"Vieni. Andiamo di sotto. Ti preparo una camomilla cosi ti calmi un po e ti spiego ogni cosa"
Claudio prese la mano di Mario e incrociò le loro dita. La strinse forte per fargli capire della sua presenza vera e propria e iniziò a camminare verso le scale. Scesero giù di sotto. Mario si sedette sul divano e Claudio andò in cucina a mettere l'acqua a bollire. Nel mentre i minuti di silenzio aumentavano. Mario si chiedeva dentro se stesso come fosse possibile che quella donna fosse ancora in vita. E Claudio guardava le bollicine formarsi sul fondo del pentolino, sentendosi proprio in quel modo. Una bolla d'aria circondata da un calore pericoloso. Si sentiva cosi in questo momento. Protetto da pareti di carta che al minimo spiffero di vento sarebbero volate via. Protetto da una leggerissima bolla di vetro sottile che al primo urto si sarebbe rotta lasciandolo in balia del pericolo. Aveva una paura immane della follia che scorreva dentro le vene di Paola. Avrebbe potuto fare di tutto nelle condizioni psichiatriche nelle quali si trovava. E aveva paura che una volta saputa la verità, Mario non sarebbe stato in grado di avere la forza di lottare a denti stretti. Mario era un uomo con un grandissimo coraggio e una grandissima forza d'animo. Ma c'erano cose che lo impaurivano fino al punto da superare completamente la realtà di se stesso, rendendolo debole e senza la voglia di lottare o per meglio dire il coraggio.
Claudio prese due bustine di camomilla dalla dispensa, e le sistemò in due tazze. Ci versò dentro mezzo cucchiaino di zucchero e l'acqua che aveva messo a bollire che era ormai calda a sufficienza. Lasciò le bustine in infusione per qualche minuto e poi raggiunse Mario in salotto. Appoggiò sul tavolino le due tazze e si sistemò di fianco a Mario tirando le gambe del compagno sulle proprie per averlo più vicino. Aveva voglia di fargli sentire la propria presenza effettiva. Prese il plaid che si trovava sul divano e lo stese sui loro corpi. Era fine settembre e pur essendo quasi sempre calda la casa, la temperatura più fresca si faceva sentire. Stava cercando di prendere tempo. Non sapeva come iniziare e pensava alla frase per rompere il ghiaccio. Ma fortunatamente per lui fu Mario a fare il primo passo.
"Che significa che Paola è viva? Come fai a saperlo? Mi hai mentito fino ad ora sulla sua morte?"
Claudio rabbrividì all'ultima domanda. Come poteva anche solo pensare Mario, che lui gli avesse mentito su una cosa del genere? A che pro, poi?
"No Mario. Non ti mentirei mai e soprattutto su una cosa cosi importante. Vedi. Il giorno in cui è nata Megan le cose sono andate un po', diciamo, così, di fretta alla rinfusa. Era notte fonda. Mi ero alzato e gironzolavo per casa perché avevo avuto uno dei tanti incubi di cui ti ho sempre parlato e che continuo ad avere anche adesso. Stavo prendendo e respirando aria a pieni polmoni quando ho sentito un urlo provenire dalla camera da letto. Sono corso verso Paola e gridava dal dolore. L'ho scoperta per portarla all'ospedale ed era inondata di sangue. Mi sono raggelato. Non sapevo che cosa fare. Avevo una paura folle che fosse successo qualcosa a lei ma soprattutto che stesse succedendo qualcosa alla bambina..."
Claudio tremava anche adesso, raccontando di quel giorno. E Mario capì subito che ricordare quel giorno e la paura di quel momento lo facevano stare male. Ma lui aveva bisogno di sapere. Così per tranquillizzarlo prese la sua mano e la strinse forte. Gli avvicinò il viso e gli diede un bacio in fronte.
"Ci sono io. Mi stai solo raccontando. Stai calmo."
Claudio annuì. Fece un profondissimo respiro e continuò.
"...arrivai in ospedale Paola fu portata d'urgenza in sala operatoria dove rimase per ore che mi sembrarono giorni. E poi finalmente un infermiera uscì fuori con la bambina in braccio e mi disse che quella era mia figlia. Ero felicissimo ma allo stesso tempo terrorizzato perché non avevo avuto alcuna notizia di Paola e la risposta che mi diede l'infermiera quando chiesi di lei non fece altro che accentuare i timori. Mi disse di aspettare perché sarebbe uscito il medico. Presi la bambina in braccio per un po' e fu come toccare il cielo con un dito. Sentì tutto il peso della mia vita che mi trascinavo da tempo, sparire per qualche istante. Tutti i miei turbamenti svanire e tutte le ansie cessare. Una sola cosa non andò via. Il pensiero a te. In quel momento con lei in braccio non riuscì a pensare ad altro che a te, li vicino a noi. Poi l'infermiera interruppe tutto e riprese la bambina per portarla a fare i controlli. Rimasi li, per svariati secondi a fissare le pareti bianche di quel luogo. Poi uscì Monica. La ginecologa di Paola insieme allo psichiatra che l'aveva in cura. Mi dissero che era morta. Che da quando l'avevo lasciata lei era andata alla ricerca di questo psichiatra che l'aiutasse a superare il dolore della mia perdita e che quest'ultimo le aveva somministrato delle compresse che l'aiutassero a rimanere calma. Quando però venne a sapere della gravidanza interruppe ogni tipo di cura e smise di prescriverle portando Paola alla follia. Lei non più gestita da quei farmaci venne a cercarmi e bene o male sai come andò la storia fino alla tua partenza..."
STAI LEGGENDO
Ancora qui!
FanfictionClaudio, un assistente universitario Veronese e Mario uno studente Romano, si incontrano per caso ad una lezione universitaria. Claudio è un ventiseenne, fidanzato con Paola. Mario un ventireenne che vive con la sua migliore amica. Mario sa di esser...