altra si regge la testa tenendo il gomito sul bracciolo della poltrona. Ha gli occhi chiusi e probabilmente si è addormentata da poco.
«Alice!» grido affannato. Lei sobbalza e dopo avermi visto riporta il suo sguardo verso la sorella.
«Che ci fai qui?» mormora piano.
«Che ci faccio? Sei seria? Sono ore che ti cerco, sei sparita. Sparisci ogni volta che qualcosa non va invece di provare a risolvere. Sei una vigliacca», esclamo arrabbiato.
«Beh, è quello che mi riesce meglio.»
«Smettila di dire cazzate, andiamo ti porto a casa, a casa nostra questa volta.»
«Non ho una casa, sono ospite a casa tua, sono ospite nella mia vecchia casa e sono ospite anche a casa dei miei genitori. Non ho un posto dove stare se non qui insieme a Céline», ribatte sconfitta tra le lacrime.
«Smettila! Smettila!» grido trascinandola per un polso per attirarla al mio petto e stringerla forte. Pensavo avrebbe opposto resistenza e invece crolla completamente tra le mia braccia. Cerca di soffocare i suoi singhiozzi premendo la bocca sul mio petto, mentre tenta di dirmi qualcosa che però non riesco a comprendere.
«Tua madre ha ragione. Sono pessima», biascica asciugandosi le lacrime con il dorso delle mani.
«È solo preoccupata, non ce l'ha con te. Vuole il meglio per i suoi figli e lei sa che tu saresti stata il meglio per me. Vederti con Emile oggi l'ha scossa e ha scosso anche me», confesso senza mai allentare la presa.
«Non è successo niente tra me ed Emile, lo giuro. Ho archiviato il caso molto tempo fa», spiega alzando il suo sguardo verso il mio. «Non potrei fare un torto così grande a mia sorella, soprattutto nelle sue condizioni. Sono lì solo per aiutare Angéline.»
Luisa, l'infermiera, fa irruzione nella stanza e resta con un cipiglio sul ciglio della porta. «Sapevo che cercavi proprio lei. Siete due tipetti belli strani. Sareste una bella coppia.»
«Già», mormoriamo all'unisono.
«Dovete andare. Vi farò uscire dal retro. La guardia sta arrivando e se vi trova passeremo tutti un bel guaio.»
Annuiamo e la seguiamo fuori dalla stanza. Alice è ancora sotto la mia ala protettiva e la trascino fuori l'ospedale dopo aver ringraziato e salutato la vecchia infermiera.
«Non voglio tornare a casa. Qualsiasi essa sia. Ho bisogno di bere, bere tanto.»
«Non mi sembra sia il caso.»
«Se tu non vuoi, ci andrò da sola.»
«Non fare la bambina. Farai un dispetto solo a te stessa», le spiego piano prendendole le mani.Un'ora dopo siamo in un lounge bar con qualche bicchierino di troppo in circolo. Alice è completamente andata e balla in pista da sola con un bicchiere in mano ormai vuoto.
Era da tempo che non passavo una serata tra alcol e... alcol. Mi era mancato sbronzarmi un po'. Non sono ovviamente completamente ubriaco, a differenza di Alice, ma brillo quanto basta per raggiungerla in pista e ballare con lei.
«Finalmente ti sei deciso a raggiungermi, ero stanca di ballare da sola», biascica ridendo.
Mi avvicino a lei che mi butta subito le braccia al collo attirandomi più a lei, mentre io le afferro i fianchi.
«Ti amo, Eric.»
«Cosa?» le chiedo fermandoci in mezzo alla pista.
«Ti amo. Quando sono tornata a Juan Les Pens, ho capito che per Emile non provavo assolutamente più nulla, mentre per quanto riguarda te... beh non vedevo l'ora che tu attraversavi quella porta per saltarti in braccio», ride imbarazzata. «Poi sei arrivata con quella e mi è crollato il mondo addosso.»
È l'alcol che parla? È la verità? Sul serio prova dei sentimenti così forti nei miei confronti?
«Alice, potremmo parlarne quando sarai sobria?»
«Non sono ubriaca», biascica posando le sue labbra sulle mie per un bacio veloce. «Ho bisogno di dirti tutto adesso», dichiara accarezzandomi le spalle.
«Ho una famiglia ora, Alice. Non posso abbandonare mia figlia.»
«Se solo lei fosse realmente tua figlia», ride portandosi una mano alla bocca come per indicare che ha detto fin troppo.
Cosa vuol dire? Perché dirmi una cattiveria gratuitamente.
«Non sai quello che dici», le faccio notare staccandomi da lei. «Ho bisogno di aria», le dico prima di uscire dal bar.
Alice mi raggiunge e tra le lacrime mi chiede scusa per tutto quello che ha detto. Tenta di abbracciarmi, ma tendo a starle lontana. Non mi piace la sua versione ubriaca.
«Ti porto da Angéline.»
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Million Reasons
Teen FictionJuan-les-Pins, 2016. Eric Morel è un ragazzo di ventitré anni dal carattere molto chiuso e introverso. Non ha un ricordo nitido di suo padre, il quale ha lasciato lui, sua madre e i suoi due fratelli quando Eric aveva solo tre anni. La causa probabi...