22. INCASTRI

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Il nonno ci stava chiaramente aspettando. Era seduto nella stanza dalla porta rossa e quando entrammo nello studio ci fece subito cenno di sederci all'altro capo della scrivania. Il suo aspetto era cambiato, pensai guardandolo. Era più curato: i capelli erano sempre bianchi, certo, ma meno arruffati e il volto era rasato. Sembrava quasi ringiovanito.

"C'è qualcosa che vi devo dire". Stringeva tra le mani un diario con inciso in copertina l'albero. Era esattamente come il mio. "Quando mi trasferii qui e tutto iniziò trovai una scatola con al suo interno la chiave della porta, il contratto di proprietà della casa e due diari identici. Uno è questo. L'altro è sparito tanti anni fa".

"Forse..." lo interruppe Adam.

"Ma il punto non è questo" continuò il nonno non curandosi minimamente di lui. "Il punto è che dopo il nostro incontro l'ho ripreso in mano ed è successa una cosa che ha dell'assurdo".

"Ormai niente può stupirmi" replicai cercando di scacciare dalla mente la vista di Adam e Zoe che si baciavano per strada.

"Il diario era vuoto, è sempre stato vuoto, invece ora è scritto, come se qualcuno l'avesse compilato". Lo sfogliò con un veloce gesto della mano mentre il fruscio delle pagine accompagnava i nostri sguardi alla ricerca di un qualsiasi indizio.

Niente. Non si riusciva a leggere nulla. O meglio, le pagine erano piene di simboli ma non avevano alcun senso, la punteggiatura sembrava buttata a caso sul foglio e, per quanto ci sforzassimo, non riuscivamo proprio a decifrarne il contenuto. Ogni frase, sempre che di frasi si trattasse, iniziava ad una distanza diversa dal margine creando una specie di motivo ad onde che si ripeteva in ogni pagina.

Io e Adam ce lo passammo per guardalo con più calma, ma non ne ricavammo granché. Dopo un po', però, notammo che, anche se le scritte erano incomprensibili e i caratteri sembravano quelli di un alfabeto straniero, alcuni di essi tornavano più volte e che c'erano segni simili a parentesi graffe, apici e punti. "Potrebbe essere un codice" dissi.

"L'unica cosa comprensibile è questa" replicò Adam indicando un punto preciso della pagina. Sotto il suo indice c'era, scritta in maniera chiara e con i caratteri del nostro alfabeto, la parola "A L T E R" preceduta dal simbolo del cancelletto.

"Alter" lessi ad alta voce.

"Alter" mi fece eco lui.

Se anche il resto delle scritte aveva un significato, non lo aveva per noi.

"E c'è anche un'altra cosa" proseguì il vecchio prendendo la sua copia della chiave e porgendomela.

Guardandola capii che Adam mi aveva detto la verità. Le due chiavi si incastravano l'una nell'altra. La parte terminale di quella tradizionale era l'alloggio di quella di Adam, più piccola e ovviamente diversa, ma della stessa fattura. I colori infatti erano gli stessi, e anche i materiali: c'erano l'acciaio, il bronzo e l'argento. Ripensai alla prima volta che l'avevo vista, al fatto che il miscuglio dei materiali era indice del pregio di un oggetto che doveva essere molto antico. Ora invece mi ritrovai a pensare che le due chiavi fossero più che altro oggetti di design, un misto di archeologia e hi tech. Come il collare di Nia. Che strana coincidenza, pensai. No, non esistono le coincidenze, dissi a me stesso.

"Non riesco più ad usarla. Non lo so, forse qualcosa è cambiato".

"Non capisco" disse Adam

"E poi non riesco più a vedere, non ho più alcuna immagine di Panfilia" continuò il nonno.

"Cosa vuol dire che non riesce più ad usare la chiave?" insistette Adam

"Che non riesco più ad infilarla nella serratura!" tagliò corto spazientito.

"Non è possibile! L'abbiamo provata tutti insieme!"

"Quando hai avuto l'ultima visione?" gli chiesi io.

"Il giorno in cui vi siete presentati alla mia porta, poco prima del vostro arrivo". La sua voce malcelava l'irritazione che la cosa gli provocava, tanto che Adam si affrettò a domandargli "Sta forse insinuando che è colpa nostra?"

"No, ma secondo me, quando abbiamo provato la chiave nelle due serrature abbiamo fatto qualcosa che non dovevamo fare", gli rispose cercando di rimediare in qualche modo.

"O forse il contrario" dissi io infine. Le due chiavi si incastravano, e stranamente anche i miei pensieri. Mi alzai e andai dritto alla porta per verificare se la mia teoria fosse giusta. Entrava. La chiave entrava normalmente. E girava. "Come pensavo", dissi non senza soddisfazione.

Le facce di Adam e del nonno mostravano la loro perplessità come un enorme punto interrogativo.

"Sono io. Sono io il cambiamento" precisai.

"Cosa stai dicendo ragazzo?"

"Che è colpa mia se tu hai perso il tuo potere, nonno. E' perché adesso ci sono io".

"Faresti meglio a spiegarti" mi disse Adam spazientito. Lo vedevo che ci provava, si sforzava di capire, ma brancolava nel buio.

"Nia mi ha detto che secondo lei ho dei poteri, e che uno di questi è la capacità di eludere i guardiani".

"Sarebbe a dire?"

"Sarebbe a dire che se ormai è chiaro che i guardiani siete tu e il nonno, perché entrambi possedete una chiave, e servite tutti e due per aprire la porta, io invece posso fare a meno di voi".

Ecco, mi ero spiegato di merda. Ma me ne accorsi subito quindi mi affrettai a rimediare "Credo di avere il potere, e non chiedetemi né come né perché, di riassumere le vostre capacità e di poter aprire la porta da solo, utilizzando entrambe le chiavi. Anzi, a quanto pare, la porta ha subito delle modifiche con la mia presenza, quando l'altra volta abbiamo provato la prima chiave in entrambe le serrature. È per questo che adesso" puntualizzai guardando il nonno e restituendogli la sua chiave "non riesci più ad eseguire l'accesso".

"Aspetta un attimo. Hai tu l'altra chiave?" chiese lui interdetto, rivolto verso Adam.

"Sì" rispose lui sulla difensiva "ma ci tengo a puntualizzare che quando siamo venuti da lei non l'avevo ancora!"

"Credo che mi dobbiate una spiegazione".

"Pensaci tu" dissi secco ad Adam.

La chiave del nonno aveva aperto la prima serratura. Estrassi dalla tasca la chiave che mi aveva dato prima Adam. Sapevo cosa fare.

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