7. L'INCONTRO

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Quanto tempo era trascorso da quando eravamo entrati nello studio dalla porta rossa?

La luce che entrava dalla finestra ormai sfumava verso l'arancione. Dovevano essere passate alcune ore ormai, ma il tempo era volato.

Avevo cercato di incamerare più informazioni possibili, eppure, nonostante la foga insistente con cui continuavo a fare domande, sentivo di non aver fatto molti progressi. Il nonno faticava a scendere nei dettagli, e dentro di me si faceva largo la convinzione che, piuttosto che dal suo carattere, la cosa dipendesse da una scarsa fiducia nei miei confronti. Possibile che anche lui non desiderasse parlarne con qualcuno? Che non volesse scoprire tutto, ogni cosa?

Solo alcuni punti erano abbastanza chiari, il resto restava avvolto in un alone di mistero impenetrabile. Davvero non sapeva niente di più?

Le risposte del nonno non riuscivano a scrollarmi di dosso l'idea che non mi stesse raccontando tutto quello che sapeva. Lui aveva iniziato a vedere solo da quando aveva acquistato la casa, cioè da quando si era trasferito dopo aver ottenuto il lavoro all'Università. Inoltre, mentre inizialmente aveva avuto solo qualche flash, breve e imprevedibile, con il tempo aveva sviluppato l'abilità di evocare le visioni quando desiderava. Come ci riusciva? Invidiai quella capacità che avrei voluto avere anche io. Per non farmi prendere sempre alla sprovvista. Per poterla vedere quando volevo.

"Panfilia?" chiese Adam riportandomi alla realtà.

Lui chiamava l'altro mondo Panfilia.

"Il nome non l'ho inventato io, compare nell'atto di vendita". Da un cassetto della scrivania estrasse una cartellina dai bordi consumati. La aprì e la appoggiò delicatamente sopra la confusione di fogli che riempiva il piano del mobile.

"Firmandolo sono entrato in possesso di tutti i beni della villa, mobili e immobili, o, sarebbe meglio dire, materiali e immateriali".

"Quindi tutto potrebbe essere collegato a questa casa..." Adam aveva lasciato volutamente in sospeso la frase e io non mi tirai indietro "Cosa vorresti dire?" mi affrettai a chiedere, infatti.

"Stando a questo documento, il proprietario della villa ottiene con essa la capacità di... qui dice testualmente oltrevedere la porta". Adam ci pensò un secondo e poi continuò "forse volevano dire oltrepassare, andare oltre...."

"No, non credo ci siano errori. Avrò letto quel foglio migliaia di volte e pensato ad ogni possibile interpretazione, ma alla fine ciò che vuol dire è esattamente quello che c'è scritto: il proprietario di questa casa ottiene la capacità di vedere oltre la porta di Panfilia..." poi concluse: "Non il permesso di andarci".

Mi guardava. "Forse però ora qualcosa è cambiato".

"Aver visto quella ragazza non significa che io ce l'abbia questo permesso!" dissi sulla difensiva. Non era possibile, non aveva senso! Oh mio dio! In quel preciso istante mi investì la certezza di essere completamente fuori di testa. Non c'era niente che avesse un briciolo di logica in tutta quella storia e il fatto che un vecchio di settant'anni da tutti ritenuto mezzo matto e il mio migliore amico la vivessero con me non mi consolava affatto. Stava solo a significare che non ero l'unico pazzo. Ma, stabilii, il fatto di non essere l'unico, non cancellava la possibilità di esserlo.

Oh cazzo! Cazzo! Cazzo! Cazzo!

Mi venne l'irrefrenabile impulso di voltarmi e andare via. Avrei lasciato lì il blocco con tutte le mie cose, avrei lasciato lì anche Adam e me ne sarei andato sbattendo la porta, se girandomi non avessi visto lei.

Mi bloccai, anzi, feci un passo indietro, preso alla sprovvista da quell'apparizione che più inaspettata non avrebbe potuto essere.

"Che hai?" Adam si era accorto che qualcosa non andava.

Io però non mi voltai, non volevo ripetere lo sbaglio che avevo fatto rispondendo ad Erica. Questa volta non avrei perso il contatto, mi dissi, e presi l'iniziativa.

"Sei qui per chiedermi qualcosa?" Glielo chiesi a mezza voce, ma con una naturalezza che mi sorprese. E mentre le rivolgevo la domanda mi accorsi anche che, per la prima volta, non la vedevo riflessa in qualcosa, ma lì, di fronte a me, a meno di due passi di distanza. Scosse la testa, lentamente, prima a destra e poi a sinistra. Aveva risposto! Calma Nat, respira! No, mi aveva detto di no. Ma allora perché diavolo era lì? Respirai ed espirai lentamente "Perché sei qui?" le chiesi con voce più sicura.

Qualche parola alle mie spalle mi fece capire che Adam e il nonno stavano assistendo senza davvero assistere alla scena.

Allungò il braccio e con l'indice mi indicò alla sua sinistra. C'era la porta lì, con la doppia serratura. Lo sapevo e quindi non mi voltai, le guardai invece il collo nel punto dove mi ricordavo che ci fosse l'albero. Riproduceva in miniatura quello intagliato nel legno. Erano uguali. Mi accorsi anche che quello che credevo un tatuaggio in realtà non doveva esserlo, perché guardandolo bene sembrava che fosse in rilievo sulla pelle. Una specie di cicatrice che formava un disegno. Rialzai gli occhi per guardarla in viso, era ancora lì davanti a me. Feci un passo verso di lei allungando la mano destra. Lei mi sorrise. Stavolta non potevo sbagliarmi. Le sorrisi di rimando ma non feci in tempo a fare un altro passo. Così come era apparsa, scomparve, lasciandomi lì, come un idiota, con un braccio proteso in avanti. In contemplazione.

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ANGOLINO AUTRICE
Ciao ragazzi vi lascio solo un saluto veloce e ci vediamo presto per un nuovo aggiornamento!
Spero che il capitolo vi piaccia!

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