18. IN TRAPPOLA

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"Mi stai nascondendo qualcosa?"

Adam mi conosceva fin troppo bene. Forse ho sbagliato a non dirgli nulla, potevo almeno fargli una telefonata ieri sera, pensai aprendo la zip dello zaino.

"Perché dici?", gli chiesi come se niente fosse, mettendo i quaderni nel ripiano sotto al banco. Se qualcuno mi faceva domande scomode o non sapevo cosa dire spesso rispondevo a mia volta con una domanda, per guadagnare un po' di tempo e improvvisare una risposta qualsiasi.

"È da ieri che sei strano..."

"Non mi sentivo molto bene e poi lei, vedermela all'improvviso in classe, non è che non ci sia niente di strano, non trovi?" Di nuovo, un'altra domanda.

"Sarà, ma ho la sensazione che tu non mi stia raccontando tutto, e non mi piace".

Se avessi voluto davvero raccontare ad Adam di Nia quello sarebbe stato il momento giusto. E invece non gli dissi nulla. Me ne resi conto e mi sentii una merda.

Mentre mi sedevo arrivò Zoe che fece una deviazione verso di noi prima di andare al suo posto. Sorrideva, anche lei come se niente fosse e sedendosi sul mio banco disse a mezza voce: "Che ne dite ragazzi di fermarci da qualche parte dopo la scuola per fare due chiacchiere con calma?"

"Ci sto" disse subito Adam.

"Perfetto" confermai.

Voglio sapere qualcosa in più su Zoe. A che gioco sta giocando? E, soprattutto, perché si sta spacciando per Nia?

Andammo al solito bar, che aveva il vantaggio di essere vicino alla scuola e, cosa non trascurabile, faceva delle coppe gelato da paura.

"Con questo sole qualcosa di fresco diventa indispensabile", dissi per rompere la tensione. C'era troppo caldo per essere aprile, e noi eravamo accaldati e tesi. Ci sedemmo, ma nessuno di noi pronunciò una sola parola finché non arrivò il vassoio con le ordinazioni. Le bibite e il gelato servirono a riportare tutto a temperatura normale.

Fu lei a iniziare per prima "Ti sei ripreso dallo shock di ieri?"

"Non del tutto", le feci un sorriso e poi continuai "Sai, non me lo sarei mai aspettato, dopo anni a chiedermi se ero del tutto fuori di testa, vederti in aula in carne ed ossa per me è stato come uno schiaffone a mano aperta!" , poi deglutendo una cucchiaiata di gelato dissi "mmm, buona questa nocciola! Ne vuoi un po'?". Stavo facendo del mio meglio per apparire il più normale possibile, comprovare il fatto che l'avevo scambiata per Nia e fornire una qualche spiegazione al comportamento strano del giorno prima. Tutto secondo i piani, insomma.

"No, grazie, non mi piace la nocciola" rispose, poi, seria, disse: "Cosa sono di preciso queste visioni?"

Adam aggrottò le sopracciglia e lei specificò "Nel senso, cosa riesci a vedere?"

"Edifici, strade, cose strane, te e" mi fermai un attimo per raschiare il fondo della mia coppetta "la tua cicatrice" Mi era sembrato di vederne l'inizio, il giorno prima e Nia mi aveva detto che quello era il punto da cui sarei dovuto partire.

"Questa?" disse spostando il collo della camicetta.

"Sì, proprio quella. È un albero, vero?" Non so se Adam lo notò, io non dissi nulla e, anzi, cercai di non far trasparire in alcun modo il mio stupore. La cicatrice era lì, dove doveva essere e raffigurava lo stesso simbolo che aveva Nia. Ma al contrario, capovolto.

"Perché hai quella cicatrice? E perché è intagliata sulla porta dello studio di mio nonno?" mi affrettai a chiederle.

"Pensavo fosse un tatuaggio" si lasciò sfuggire Adam, guardandomi dubbioso.

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