Dovevo decidere che strategia adottare prima di ritrovarmi intrappolato in mensa senza sapere cosa fare.
Alzai la mano destra.
Non sapevo se mi faceva incazzare di più il fatto di dover attendere che fosse lei a comparirmi davanti quando le pareva o che non potesse darmi risposte che prevedessero più di una sillaba. E neanche quella, se vogliamo dirla tutta.
"Dimmi Nathan".
"Posso andare in bagno, prof?"
"Vai pure".
C'era qualcos'altro che dovevo sapere prima di poter fare qualsiasi mossa. Almeno tre erano le domande che mi stavano tormentando ma uno solo era il modo per ottenere quello che volevo: andare io a cercare lei.
Mi alzai.
"Non stai bene?" fece Adam un po' allarmato.
Mi girai e gli feci l'occhiolino per rassicuralo prima di uscire dall'aula.
Mi lanciai letteralmente lungo il corridoio e per un soffio non mi scontrai con un ragazzo che stava uscendo dalla classe a fianco alla mia. Mi guardò storto, e sicuramente continuò a farlo fin quando, sempre correndo, entrai in bagno, fornendogli probabilmente un motivo per quella fretta.
Controllai tutte le porte, per accertarmi che non ci fosse nessun'altro, e, per scrupolo, mi riaffacciai in corridoio per assicurarmi che non stesse arrivando qualcuno. Nessuno. Neanche il tipo di prima. Bene.
Rientrai e mi misi di fronte allo specchio. Mi venne d'istinto sistemarmi i capelli e schiarirmi la gola, come se dovessi tenere una conferenza, ma poi, in totale imbarazzo, dissi semplicemente:" Ci sei? Mi senti? Dobbiamo parlare!" La voce mi tremava come all'inizio di un'interrogazione. A vedermi così mi scappò da ridere, ma, superata la fase del riso isterico e quella successiva in cui mi vergognai come un ladro, continuai: "Tranquilla, parlo io, ma ho bisogno di vedere la tua faccia per avere delle risposte. Ti prego... Puoi sentirmi?"
Se quello era un appello, io stesso non mi sarei aiutato. Di sicuro mi sarei lasciato morire. Di vergogna, certo.
Capii di non aver avuto una grande idea e che era meglio tentare qualcos'altro. Di efficace, magari.
"Comincio a pensare che tu sia davvero pazzo, Nat!" dissi alla mia immagine riflessa. "Cos'è, adesso parlo anche da solo?" scossi la testa "non ho proprio speranze", continuai.
Entrò un ragazzo moro, il doppio di me, che si mise nel lavandino a fianco per provare a togliere una vistosa macchia da una maglia che doveva aver indossato fino a poco prima. Dopo aver trafficato un po' con il sapone mi guardò attraverso lo specchio chiedendomi: "Con chi stavi parlando?"
"Con me stesso".
Fece una smorfia.
"Non ti capita mai?" alzai la voce, scocciato.
Chiuse il rubinetto e se ne andò bofonchiando qualcosa di poco carino nei miei confronti.
"Perfetto!" Mi dissi di nuovo. "Ci mancava solo questa oggi!" Diedi un pugno all'aria con tutta la forza di cui disponevo e per poco non andai a sbattere contro il dispenser delle salviette.
Comparve nel solito modo.
Rideva.
"Sei qui per ridere di me?"
Mi ignorò e continuò a ridere. Aveva quasi le lacrime agli occhi e sembrava che nonostante gli sforzi non potesse fermarsi.
"Hai visto tutta la scena, vero?"
Senza smettere mi fece cenno di sì.
"La colpa è tua. Avresti dovuto arrivare subito quando ti ho chiamata!"
Niente, rideva ancora. Rideva così di gusto che pur non sentendone il rumore quella risata mi contagiò e anche io non riuscii a trattenermi e scoppiai a ridere. Rumorosamente. Come un cretino. Forse in quel momento non me ne resi conto, ma eravamo due incoscienti.
Due, appunto. Questo lo avvertii. Eravamo vicini e io non sentivo più quell'opprimente senso di solitudine che tutta quella situazione mi aveva messo addosso, come una sciarpa in piena estate, legata stretta intorno al collo. Quindi non mi importava di apparire stupido, in quel momento non mi interessava niente di niente, nemmeno che qualcuno potesse entrare e vedermi così. Semplicemente ridemmo insieme e io mi sentii, d'un tratto, come sollevato da un peso enorme.
