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Addormentarmi tra le sue braccia era qualcosa di indescrivibile.

Paradossalmente la cosa più semplice e più sensazionale della mia vita, semplice come respirare, incredibile come vederlo attaccato al mio corpo come un'estensione, come una maledizione, come un sussulto, come il battito del cuore, che mancava, ogni volta che lo guardavo, così vicino a me.

Era stato facile sognare quel momento per anni, ora che lo vivevo era una cosa diversa.

Era un'emozione indescrivibile.

Era riemergere dal pantano.

Era tornare a vedere la vita con occhi diversi.

Era lui.

Ero io. Eravamo noi.

Erano i nostri respiri fusi, un ritmo al quale facevo fatica ad abituarmi.

Erano le sue braccia, che mi stringevano e mi facevano sentire al sicuro da tutto.

Eppure, quelle stesse braccia mi facevano sentire fuori dal mondo.

Non tanto per il gesto in sé, ma proprio per tutte le emozioni che provavo, mentre mi stringeva, forte, disperato, inconsapevole tra le braccia.

Calmò le mie lacrime con i baci, poi, quando mi fui calmata, mi baciò ancora, tanto per stare sul sicuro.

E, in fondo, anche un po' perché gli piaceva baciarmi, ammettiamolo.

Lo fece lentamente, senza fretta, perché dopo aver aspettato tanto, dopo sotterfugi e segreti, finalmente ora potevamo prenderci tutto il tempo del mondo.

Poi mi parlò a voce bassa, con la voce ancora più scura e roca del solito, quella che aveva dopo il sesso e che conoscevo, perché mi era risuonata nella testa per tutto il tempo in cui eravamo stati lontani.

Mi raccontò un sacco di storie divertenti, diversivi che mi distrassero dall'enormità che era appena successa.

Perché tutte le stelle del cielo erano collassate dentro a quella squallida stanza d'albergo, creando un'apocalisse di emozioni, di ricordi, di paure, di desideri frustrati.

Perché non trovavo le parole per dirgli di restare, per stringermi ancora, ancora un po' dentro al mio cuore, mentre socchiudevo gli occhi, mentre mi cullava, mentre mi faceva sentire a casa.

Perché, mi avessero detto che sarei stata di nuovo tra quelle sue braccia, non ci avrei mai creduto.

Perché non potevo amare più di così, non potevo sentire più di così, non potevo soffrire più di così.

Chiusi gli occhi e la roca melodia della sua voce profonda mi fece addormentare in un sonno sicuro, tranquillo, privo di sogni.

Mi parve di dormire dodici anni, senza sogni, senza pensieri, senza svegliarmi, nel cuore della notte, stringendo le lenzuola, spaventata per una scarica di fucile, per un grido lanciato all'improvviso, per un allarme che scattava, come il lamento malato ed isterico di qualcuno che invocava pietà, o anche solo una semplice tregua.

Persa in un'illusione, confusa, in pace.

Dopo qualcosa come una vita intera, una notte di sonno ininterrotto.

Aprii lentamente gli occhi, pervasa da una piacevole sensazione di languore: qualcosa tra fame, confusione, disorientata voglia di fare ancora l'amore e desiderio di coccole innocenti.

Misi a fuoco la stanza, che era sempre innegabilmente triste, squallida, misera.

Mi voltai a destra e vidi la metà del letto deserta.

Un gioco da ragazzi - PRIMO INSTALMENT DELLA STORIA DI GABRIEL E CHLOÉDove le storie prendono vita. Scoprilo ora