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Aprii gli occhi, perché nessuno si era peritato di chiudere la finestra, quindi una luce sbarazzina, invadente, sbruffona, entrava aggressiva per colpirci direttamente sul viso.
-Gabriel! - gli diedi una gomitata tra le costole e si svegliò di corpo, sobbalzando così violentemente che, per poco, non cadde dal letto.

Pessimo metodo, ottimo risultato.
-Cosa? - chiese, voce scura, impastata, ancora immerso in sogni profondi.
-È l'alba, forse anche più tardi: ti sei addormentato qui – balzò a sedere e mi guardò, cercando di trovare un senso alle mie parole.
-Aspetta, ho sempre bisogno di un po' di tempo, per svegliarmi, alla mattina – scosse la testa, sistemandosi i ricci.
-Qualsiasi cosa tu debba fare - dissi spintonandolo in modo ossessivo per farlo riprendere - falla in fretta, perché se a qualcuno viene la brillante idea di fare un salto a darmi il buongiorno e ti trova qui... sai che saranno guai.
-Ma dai, non verrà nessuno – mi rispose alzando le spalle.
-Ma se accadesse?
-Se accadesse, farei scudo col mio corpo al tuo e ti proteggerei.
-Neanche tu potresti proteggermi da loro. Nessuno potrebbe. Neanche Batman, o Superman, neanche Hulk. Mi perseguiteranno, mi troveranno. E il tuo corpicino non potrebbe mai contenere la loro ira – scossi la testa, in preda al panico.
-Vuoi sottintendere che non ho il fisico... - iniziò e sapevo che avrebbe cominciato un discorso contorto interminabile, pieno di pause e subordinate. Non avevo tempo per quelle cose, non avevo neanche il tempo di prendermi cura del corso dei miei pensieri, figuriamoci un po'.
-Per favore! Devi andare! - lo implorai, disperata.
-Hey – mi confortò, passandomi una mano tra i capelli. Mi strinsi di più a lui, chiudendo gli occhi: -Ti prego, per favore, vai. Se ti trovano qui, facciamo la fine di Romeo e Giulietta.
-Ok, dammi due minuti per mettermi qualcosa addosso – solo in quel momento, mi resi conto che era rimasto in boxer.
-Quando mai ti sei spogliato? - chiesi aggrottando la fronte.
-Faceva caldo – rispose, alzando le spalle.
In quel momento, ero troppo angosciata per cercare di ottenere altre spiegazioni.
Si alzò da letto senza opporre resistenza, ma, di scatto, lo trattenni per un braccio, si voltò e mi guardò perplesso:
-Non sarà sempre così.
-Così come?
-Così che te ne devi andare, in fretta e di nascosto, quando sorge il sole: prima o poi, io e te potremo dormire nello stesso letto senza preoccuparci di chi potrebbe mai interromperci. Perché nessuno ci potrebbe mai interrompere.
-Speriamo – commentò, espressione indecifrabile, incerto se lasciarsi andare o tenere, duro e puro, il proprio profilo.
-Sarà così. Sai che... sai che ci metterò tutta me stessa, per far funzionare le cose – gli sospirai in un alito di vita, mentre lui si alzava dal letto e il letto diventava, di colpo, di ghiaccio.
Mi coprii con le lenzuola e lo guardai rivestirsi in fretta e furia, come se l'intero inferno gli fosse alle calcagna.
Non dissi una parola, non respirai, non riuscii nemmeno a trovare il fiato per dirgli come mi sentivo, anche se avrei voluto aprirgli il mio cuore e tenerlo stretto a me, non solo per quel momento, ma per il resto dei giorni che ancora mi restavano da vivere.
Ovviamente non volevo cacciarlo dal mio letto, ovviamente avrei voluto che restasse, ovviamente mi sentivo inadeguata, pessima, sbagliata.
Si chiuse la patta dei jeans e mi guardò, del tutto vestito, mentre io ero ancora in pigiama, sotto le coperte.
-Non voglio turbarti.
-Allora non andartene così – sussurrai aggrottando la fronte.
-Così come?
-Così. - risposi semplicemente – Così come se ti bastasse voltarmi le spalle e far finta che non sia successo niente.

-Io... - si mosse a disagio, scuotendo la testa.
-Tu, cosa? - indagai, ostinata.
-Non mi sono mai addormentato accanto ad una ragazza, tenendola tra le braccia, senza farmela, senza..- arrossì all'idea del termine che aveva appena utilizzato - cioè... tu sei speciale e non perché sei la sorella di Claudio, o perché sei bellissima, ma perché sei tu, ho bisogno di te, sei necessaria come l'aria. Mi voglio davvero prendere cura di te: non voglio allontanarmi o allontanarti. Se mi chiedi di andare, me ne vado. Se vuoi che mi sbrighi, mi sbrigo. Se mi chiedi qualcosa, faccio di tutto per esaudire i tuoi desideri, se ti vedo in ansia, voglio far scomparire quella sensazione dal tuo viso. Voglio rendere felice la tua vita. Voglio farti felice. Voglio che tu sia tutto ciò che non sei riuscita ad essere. Ti voglio aiutare ad essere libera, indipendente, voglio solo vederti sorridere.
-Io sorrido se sei con me – ammisi, abbassando gli occhi.
Senza pensarci un minuto, un secondo, un nanosecondo, si tuffò sul letto, schiacciando il suo corpo contro al mio, forzandolo, esplorandolo, prendendone le misure.
-Tu sei sempre con me, anche quando non ci sei – mi lasciò un bacio disperato sulla fronte, mentre, nello stesso preciso momento, da fuori, risuonavano passi pesanti per le scale che portavano alla mia stanza.
-Devi andare – ci alzammo di scatto e lo spinsi verso la finestra, con una disperazione che non riuscivo nemmeno a spiegare, che non aveva nome, perché lui usciva e, nella mia vita, entrava il buio.
Qualcuno bussò alla porta, non sapevo se fosse mio padre, mia madre o qualcuno dei nostri camerieri o aiutanti, ma sapevo che Gabriel doveva andarsene.
E in fretta.
-Un attimo! - gridai spazientita verso la porta chiusa, mentre lui scavalcava il davanzale della mia finestra, pronto ad andare.
Prima di sfuggirmi da tra le dita, prima di svanire nel nulla lasciandosi alle spalle il suo profumo di uomo, prima di venire meno dai miei sospiri e alla punta delle mie dita, mi mormorò all'orecchio, così piano che feci fatica a capire:
-Stasera, alle dieci, fatti trovare qui pronta. Abbiamo un appuntamento. 

Un gioco da ragazzi - PRIMO INSTALMENT DELLA STORIA DI GABRIEL E CHLOÉDove le storie prendono vita. Scoprilo ora