Poi mi accorsi che mi stava guardando, in attesa, e capii che era pronta per le mie domande. Quindi presi fiato e iniziai.
"Quella ragazza nella mia classe, Zoe, tu sai chi è?"
"Sì"
Ok, un po' me lo aspettavo. Mandai giù.
"E lei sa di te?"
Si accigliò.
"Nel senso... sa che io e te parliamo? Sì, insomma, hai capito"
Strinse le labbra e arricciò il naso. Lo interpretai come un non so.
"Significa che non ne sei sicura?"
Sì.
"Dove sei ora? A Panfilia?"
Sgranò gli occhi palesemente stupita.
"Me ne ha parlato mio nonno ieri" spiegai "Sei a Panfilia?"
No.
"Allora sei qui?"
No.
"Dunque.. non sei nè là né qua" dissi seguendo il filo logico dei miei pensieri "sei in un altro posto ancora? Intendo un altro mondo?"
Sì.
Sobbalzai e per poco non mi ribaltai all'indietro. Non ero in grado di reggere anche qualcos'altro. Non riuscivo a venire a capo di niente e quel poco che sapevo, se davvero era reale, era sempre più confuso e incerto che sospirai avvilito. Avevo fatto qualche passo avanti ma era come se la strada da fare fosse aumentata.
Lei notò il mio sconforto e allungò la mano rivolgendo il palmo verso di me, ed io istintivamente vi sovrapposi al di qua dello specchio il mio. Uno strano brivido mi scosse dai polpastrelli alla schiena, e ritorno. Durò solo qualche secondo ma mi lasciò esausto. Staccai incredulo la mano dalla superficie riflettente cercando di fare il punto della situazione. Non ero ancora del tutto padrone di me stesso. Infatti barcollai e per non cadere dovetti appoggiarmi alla parete dietro di me.
"Cos'è stato?" Mi azzardai a chiedere.
"Frammenti di condivisione" disse, con troppa naturalezza per il mio cervello in quel momento. Non badai nemmeno al fatto che quelle erano le prime parole che mi diceva. "Le hai viste?" mi chiese.
"Sì". Eccome. Una miriade di immagini mi era arrivata in veloce successione, come in una sequenza cinematografica, flash, scene di vita, prima una poi un'altra, senza un nesso apparente, in un insieme inimmaginabile di particolari che mi investì gli occhi e la mente. Erano ricordi. Miei, in parte, ma non solo. Erano i suoi ricordi. I suoi pensieri. La sua voce. Dovetti sedermi. Solo dopo alcuni minuti il freddo del pavimento riportò alla normalità i battiti del mio cuore e ripresi anche a respirare normalmente. Lei, in silenzio, mi stava lasciando il tempo di capire, organizzare le informazioni, ritornare in me. Alzai lo sguardo, cercandola. Era sempre lì. Non era sparita questa volta.
Come un drogato corsi verso di lei appoggiando per primo il palmo allo specchio.
"Le immagini si interrompono a ... Ancora!" dissi fremendo "Proviamo ancora!"
----------------------
ANGOLO AUTRICEMI SONO RESA CONTO, SOPRATTUTTO LEGGENDO ALTRE STORIE QUI, CHE ALTER NON E' UNA STORIA DA WATTPAD, NON HA NESSUNA CARATTERISTICA TIPICA DELLE STORIE CHE FANNO MIGLIAIA DI VISUALIZZAZIONI E, SOPRATTUTTO NON PARTE CON IL BOTTO, ANZI, INIZIA MOLTO A RILENTO. IN REALTA' ALTER INIZIA QUI, CON IL PRIMO CONTATTO. QUINDI IL MIO "FRAMMENTO DI CONDIVISIONE" E' UN GRAZIE ENORME PER AVER LETTO FIN QUI!
STAI LEGGENDO
ALTER
FantasyLui vede cose che gli altri non vedono. Lei ha un segreto, probabilmente più di uno. Lui non sa ancora di cosa è capace. Lei appare all'improvviso. Lui è reale, lei forse no. Insieme danno alla parola ALTRO un significato inaspettato.