Capitolo 11

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A soli cinquanta chilometri di distanza da casa mia, le strade sono completamente malridotte e le periferie sono anguste e spaventose.

Mi rifugio in motel lungo la strada e richiedo una stanza e un parcheggio coperto per la mia auto che già non è passata inosservata ad alcune facce losche.

La signora grassotella alla reception mi mostra con gentilezza il garage privato che mi costa quaranta dollari al giorno e una piccola stanza dove potermi sistemare e darmi una rinfrescata.
Non è il massimo dell'eccellenza, ma posso farmelo bastare.
Tra poche ore ho l'appuntamento con Sarah al bar e spero proprio di trovarci J.

Sto in ansia e in completa agitazione.
Mi ripeto una serie di discorsi e domande da fargli, anche se il mio timore più grande è quello di saltargli addosso e non staccarmi più da lui, bisognosa di un suo lungo abbraccio.

Il mio telefono non smette di suonare e interrompe troppo spesso il filo dei miei ingarbugliati pensieri.
Mia madre mi ha mandato una serie di messaggi avvertendomi del fatto che chiama la polizia se non continuo a non risponderla. Poi è la volta di Brenda che mi da della completa rincoglionita e che ho sbagliato totalmente a fare questa mossa.
E infine mio padre. Un semplice e conciso messaggio.
"Avvertimi se hai bisogno di aiuto"

Sbuffo e mi tuffo sul letto, rispondendo solamente al messaggio di mia madre.
Ma più di dirle che sto bene e che non deve preoccuparsi, non so proprio cosa scriverle.

E poi è la volta delle paranoie mentali.
E se J mi rifiutasse? E se mi sputasse in faccia tutta la verità confermando la versione di Andrew? E se mi dicesse che non mi ha mai amata e che mi ha soltanto usata? Cosa farei?

Mi tormento il labbro inferiore con i denti per colpa di questa agitazione che non fa altro che crescere.
Non riesco nemmeno a mangiare qualcosa per quanto il mio stomaco si sia chiuso drasticamente.

Ma le 18:00 sono quasi vicine e chiedo alla signora del motel dove posso trovare il Revolution Bar.

«Devi proseguire dritto per questa strada. Puoi raggiungerlo facilmente anche a piedi. Impiegherai all'incirca dieci minuti. È una strada completamente dritta e troverai un'insegna luminosa sulla tua destra»

«Grazie mille. Lei è davvero molto gentile»

«Non c'è di che. Anche se non ho ancora capito cosa ci fa una come te in quartiere del genere... E perché ti interessa proprio il Revolution bar che è frequentato per lo più da spacciatori, drogati e ubriaconi...» mi guarda di sottecchi e abbasso lo sguardo alla ricerca di una buona risposta.

«Beh, perché ho bisogno di un lavoro» faccio spallucce e un innocuo sorriso.

La donna sbuffa incredula «Ti presenti con quella macchina di lusso, paghi con una American Express e vuoi farmi credere che hai bisogno di un lavoro?»

Divento rossa come un peperone e mi ammutolisco all'istante.
«Beh, comunque sia: stai attenta. Non è un posto per te questo e tieni gli occhi bene aperti» mi consiglia sincera e vado via ringraziandola con un timido sorriso.

Una volta fuori da motel, segue le indicazioni della donna e percorro la strada dritta per una decina di minuti.

Beh, questo quartiere è completamente degradato e povero.
Pozzanghere e puzza di smog che regnano sovrani e visi loschi che mi inquietano parecchio.

Ma finalmente l'insegna mi appare davanti come una visione celestiale e svolto nella freccia indicata. E pochi metri dopo sono arrivata al Revolution bar.
Un bar fatto completamente di legno e che trasuda paura e pericolo già da fuori.

Rapita - parte 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora