|capitolo ventisette.|

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Camminavamo ormai da più di un'ora, mano nella mano, comunicando attraverso sospiri o piccoli sorrisi.
Avrei voluto dirgli tanto, tutto, ma avevo paura di esagerare, di iniziare uno di quei monologhi noiosissimi che facevo da sola, in camera, davanti allo specchio.
Così cercavo di nutrirmi di ogni cosa riuscissi a percepire: provai a memorizzare il calore della sua mano sulla mia, l'andatura lenta e maestosa, lo sguardo fermo, rivolto verso avanti, il ritmo dei suoi respiri, il dolce suono di quando sorrideva nel vedermi inciampare in qualche radice.

Era così bello.
Non sentivo il bisogno di dire qualcosa. Non ce n'era la necessità.
Non volevo rovinare quella fantastica atmosfera che si era creata tra noi due, come se una campana di vetro ci isolasse dal resto del mondo.
Ma avevo anche paura. Avevo paura di essere troppo timida, di non essere alla sua altezza. Dopotutto, lui era Draco Lucius Malfoy, il re delle serpi, ed io ero solo io. Nulla di speciale, sul serio.
Eppure stare con lui mi faceva sentire unica, diversa dagli altri.

Ci sedemmo su delle rocce di fronte al lago nero, vicino al luogo in cui parlammo dopo la partita di Quidditch, qualche mese prima.
Iniziai a ricordare tutti i biglietti che ci eravamo mandati, dal primo all'ultimo. Li conservavo tutti tranne quello che ebbe la sfacciataggine di leggere ad alta voce e di buttar via.
Mi tornò in mente la conversazione che facemmo subito dopo. Lui disse che era fidanzato con Pansy Parkinson.
Ma in quel momento stava uscendo con me.

"Draco, ma non stai più con Pansy?"
"Pensi che uscirei con te se fossi ancora fidanzato?" Chiese retoricamente lui.
Presi fiato per rispondere, ma mi interruppe nuovamente. "Beh, in realtà se questa occasione mi fosse capitata quando stavo con lei non avrei rifiutato comunque, ma sicuramente dopo l'avrei lasciata."
"Davvero?" Sorrisi.
"Ehi, sono un ragazzo serio, io."
"Non si direbbe." Risi.
"Menomale che ti faccio ridere. Sei carina quando lo fai."
Arrossii. "Anche tu sei carino quando ridi. Sembri, posso dirlo?, un'altra persona."
"Magari lo sono per davvero." Sorrise.

Passarono altri interminabili minuti che trascorsi a pensare a quanto fosse seriamente bello quando sorrideva.
Le labbra si assottigliavano ancor di più, lasciando spazio ai suoi denti bianchi e drittissimi e facendo risaltare i suoi zigomi alti.
La luce argentata della luna, poi, non faceva altro che accentuare la sfumatura grigio-azzurra dei suoi occhi, rendendoli ancora più ipnotici e mozzafiato e schiariva i suoi capelli, quasi annullandone ogni sfumatura bionda e rendendoli di un bianco candido.

"Angel, se continui a guardarmi così ancora per un po' potresti seriamente erodere la mia superficie."
"Che cosa?"
"Mi consumi. E mi intimorisce abbastanza questo tuo sguardo indagatore." Abbozzò un sorriso.
"Oh, certo, Draco. Non ti ho mai detto che, se mi impegno, posso incenerirti con gli occhi?" Tentai di sdrammatizzare il fatto che mi ero fatta sgamare.
"Incenerirmi non lo so, ma di certo non mi fai l'effetto che mi fanno tutti gli altri."

"E che effetto ti farei?" Lo provocai.
Non lo nego, volevo sentirmelo dire di persona. Volevo udire per davvero le parole che mi ero immaginata lui pronunciasse.
"Sei così brava a mettermi in difficoltà." Sbuffò lui.
"Questa non è la risposta alla mia domanda."
Sbuffò nuovamente e si passò una mano tra i capelli, prima di prendere fiato e di iniziare a guardare intensamente la superficie del lago, forse per paura di incontrare il mio sguardo.

"Penso di averti già detto molto in quei biglietti, ma comprendo il tuo desiderio di voler sentire tutto dal vivo e con la voce di chi le scriveva, quelle cose. E lo capisco perché anche io desidero lo stesso.
In realtà mi fai un'effetto davvero strano, diverso. E questa cosa mi fa rabbia, perché con te non riesco ad essere me stesso e..."

"Draco!"
Ci voltammo entrambi di scatto verso il sentiero alle nostre spalle, luogo da cui proveniva la voce.
Gregory Goyle stava cercando di correre verso di noi, ma le sue gambe corte e tozze glielo impedivano rendendo quella scena ridicola.
Non riuscii a soffocare una risata e Draco se ne accorse, perché mi guardò per un momento e mi sorrise, facendomi capire che anche lui condivideva il pensiero che fosse una scena assurda.

"Draco!" Ripeté quello, una volta avvicinatosi.
"Che vuoi?" Il biondo era seccato.
Il suo scagnozzo si appoggiò goffamente sullo schienale della panchina con entrambe le mani ed iniziò a riprendere fiato. Sembrava avesse corso per chilometri. Il sentiero, per di più, era anche in discesa.
"La Umbridge ha scoperto che cosa fa Potter e la sua combriccola."
"Che?" Mi alzai in piedi. Speravo stesse mentendo e fosse una trappola.
"Oh sì, ha scoperto dei Guerrieri di Silente o una cosa del genere. Quella ingenua di una Corvonero ha parlato. Stupida!"
E invece no. Non mentiva affatto. Noi tutti membri dell'Esercito di Silente eravamo nei guai.

Iniziai a correre verso il castello.
Non avevo un vero obiettivo, non c'era uno scopo preciso. Non volevo lottare e né tantomeno permettere alla Umbridge di fare quello che voleva.
Ignorai Draco che chiamava il mio nome, intimandomi di fermarmi.
Ignorai il fatto che anche lui stava correndo dietro di me e che Goyle lo pregava di fermarsi o, perlomeno, di correre più piano.
Ignorai qualsiasi cosa non fosse importante in quel momento.
Dovevo andare dai miei amici. Dovevamo rimanere uniti.
Eravamo l'Esercito di Silente e, proprio come diceva il nome, se necessario, avremmo lottato.

Hidden words. |Draco Malfoy|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora