Lui vede cose che gli altri non vedono.
Lei ha un segreto, probabilmente più di uno.
Lui non sa ancora di cosa è capace.
Lei appare all'improvviso.
Lui è reale, lei forse no.
Insieme danno alla parola ALTRO un significato inaspettato.
Frequentavo l'ultimo anno e rientravo perfettamente nella media degli studenti dal minimo sforzo sindacale, uno di quelli a cui basta stare attento in classe per riuscire a cavarsela senza troppi sforzi. Anzi, cercavo di non farmi notare affatto per non avere noie. Mi ero abituato a non parlare apertamente di quello che vedevo e con il tempo avevo affinato incredibili tecniche di improvvisazione, inventando scuse perfette (e, soprattutto, plausibili) ogni volta in cui i miei comportamenti potevano risultare strani visti dall'esterno. Nessuno sapeva niente. O quasi.
"Ancora la tipa delle visioni?"
"Ti ho già detto di non chiamarla così che mi dà fastidio!"
"Scusa, non volevo mica offenderla... offenderti... sì insomma hai capito".
"Ma no, è che -tipa-delle-visioni- mi fa pensare di essere un po' fuori..."
"E dalle un nome allora, no?!"
"Ma dai! È imbarazzante..."
"Mmm... Comunque, tranquillo, non sei matto, ti serve solo una donna!"
"Aha... Sei simpatico oggi! A cosa lo dobbiamo? Ti consiglio di essere convincente perché le ultime due ore abbiamo il compito di inglese e dovrò decidere se passarti o meno le risposte..."
"Se la metti così... diciamo che per quanto tu possa essere completamente pazzo, io lo sono sicuramente più di te!"
"Ah sì? E sentiamo, per quale motivo?"
"Perché sono anni che ti sto ad ascoltare mentre mi racconti le cose più assurde e sono mesi ormai in cui l'argomento principale di ogni nostra conversazione è una ragazza che vedi, intravedi, sogni, percepisci o non so che altro, e che quando ti va proprio bene la vedi riflessa in uno specchio, ma in realtà non c'è! Anzi c'è. Non c'è. C'è ma non c'è... o forse è il contrario... Da quant'è? Tre mesi che va avanti?"
"Grazie per questa sintesi. Puoi ripensarci un attimo se vuoi, magari ti sei dimenticato qualcosa."
"Mmm, no. Sono abbastanza soddisfatto."
"Comunque non ho capito perché saresti più pazzo tu di me..."
"Perché ti credo."
"... Grazie".
"All'inizio, quando eravamo piccoli, credevo che fossero solo storie che inventavi e che mi raccontavi per gioco, così, per passare il tempo. Poi i tuoi racconti si facevano più dettagliati, c'erano i disegni e le volte in cui all'improvviso rimanevi bloccato con lo sguardo oltre il vuoto e pian piano ho capito che non avevi mai inventato niente. Diciamo che ti ho osservato parecchio..."
"Uau! Non sapevo che avessi certe inclinazioni."
"Smettila di fare l'idiota. Io stavo parlando seriamente e tu dovresti ringraziarmi anche solo perché non mi metto a ridere ogni volta che apri bocca."
"Mmm."
"Ok, ma... oggi in mensa paghi tu!"
Mi aveva sfilato il portafoglio dalla tasca posteriore dei jeans e correva lungo il corridoio sventolandolo con la mano destra.
"Sai, questa cosa ha un nome" gli urlai, accelerando il passo.
"Guarda che la storia del ricatto non attacca!"
Conoscevo Adam da sempre. Era l'unico a cui raccontavo tutto, con cui riuscivo ad essere me stesso. Avevamo frequentato le stesse scuole, lo stesso gruppo di amici, era sempre stato presente nella mia vita, uno spiraglio di normalità in mezzo a tante stranezze. Quando parlavo con lui mi sentivo quasi come gli altri. Quasi, certo.
Entrando in mensa mi chiesi a chi fosse venuta l'idea di utilizzare un azzurro pastello per le pareti quando i tavoli erano rossi e le sedie di un giallo molto acceso. Mancavano solo i disegni alle finestre e ognuno di noi avrebbe potuto pensare di essere tornato all'asilo. Cinque anni e non mi ci ero ancora abituato.
Feci la fila meccanicamente, con il vassoio in mano, seguendo Adam nel flusso di studenti troppo rumorosi per le mie orecchie. Alla nostra destra un gruppo di ragazze rideva perché una di loro aveva rovesciato dell'acqua addosso ad un'altra, che imprecava e minacciava vendetta. Guardai la scena, senza capire se si fosse trattato di uno sbaglio o se la ragazza con le trecce rosse l'avesse fatto apposta, ma la mia attenzione durò solo un attimo, perché mi estraniai di nuovo e l'unica cosa che riuscii a pensare era lei, lei e l'abito blu, lei e quello strano piccolo particolare sul collo, lei e l'incontro della sera prima. Lei.
"Sai, finalmente sono riuscito a vederla bene in viso." Addentai il pranzo senza chiedermi se quello che stavo masticando fosse davvero pollo come diceva l'etichetta. "Tu non puoi nemmeno immaginare quanto sia bella, perfetta. Non ho chiuso occhio stanotte. Ecco guarda tu stesso."
Mi pulii le mani e gli allungai il blocco, facendo un po' di spazio tra i vassoi. Decine e decine di fogli, schizzi fatti a matita, carboncino, penna. Tratti morbidi e allo stesso tempo frenetici. Dettagli. Particolari.
E un ritratto...
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"Ma quando li hai fatti?"
"Stanotte, ho disegnato per ore!"
"Guarda qui! Ci credo che non hai dormito!"
"Allora, che ne dici?"
"Pensavo avesse i capelli più lunghi..."
"Tutto qui?! Che ne hai fatto del tizio che cinque minuti fa mi stava dicendo che mi crede?" Mi aspettavo una reazione diversa, più, come dire, partecipe...
"Non so che dirti. In tutti questi anni non hai fatto che fare disegni e annotare ogni minimo particolare. Mi stavo chiedendo... Per quanto potrai andare avanti così? Non sei stanco?"
"Ora che l'ho vista no. Era così vicina questa volta, così reale. E ho questa sensazione... Era reale Adam. Lei non è un sogno. E io... è come se... mi mancasse un... come faccio a spiegartelo? mi manca qualcosa che mi permetta di unire tutto... Devo sapere."
Adam restò in silenzio per il resto del pranzo, impassibile.
Il compito era iniziato da un'ora e me ne sbattevo delle domande di inglese, ma, come facevo di solito, mandai un biglietto ad Adam, seduto nel banco dietro al mio. Stavolta non c'erano risposte da copiare, ma una domanda, che più che altro suonava come una richiesta d'aiuto, disperata. Roba da vergognarsi un po'. Ma me ne sbattevo anche di quello.
-NON MI HAI ANCORA DETTO QUELLO CHE NE PENSI...-
Tempo un minuto e il biglietto tornò indietro con una buffa faccina arrabbiata e tre frasi:
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Perfetto, pensai. La prima ora l'avevo persa a cercare di decifrare il comportamento di Adam. La seconda, l'avrei passata tentando di indovinare quale fosse questa sua idea...