15. NIA

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Non c'erano specchi nella mia camera.

Come avrei fatto a vederla?

A casa del nonno, però, l'avevo vista anche senza...

Quella semplice constatazione aveva innescato una serie di concatenazioni logiche che mi risucchiarono in un buco senza uscita. Infilai le mani nei capelli sfregando forte all'altezza delle orecchie. "Ah, maledizione!" dissi a voce alta.

"Sei davvero buffo!"

Mi alzai di scatto, balzando in piedi come un gatto spaventato. La penna cadde sul pavimento e io mi voltai verso il centro della stanza.

Era seduta a gambe incrociate sul letto e teneva il mio cuscino tra le braccia. Qualunque cosa indossasse sotto, la federa azzurra le lasciava visibili le spalle scoperte e un grosso collare color argento che aveva al collo. Era aperto sul davanti e sembrava un gioiello a metà strada tra un reperto archeologico e l'ultima invenzione hi-tech. Completavano il quadro un paio di pantaloni grigi, normalissimi, come se fosse anche lei una ragazza normalissima. C'era una scarpa sola, rossa, ai piedi del letto. Probabilmente se le era tolte sedendosi a cavalcioni, quindi l'altra doveva essere dall'altro lato, verso l'armadio. Ci misi un po', ma realizzai la situazione. Era incredibile il numero delle figure di merda che stavo collezionando. Ed era incredibile che stesse ridendo di me, di nuovo.

"Fai sempre delle espressioni così assurde che non riesco a non ridere" precisò.

"Bene, mi fa piacere" dissi seccato. Poi come se sentissi il dovere di giustificarmi "Mi stavo chiedendo come sarei riuscito a vederti, dato che qui non ci sono specchi. Ero preoccupato".

Non avevo migliorato la situazione, anzi.

"Ciao, eh" provai allora. Con Adam funzionava sempre.

Posò il cuscino.

Era un corpetto bianco.

"Ciao", rispose ricomponendosi.

Un brivido mi percorse la schiena. L'avevo sentito salire dalle gambe, dalle caviglie su su dietro le cosce, arrampicarsi fino alla nuca. Uno scatto involontario mi scrollò le spalle e mise fine al formicolio. Spalancai gli occhi. Non era un'immagine quella che avevo di fronte. E mi stava venendo incontro. Allungai in avanti la mano destra e mi lasciai investire dal calore della sua quando me la strinse. Senza pensarci la tirai verso di me, aprendo le braccia. Lei, spiazzata, perse l'equilibrio. La strinsi forte, senza sapere bene cosa stessi facendo. Sapevo solo che avrei dato qualsiasi cosa pur di continuare a vivere quel momento. Non mi importava di come mi sarei sentito dopo. Non mi importava nemmeno se fosse giusto o no. Se lo volesse anche lei o meno.

Ero l'egoista più felice del mondo e mi bastava.

Il freddo del metallo del suo girocollo attraversò la maglietta facendomi allentare la presa e permettendole di arretrare di un passo. Fissai l'albero sul suo collo e mi sembrò che le estremità del collare cambiassero forma, ma il movimento fu così veloce che mi chiesi se lo avevo visto davvero o se era stato frutto della mia immaginazione. Non dissi nulla perché non avevo il coraggio di guardarla subito negli occhi e, quando finalmente lo feci, lei stava osservando qualcosa alle mie spalle, sulla scrivania.

Ormai l'aveva visto.

Riuscii solo ad impedirle di sfogliarlo, prendendola di peso e spostandola di lato.

Eccolo, il momento in cui l'imbarazzo supera qualsiasi altra emozione, era arrivato.

"Non ho molto tempo" disse.

Ero contento che fosse stata lei a parlare per prima. Decisamente meno per il fatto che presto sarebbe sparita di nuovo e perché non sapevo che cosa avesse di così urgente da fare.

"Ok", risposi deluso, e cominciai a raccontarle cos'era successo dopo che ci eravamo salutati nel bagno. Non mi sembrò più di tanto sorpresa per le risposte evasive di Zoe, era come se se le aspettasse. Piuttosto mostrò interesse per il tentativo di scoprire quale fosse il modo per andare a Panfilia, e se Zoe avesse un'altra chiave. Mi chiese cosa aveva risposto e rimase per un pò in silenzio, completamente assorta in qualcosa che sapevo importante, ma di cui non ero ancora a conoscenza.

Non riuscii a trattenermi. Le feci a bruciapelo quella domanda che mi stava torturando fin da quando avevo sentito mio nonno parlarne. "Cos'è Panfilia, e dov'è?"

"Panfilia è una parte del mio mondo, e, per essere precisi, è la parte di sotto... o di sopra, dipende da come e da dove la guardi".

"Eh?" Sicuramente feci una delle mie facce "buffe" perché vidi che si stava trattenendo, ma in quel momento non riuscii ad apprezzare il suo sforzo per non ridere, perchè non ci stavo capendo niente e un po' mi faceva incazzare questo modo di parlare, della serie - ti dico le cose - ma non del tutto - così ti incasino - e in pratica non ti dico un bel niente!

In questo lei e Zoe erano uguali.

Perciò sfregandomi ripetutamente la fronte con i polpastrelli le dissi: "Senti, spiegami, perché altrimenti qui finisce che perdo la pazienza! Mi sono rotto di sentirmi sempre un idiota!"

Ci rimase male. Avevo anche alzato la voce.

"Hai ragione, scusa".

"No scusami tu. Di solito non..." ma non riuscii a finire la frase. Perché non era vero che non scattavo mai così. Mi capitava sempre, invece, quando oltrepassavo il limite massimo di sopportazione. Come succede a tutti del resto, non è che io ne fossi immune. Solo che con lei non avrei voluto, ecco. Cercai di nascondere la vergogna in un mezzo sorriso.

Funzionò.

"Sediamoci", disse.

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SPAZIO AUTRICE
MI PIACE TUTTO DI NIA, IL SUO SENSO DEL'UMORISMO, IL MODO IN CUI SI VESTE E, SOPRATTUTTO, IL TORQUE CHE PORTA AL COLLO! VI ASPETTO AL PROSSIMO AGGIORNAMENTO, PERCHE' E' DECISAMENTE ARRIVATO IL MOMENTO DI UNO "SPIEGONE"!

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