Guardavo il mare, le colline, i volti felici delle persone nelle altre auto, mentre quella del mio amico Miguel sfrecciava in autostrada.
Stavamo tornando da Lloret de Mar, dove passammo il giorno per negozi e soprattutto sulla spiaggia. Mancava davvero poco per arrivare a Barcellona, luogo dove da ormai sei mesi vivevo con altri ragazzi stranieri, provenienti da tutto il mondo, tutti lì per studiare lingue all'università.-Ti sei divertita?- mi chiese abbassando il volume della musica.
Io, continuando a guardare fuori dal finestrino quello stupendo paesaggio che la Spagna offriva, gli risposi con il mio marcato accento italiano. -Purtroppo si.-
-In che senso purtroppo?-
Distolsi lo sguardo dalla strada e mi concentrai sul suo profilo.
-Se tu fossi la persona più antipatica al mondo e Barcellona fosse uno schifo, sarebbe più facile lasciarvi lunedì. Invece, tu sei meraviglioso, hai reso tutto più facile in questi mesi, e ora dovrò ricominciare tutto da capo, a Madrid.-
-Non sarai da sola, ci saranno Annette e Michael, i francesi.- disse ironicamente.
-Ehi, lo sai che non mi vanno a genio i francesi.-
-Ma almeno non sarai da sola, poi potrai sempre contare su di me e quando vorrai ti raggiungerò a Madrid.-La seconda e ultima tappa del mio viaggio in Spagna era Madrid, altri sei mesi e poi sarei dovuta tornare in Italia, a Torino.
Mi mancava la mia bella Italia, ma ero sicura che sarebbe stato lo stesso per la Spagna, da lì a sei mesi.Miguel spense il motore una volta arrivato nel vialetto della casa in cui abitavamo. Sbuffai e aprii la portiera.
-Devo fare la valigia. Ho solo questa sera e domani per preparare tutto.-
-Posso mettermi nella tua valigia?-
-Lo vorrei tanto.-Guardai l'orologio, 7:28 a.m.
-Muoviti Michael, non interessa a nessuno dei tuoi capelli.- gridai dalla cucina per farmi sentire dal francese.
-Cinque minuti.- mi urlò di rimando.
-Se non esci ora da quel bagno, giuro che ti taglio i capelli di notte.-
-Okay okay, stai tranquilla, ci sono.- uscì dal bagno con le mani alzate in segno di resa. Guardai di nuovo l'orologio al polso e spalancai gli occhi.
-Miguel, prendi le chiavi e andiamo. Siamo in ritardo!-Presi la valigia e corsi fuori, in preda all'ansia, come mio solito.
Aprii il bagagliaio e sistemai al meglio le tre valigie, poi mi posizionai davanti, di fianco al mio amico.
Guardai un'ultima volta quella casa che aveva visto il meglio e il peggio di me. Era il simbolo della mia rinascita, dove conobbi le persone più importanti della mia vita, dove feci le più belle esperienze della mia vita.
Salutai quella casa con malinconia, ma anche con la speranza di rivederla ancora altre volte.La macchina si allontanava sempre più velocemente. Guardai per l'ultima volta il mare, la bella Catalogna, mentre ci avvicinavamo sempre di più all'aeroporto di Barcellona
Non ero pronta a salutare Miguel, avevamo ancora molto da vivere insieme, ma come mi disse lui quello non sarebbe stato un addio. Ci saremmo sicuramente incontrati di nuovo, a Madrid o in Italia, era una promessa.Il viaggio durò troppo poco per i miei gusti. Scendemmo dall'auto, un'aria fredda, troppo per quella mattina di Febbraio, mi fece stringere nella giacca che portavo sempre aperta, non curante del freddo che ci fosse.
Con l'aiuto di Miguel raggiungemmo l'ingresso per poi andare al check-in.
Dopo neanche quindici minuti eravamo già pronti, biglietti alla mano, per andarcene da Barcellona e raggiungere la nostra nuova meta.Abbracciai Miguel, con forza, per fargli capire che quel saluto era sincero e difficile da sopportare. Non volevo lasciarlo.
-Mi mancherai da impazzire.- sussurrò al mio orecchio.
