29. Charlotte

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La sveglia suona come tutte le mattine e mentre mi preparo per una nuova giornata, il mio telefono comincia a vibrare.

È Adriano. Che faccio?

Non so perché mi stia chiamando ora dato che teoricamente ci dovremmo vedere in sala prove.

Rispondo o non rispondo?

Rispondo.

- Pronto?- dico abbassando la voce per non farmi sentire da Andreas che si trova in cucina.
- Ciao. Hai detto che dobbiamo parlare.. Possiamo vederci alla piazzetta difronte al ristorante cinese fra 20 minuti?- chiede lui titubante.
- Possiamo vederci direttamente al lavoro- dico non comprendendo la sua risposta.
- Emh.. Senti, se vuoi mi trovi dove ti ho detto, altrimenti lascia stare- risponde irritato prima di attaccare il telefono.

Non viene alle prove neanche oggi.
La sua voce era molto strana, sembrava quasi irriconoscibile.

E ora cosa faccio? Ci vado o non ci vado?

Ci vado.

Anzi no. Che cosa dico ad Andreas? Non posso dirgli che sto andando da Adriano. Odio nascondergli le cose ma per questa cosa potrebbe solo infastidirlo inutilmente.
Meglio se gli racconto tutto.

Perché devo sempre essere così indecisa?

Va bene, ci vado. È solo un chiarimento, sempre se così si possa chiamare.

Prendo la mia borsa e mi dirigo verso la porta.

- Dove vai?- chiede Andreas preoccupato.
- Eh.. Sophia.. Sophia ha avuto un problema con la macchina quindi mi ha chiesto di passarla a prendere per portarla al lavoro- dico in fretta e furia cercando di sembrare credibile.

Odio questa situazione.

- Se vuoi posso andarci io- si propone lui.
- No, ci penso io- controbatto in tono deciso.
- Ok.. Vuoi che ti aspetti per andare al lavoro?- chiede poco convinto.
- Ci vediamo direttamente la- gli dico.

Apro la porta ma poco prima di uscire mi fermo. Corro da Andreas a dargli un fugace bacio a stampo e poco dopo esco di casa.

Forse l'ho confuso ancora di più.

Devo smetterla di mentirgli.

In macchina penso e ripenso a quello che dirò ad Adriano anche se in realtà non ho molto da dirgli. Voglio solo capire il perché non si è più fatto vivo.
Gli voglio bene e mi dispiacerebbe vederlo soffrire.
Simone me l'ha chiesto ed io sto facendo la cosa giusta, o almeno sto cercando di convincermi che sia la cosa giusta.

Arrivo circa cinque minuti prima e ne approfitto per prendermi un caffè al bar. Aspetto impazientemente Adriano e in cuor mio spero di vederlo sereno.

Mi siedo su una panchina cercando di tranquillizzarmi. Improvvisamente vedo Adriano apparire da una piccola via e mi alzo per vederlo meglio. Ha gli occhiali da solo indosso e cammina un po' incerto.
Si avvicina e l'immagine di un Adriano "normale" svanisce a pochi centimetri da me.

È diverso dal solito, molto diverso.
Si vede che ultimamente non si è minimamente preso cura del suo aspetto e dal modo di porsi non mi sembra molto lucido.

- Stai bene?- gli chiedo.

Lui accenna un sorriso ironico e si siede sulla panchina.

- Hai voluto incontrarmi per chiedermi se sto bene?- dice lui.
- Beh.. in realtà si- comincio io- ma da quanto vedo capisco che la risposta sia negativa- concludo sedendomi anche io.

Adriano non dice una parola ed io mi sento profondamente stupida.

- Ascolta, mi hanno detto che nelle ultime settimane non ti sei fatto vivo e sono preoccupati per te- lo informo io.
- Che carina che sei.. ti sei fatta portavoce delle preoccupazioni altrui..- controbatte lui acido.
- Non cominciare. Voglio solo parlare- continuo pacatamente io.
- Parlare di cosa? Di me? Del perché abbia deciso di lasciar perdere un po' di cose? Del perché io abbia diritto a farmi una vita? Oh. Se sei venuta qui per questo mi dispiace ma faresti meglio a tornare a fare la bella vita- dice arrabbiandosi.

C'è qualcosa che non va. Non sono le sue parole, dato che mi aspettavo una reazione del genere, ma è il modo in cui le dice.

Oh, merda.

- Hai bevuto?- gli chiedo preoccupata.

Non ricevo nessuna risposta.

- Hai bevuto?- chiedo nuovamente ma in tono ancora più intimidatorio.

Non risponde neanche sta volta.

- Oh mio Dio. Ma che ti passa per la testa? Ci hai combattuto così a lungo e ora ci ricaschi? No. Non te lo lascerò fare!- continuo arrabbiata.
- Ah si? E come pensi di fare? Tu non hai più diritto neanche a parlare della mia vita!- mi urla lui.
- E invece si! Sarò pure una stronza ma un cuore ce l'ho. Tengo a te e lo sai e non lascerò che ti rovini la vita, non di nuovo. Quindi, ascoltami bene, se hai da dirmi qualcosa dimmelo subito. Dimmi che mi odi, che vorresti non avermi mai conosciuta, che merito di soffrire e tutto quello che vuoi. Se questo ti aiuta, dimmelo. Ma non trattarmi come se non me ne importasse nulla!- grido.
- Ma cosa vuoi ancora dalla mia vita? Ti odio? Si. No. Non lo so. Odio me per averti lasciata andare, per non averti fatta innamorare. Mi odio per non essermi accorto della tua sofferenza. Eh si, odio anche un po' te. Odio Andreas, odio il mondo. L'alcol mi fa stare bene ultimamente ed ora come ora preferisco ricadere in tutto ciò che ho combattuto a lungo piuttosto che affrontare la realtà. Sono un vigliacco? Può darsi. Ma voglio lasciarmi tutto alle spalle!- controbatte deciso.

Rimango senza parole. Mi sento in colpa per ciò che gli ho fatto.

- Stai abbandonando anche il ballo. Fai della tua vita quello che vuoi ma non smettere di ballare. È la tua vita e lo sai bene. Smettila di nasconderti dietro a un dito e affrontami come si dovrebbe. Non è colpa tua, è mia. Ho fatto delle cose per cui non vado fiera ma sai benissimo che avrei fatto peggio a far finta di nulla. Spero che un giorno metterai da parte l'odio è darai spazio alla razionalità. Non puoi mollare tutto, non puoi ricadere nel tranello che ti ha quasi ucciso. Lo dico per te e sai che ho ragione- controbatto io.

Mi stanno uscendo le lacrime.

- Perché te ne sei andata? Non riesco ad andare avanti- dice con voce tremolante.
- Invece ci riuscirai. Promettimi che lo farai. Ti voglio bene e te ne vorrò sempre ma non lasciare che io sia il fantasma dei tuoi mali- concludo alzandomi.

- Come faccio?- chiede mentre sto andando via.
- Vai avanti a testa alta e continua a lottare. Io credo in te- dico prima di andarmene.

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