13. STRATEGIA E INGANNO

39 10 9
                                        


"Cominciavamo a preoccuparci" si affrettò a dirmi il signor West non appena rientrai in aula.

"Mi scusi prof, ora sto bene", ero imbarazzato più per lo sguardo di tutti che per la situazione in sé. Avvicinandomi al banco lanciai una rapida occhiata a Zoe, che mi sorrise e a cui feci un mezzo sorriso anch'io. Dovevo entrare nella parte, tanto valeva iniziare da subito.

"Non hai un grande aspetto!" bisbigliò Adam "è tutto ok?"

"Tranquillo, sai che miglioro sempre nel pomeriggio!"

Sentii Adam ridacchiare alle mie spalle. Perfetto, di sicuro non sospettava nulla.

Durante la lezione mi ritrovai a rimuginare sul fatto che non avevo detto nulla di Adam a Nia, ma, del resto, neanche lei mi aveva chiesto se c'era qualcun altro che potesse essere a conoscenza della situazione.

Adam... Sapeva ogni minimo particolare di quella storia, gli avevo sempre raccontato tutto, tranne degli ultimi incontri. Non era una questione né di fiducia, né di amicizia. Sapevo benissimo che senza di lui non avrei mai potuto fare granché, e magari gliene avrei parlato presto, forse l'avrei chiamato la sera stessa, ma per il momento volevo solo assaporarmi tutto quello che avevo condiviso con lei. Da solo. Ogni sguardo, ogni sorriso, il segreto dello specchio. Passai il resto della lezione a rivivere quei momenti, di nuovo e poi ancora, pensando a come comportarmi e arrossendo ogni volta che nella mia testa diceva "Verrò io stasera da te".

Dopo un po' decisi di tralasciare i viaggi mentali e contrariamente alla mia indecisione cronica, sfoderai un'inaspettata determinazione, e, quando suonò la campanella del pranzo, sapevo esattamente cosa fare.

"Andiamo prima che ti assalgano altri ficcanaso" disse Adam facendo strada a Zoe verso la mensa.

"Ciao, io sono Nat", le dissi come se fossimo due estranei. Lei doveva sapere di me almeno quello che sapevo io di lei. Ma le tesi la mano come se quella fosse una normale presentazione e gliela strinsi con un'enfasi tale che Adam non avrebbe mai potuto non approfittarne.

"Scusalo, è che non sta nella pelle. Tu non hai idea, non vedeva l'ora di conoscerti! Dio, sono mesi ormai che mi stressa..."

Ci contavo. Io sarò troppo riservato, ma Adam è un chiacchierone. E quando ha a che fare con una ragazza non si sa proprio trattenere.

"Non vi sareste mai aspettati di vedermi comparire così in aula stamattina, vero?" ci chiese con una naturalezza che gelò entrambi.

"No" rispondemmo in stereo.

"Io ci sono rimasto di merda" precisai.

"Ah, se n'è accorta tutta la classe!" bofonchiò Adam cercando di non ridere. In compenso scoppiò a ridere lei, e io me ne accorsi. Della differenza. La prima. La sua risata non era contagiosa. Sarà che ero a dir poco sbalordito dal modo in cui si era posta, così, come se fosse la cosa più normale del mondo. Più assurdo di così non avrebbe potuto essere! Non sapevo se era faccia tosta la sua o cos'altro, ma una cosa era certa, quella lì non era la ragazza che aveva popolato i miei sogni e ogni mio pensiero negli ultimi mesi. Notai che anche Adam la stava osservando pensieroso.

"Cos'è questo accostamento di colori allucinante?" disse guardandosi attorno, perplessa.

"Ti ci abituerai. Prima o poi. Forse...", le rispose Adam allungandole vassoio e bicchiere.

"Perché sei qui? Voglio dire, sono contento di vederti di persona, non fraintendermi, le tue apparizioni improvvise mi stavano facendo perdere ore di sonno, ma come mai hai deciso di comparire così... comparire, beh sì, dai, hai capito..." Annaspai.

Nella stanza c'era un gran casino e tutti parlavano a voce alta per farsi sentire. Noi, invece, in fondo alla fila per la cassa, ci fissammo per un po', in silenzio. Lei, seria, mi scagliò addosso una risposta che per poco non mi fece venire un infarto.

"Sei tu che hai complicato tutto con la chiave nella serratura sbagliata".

"Eh?" ero allibito.

"Non giriamoci intorno" disse calma. Sentii i suoi occhi che si piantavano nei miei. Feci fatica a reggere il suo sguardo. "Sono qui perché tu hai fatto qualcosa che non avresti dovuto fare".

Ovviamente dovevo sfruttare l'occasione. "E cosa di preciso?"

"Tentare di raggiungere Panfilia senza averne né il permesso, né il diritto".

Deglutire fu uno sforzo.

La fila aveva cominciato a scorrere più veloce e, arrivato il nostro turno, lasciammo lì a metà il discorso. Non sapevo cosa pensare. Non ero più nemmeno molto sicuro di voler sapere il resto. Pensai all'avvertimento e se ci sarebbero state delle conseguenze. A cosa dire ora. Alla fortuna di essere alla cassa, tra la gente, in quel momento. Al fatto che almeno, così vicino a lei, avevo la possibilità di osservarla bene. Se Nia non mi avesse avvertito non avrei dovuto fingere, perché ci sarei cascato, avrei sicuramente creduto che fosse lei. Quella giusta. La somiglianza era davvero impressionante. La voce era diversa, ma in fin dei conti quello era il giorno in cui l'avevo sentita per la prima volta, e così, di primo acchito, l'unica cosa che potevo fare era confermare che, pur essendo dello stesso colore, Zoe aveva i capelli più lunghi. Le arrivavano alle spalle, nascondendo tra l'altro il collo. Riuscii solo a intravedere quella che mi sembrò la cicatrice a forma di albero, ma non avrei potuto dire di esserne certo. Alla fine, comunque, che anche lei ce l'avesse o meno, non faceva differenza.

Perché lei non era Nia. Punto.

----------------------
SPAZIO AUTRICE

IN QUESTO CAPITOLO INIZIANO I GIOCHI TRA NATHAN E ZOE... CHI RIUSCIRA' AD AVERE LA MEGLIO?

ALTERDove le storie prendono vita. Scoprilo ora