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Più tardi, a letto, tra lenzuola bianche sparse intorno a noi come nuvole di panna montata, tra le sue braccia, riposavo tranquilla, scacciati tutti i fantasmi, sconfitti i demoni di una vita, allontanate le paure, i timori, le insicurezze.

Mi aveva detto "ti amo", gli avevo risposto che lo amavo di più.

Aveva baciato il mio collo, facendomi venire i brividi.

Era stato naturale, incontrollabile, una scarica di adrenalina lungo la schiena.

Il solito senso di appagamento, di tranquillità palpitante dopo una tempesta, dopo avermi tolto il fiato, il senno, la voce.

Il verde dei suoi occhi scintillava nella penombra della stanza.

Le sue labbra rosa, gonfie per i baci.

La pelle calda, contro la mia, come una coperta profumata.

Poteva l'amore sistemare le cose?

Poteva bastare un sentimento nato anni prima e congelato per una vita intera a superare ogni difficoltà?

Poteva essere sufficiente per cancellare anni di dolori, delusioni, sacrifici?

Gabriel era ripiombato nella mia vita da poche settimane, eppure, in quei pochi, fugaci, giorni di sesso, chiacchiere, confessioni e peccati, era riuscito a cambiare tutta la mia vita, quasi non avessi mai avuto nessun problema o pensiero, da quando ero con lui: la mia vita era migliorata da quando ero ritornata tra le sue braccia.

Esaminai con cura il suo corpo nudo, con la curiosità di un territorio che ancora stentavo a chiamare mio, tracciavo con la punta delle dita i suoi muscoli definiti, i diversi tatuaggi che gli decoravano il corpo, all'improvviso, gli fece stendere il braccio e presi a percorrere con i polpastrelli il contorno delle sue grandi mani, il palmo, il dorso, le dita lunghe, le unghie cortissime, curate, un anello nero al pollice, un altro d'argento, all'indice dell'altra mano, poi tracciai una linea invisibile lungo le vene che scorrevano, blu, poco sotto la sua pelle, un neo, nell'incavo del gomito destro, il bicipite, pronunciato, fino a raggiungere quel tatuaggio che chiamava il mio nome.

Quelle lettere.

Le mie lettere.

Nere su pelle chiara.

Vergate con un trapano, anni addietro.

Quella notte, sul tetto di casa sua, con le lenzuola stese ad asciugare che ondeggiavano come fantasmi benigni alla leggera brezza d'estate, a parlare a mezza voce di noi, della nostra storia, di ciò che stavamo vivendo che era incredibile alla nostra età.

La corsa dal tatuatore, senza pensarci due volte.

Il suo sorriso sereno, mentre quell'energumeno infilava inchiostro sotto la sua pelle.

E quelle lettere, di nuovo.

Erano ancora lì.

-È ancora qui – mormorai picchiettando sul tatuaggio, con un sorriso dolce.

-Cosa? - chiese, distratto dal mio tocco leggero.

-Il tatuaggio con le mie iniziali, è ancora qui.

-Certo che è ancora lì.

-Se non ci fossimo mai rincontrati, l'avresti fatto coprire? O cancellare? - chiesi a mezza voce.

-Perché mai avrei dovuto? - domandò aggrottando la fronte.

-Non lo so. È ancora così assurdo esserci trovati dopo tutto questo tempo, trovare che il nostro sentimento non è cambiato nel corso degli anni, ma è rimasto lo stesso. Se non ci fossimo ritrovati, quel tatuaggio sarebbe rimasto lì a ricordarti che, anni fa, hai avuto una passione per una ragazza come tutte le altre...

Un gioco da ragazzi - PRIMO INSTALMENT DELLA STORIA DI GABRIEL E CHLOÉDove le storie prendono vita. Scoprilo ora