Lo strinsi più forte senza dire nulla, poi gli baciai la guancia. -A presto.-
Quello che comparì era un sorriso malinconico.
Senza guardare indietro passai il metal detector.Era ora.
Guardavo fuori dal finestrino dell'aereo, con una canzone troppo triste, di cui ora non ricordo il titolo, che risuonava nelle mie orecchie. Vedevo le case di Barcellona diventare sempre più piccole fino a sparire sotto alle nuvole bianche che quella mattina sovrastavano la città.
Diventavano sempre più piccoli anche i ricordi, belli e brutti, ricordi che erano ormai incisi nella mia mentre e che non mi avrebbero più abbandonata.Forse mi addormentai, cullata da quella ballata che continuava a ripetersi nelle mie orecchie. Quando mi fissavo con una canzone continuavo ad ascoltarla fino alla nausea.
Mi svegliò il tocco di Annette. -Svegliati e metti la cintura, stiamo per arrivare.- mi parlò con un tono dolce e calmo. Lei mi voleva bene davvero e io non avevo mai dimostrato quanto ci tenessi a lei, questo perché era francese e fin da piccola io provai un senso di odio nei confronti di quel popolo. Li associavo a persone altezzose e con la puzza sotto al naso. Sapevo benissimo che non si deve mai generalizzare, ma quando hai un'idea in testa, questa non ti lascerà mai.Spostai il mio sguardo su di lei, dopo essermi allacciata la cintura.
-Scusa.-
Lei mi guardò aggrottando la fronte. -Per cosa?-
-Tu mi hai sempre tratta bene e io non ho mai fatto nulla per te.-
-Tranquilla Clara, so che in fondo, molto in fondo, mi vuoi bene.-
Risi a quell'affermazione. Lei sapeva benissimo della mia repulsione nei confronti dei francesi.
-Adesso saremo sole, tu ed io, e sì, anche lui, ma non è importante.- indicai con la testa Michael, seduto vicino a lei.
-Dovremo aiutarci in questa nuova città.-
Completò la mia frase come se sapesse già quello che volevo dire.
Le sorrisi in modo sincero e lei sembrò apprezzare.Una volta a terra mi sentii strana, non riuscivo a trovare uno sguardo amico e nessuna certezza. Ero spaventata, nonostante avessi al mio fianco due persone che ormai conoscevo piuttosto bene.
Sei mesi fa, al mio arrivo a Barcellonan c'era Miguel ad aspettarmi, insieme agli altri ragazzi.
In quel giorno, invece, eravamo soli. Così salimmo sul primo taxi libero.Tutti e tre guardavamo fuori dal finestrino, mentre il taxi sfrecciava per le vie di Madrid. Era così diversa, così grande, non c'era il mio amato mare, non c'era niente che mi ricordasse Barcellona.
Dopo soli venti minuti, il taxista si fermò davanti ad una grande casa.
Scendemmo e, mentre il taxista ci aiutava con le valigie, un ragazzo alto, biondo e sorridente si avvicinava a noi.
-Finalmente siete arrivati!- allegro, era esageratamente allegro. -Io sono Andrej e vengo da Zagabria.-
Allungai la mano verso quel ragazzo e mi presentai.
-Clara e sono italiana.-
Si presentarono anche i miei compagni, poi ci avviammo verso l'ingresso.
Un fantastico odore di birra mi fece arricciare il naso.
-Scusate, abbiamo festeggiato con amici fino a poco fa e non abbiamo fatto in tempo a pulire.- prese una bottiglia di Corona dal tavolino posizionato vicino alla porta d'ingresso. Ecco perché era così allegro, era ubriaco.Ci vennero vicino anche gli altri due ragazzi.
-Ciao! Io sono Marko, anche io croato.- si presentò il primo. A differenza di Andrej, Marko era piuttosto basso e moro. Il secondo era italiano, come me, Alessandro, di Napoli.
-Due femmine e quattro maschi. Sarà un disastro.- mi disse Annette ridacchiando.
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The Best Nightmare. | Marco Asensio
Hayran KurguSpesso ho detto "non me ne importa niente" quando non era vero, e rimanevo ferma a guardare fisso un punto lontano e quando spostavo lo sguardo speravo che gli occhi di chi mi aveva ferito fossero lì, su di me.