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In macchina, dopo quell'altalena di emozioni che entrambi avevamo sperimentato quella sera, Gabriel era particolarmente pensieroso.
-Dubbi? Ripensamenti? - chiesi, fingendomi ironica e spensierata, mentre, dentro, morivo.
Ci aveva ripensato?

Dopotutto, un ragazzo non si lasciava andare a discorsi del genere. Non era... ecco, non era da ragazzi. Ero troppo disturbata?
Troppo ingenua?
Troppo diversa?

Mi amava davvero in quel modo assurdo e totalizzante o l'aveva detto solo per riempire il silenzio? Mi amava ancora?
Mi aveva mai amata?
-Magari pensi che sia troppo complicato. Forse ti devo delle spiegazioni.

-Me ne devi molte – dissi, voltandomi del tutto verso di lui, pronta, forse rassegnata, ad ascoltare le sue spiegazioni, i giri complicati che faceva il suo cuore, mentre io trattenevo il respiro, perché, se solo m'avesse illusa per poi gettarmi via senza motivo, sarei morta.

-Devo essere protettivo, nei tuoi confronti.

-Credo di essere grande, ormai – lo guardai con un sorriso, ma mi resi subito conto che i sorrisi non erano adatti a quel discorso.
-So che sei forte, ostinata e cocciuta come un mulo – non seppi se prendere quella frase come un complimento o un'offesa, quindi preferii rimanere in silenzio, trattenendo il respiro, cercando di capire quanto potessi resistere, senza respirare – Ma sei anche molto giovane e mi sento in dovere di prendermi cura di te. E non perché hai diciassette anni, ma perché una parte di me ti rispetta e un'altra parte di me si sente in dovere nei confronti di Claudio. E, poi, c'è un'altra parte che... - si prese qualche secondo di tempo, deglutì a fatica e si riprese - Ti voglio raccontare della mia famiglia. Mia madre è rimasta incinta alla tua età. Mio padre, che si chiama o chiamava, non so, Aiden, aveva la mia età. È rimasto con lei solo qualche mese, nemmeno il tempo di vedermi venire al mondo. Beveva, come tua madre, a volte era così sbronzo, fatto, fuori di testa o tutte e tre le cose insieme che non riconosceva più neanche lei, neanche la ragazza che aveva messo incinta, a cui aveva detto "non sei un oggetto, non sei un passatempo". Beveva di tutto, a volte si faceva, anche se non ho mai capito di cosa. Tua madre è come mio padre: un pupazzo a pezzi, in lotta perenne per accettarsi e farsi amare. Solo che, invece di fare drammi, mio padre la picchiava. Le ha rotto un braccio. Le ha fatto un occhio nero, una volta. L'ha mandata spesso all'ospedale e lei, regolarmente, diceva di essere caduta dalle scale, di aver sbattuto contro ad uno spigolo, di essere molto maldestra. E aveva già me nella pancia. Era un rapporto malato, sbagliato. Lui era violento. A volte... Chloé, a volte ho paura di aver ereditato il suo gene. Tu mi hai visto, sai cosa voglio dire. Poi, un mattino, se n'è andato, perché avere una famiglia non era quello che voleva, anche se, probabilmente, nemmeno lui sapeva cosa volere. Ha semplicemente fatto un borsone con le sue poche cose e se n'è andato, senza lasciare un messaggio, un addio. Via, così, sparito nel nulla, svanito, dimenticato. Mamma non l'ha mai cercato e non lo cercherò mai nemmeno io, malgrado quello che dico, non è vero che mi importa di rivederlo, non mi interessa sapere che fine abbia fatto, tanto so che ha fatto una brutta fine, quelli come lui non hanno una seconda opportunità: poteva essere felice, poteva avere noi e ha scelto di seguire i suoi fantasmi, quindi va bene così. Mamma ha fatto tutto da sola, perché erano altri anni e non poteva contare sull'aiuto dei genitori, che l'avevano cresciuta come i tuoi hanno cresciuto te. Immagina. – sussurrò e, alla sola idea, mi venne la pelle d'oca - I miei nonni l'hanno cacciata di casa: una valigia coi vestiti e pochi soldi in tasca. Non le hanno dato una foto, un ricordo, nemmeno un ultimo abbraccio. Non so come ce l'abbia fatta. Fortunatamente è arrivato mio zio a prendersi cura di lei. Per me è stato un papà, per noi due un... beh, un'ancora di salvezza. Senza di lui, forse, non ci sarei. Forse non ci sarebbe nemmeno mamma, perché la puoi aver vista bellissima e piena di vita, ma io so che ha avuto momenti difficili. Zio ha qualche anno in più di mamma e aveva già una vita sua, un piccolo appartamento, una fidanzata, dei progetti, lavorava già, l'ha presa come segretaria, faceva piccoli lavoretti, poi, di sera, frequentava una scuola per prendere il diploma. E l'ha preso davvero, malgrado tutte le avversità. Dopo, s'è trovata un lavoro suo, adesso è segretaria d'azienda, niente di che, ma è sempre qualcosa di meglio di finire in mezzo ad una strada, con una valigia di vestiti e pochi soldi dati in carità.

Un gioco da ragazzi - PRIMO INSTALMENT DELLA STORIA DI GABRIEL E CHLOÉDove le storie prendono vita. Scoprilo ora