12. LEI E L'ALTRA

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In piedi davanti allo specchio aspettavo. Di sapere.

Sentivo il bisogno di incastrare tutti i pezzi e scoprire finalmente il significato di ogni singola, assurda visione.

Ero pronto. A sapere tutto, di lei e del mondo che mi aveva mostrato. Volevo capire se prima o poi avrei potuto starle di fronte, davvero. E dovevo assolutamente sapere perché io, perchè solo io potevo vederla e perché proprio ora aveva deciso di parlarmi, sapere com'era possibile trasmettere dati attraverso uno specchio, e, soprattutto, se per lei io ero speciale come lei lo era per me.

"Non posso" mi disse "non sono più in grado ora. Scusami".

L'imbarazzo che seguì fu più forte della delusione e mi impose di dire subito qualcosa.

"Non ne avremmo avuto comunque il tempo. Devo tornare in aula, è da troppo che sono fuori ormai".

In effetti era vero.

Nonostante il mio tentativo il suo viso si incupì.

"Mi dispiace", disse abbassando lo sguardo.

Tolsi la mano dallo specchio e mi uscì un sorriso timido, impacciato, ma che in realtà voleva farle capire che era tutto ok, che andava bene lo stesso. "Sono felice di aver sentito la tua voce". Poi, preoccupato, "Quando potremo parlare di nuovo?"

"Verrò io stasera da te".

Arrossii, come se mi avesse dato un appuntamento. Non so se se ne accorse, ma di sicuro io feci uno sforzo enorme per apparire naturale.

"Cosa devo fare ora? Come mi devo comportare con questa Zoe?"

"Fingi che lei sia io. Dille delle visioni e mostrati contento di poterla finalmente incontrare. Fai molte domande, chiedile spiegazioni, dobbiamo scoprire il vero motivo che l'ha portata lì."

"Tu non lo sai?"

Non rispose.

"Allora perché mi hai detto che sono in pericolo?" azzardai.

"Perché non so di preciso cosa l'abbia spinta ad abbandonare Panfilia, ma qualunque cosa sia, di sicuro, non è niente di buono". La sua risposta era secca, nessuna replica.

"Ok, ci proverò" dissi sapendo che era l'unica cosa da dire.

"Grazie".

Poi, come se avessi paura di essere giudicato troppo invadente, esitai prima di farle la domanda: "Perché... ti somiglia così tanto?"

"Perché lei è l'altra me", rispose semplicemente.

"Quindi tu sei?" Finalmente glielo stavo chiedendo.

"Nia, mi chiamo Nia".

Mi si illuminarono gli occhi. "Ora che non sei più solo la-tipa-delle-visioni ti sento meno lontana".

Mi guardò perplessa.

"Niente, niente, non farci caso".

Ma le avevo detto davvero quella frase? Idiotaidiotaidiotaidiota!

"Ora torno in classe" dissi salutandola malvolentieri "Ciao".

Non saprei quantificarlo ma mi costò tanto fare quel passo verso la porta.

"Ciao", rispose lei prima di sparire.

Uscii dal bagno pensando che quella era la prima volta che ero io il primo ad andarmene.

Non era male.

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SPAZIO AUTRICE

FINALMENTE AVETE CONOSCIUTO NIA! IO LA ADORO!


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