Capitolo 17

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Al mio risveglio è già mattina e vengo accolta da un dolce profumo.
J ha appena posato sul tavolo un vassoio di brioche calde e fumanti.

«Mmh, mi coccoli già di primo mattino» scherzo lanciandogli un'occhiata maliziosa e troppo affamata, sia di lui che delle brioche.

Mi sorride e si avvicina a me.
Mi stringe i capelli dietro la nuca per far alzare la mia testa verso la sua.
«Hai bisogno di recuperare energie» risponde con voce roca per poi stamparmi un delizioso bacio sulle labbra.

Mi fa vorticare leggermente la testa e sorrido nel constatare che stia continuando a lasciarsi andare.

«Oggi ti aspetta una giornata un po' fuori dalle regole» aggiunge facendomi l'occhiolino.

«Cioè? Vuoi farmi conoscere il tuo stile di vita?» azzardo prendendo posto a tavola e mordo una brioche.

«Certo...» si mette alle mie spalle e inizia a massaggiarmi il collo «Capirai un po' cosa succede da queste parti»

Socchiudo gli occhi e mi lascio massaggiare, ricordandomi delle condizioni accettate ieri.

J vuole che provi sulla mia pelle il suo modo di vivere. Forse vuole farmi capire quanto sia difficile e se mi conviene o meno accettare di stare con lui.
Ma non vuole proprio capire che io sono in grado di accettare qualsiasi condizione pur di stare con lui. Non ho paura di nulla e sono disposta a tutto.

Per quanto possa ferirmi, mandarmi via, impormi delle scelte... Beh, l'idea che ho di lui non cambierà mai!

E posso sembrare pazza e stupida, ma non mi interessa perché quello che provo per lui va oltre ogni schema logico e razionale.

Mia madre se ne farà una ragione... Mio padre non è neanche il mio vero padre...
Non devo dare conto a nessuno.
Questo è il mio posto!

E dopo la nutriente colazione, J mi fa salire in sella alla sua motocicletta e si dà il via a questa nuova vita che ho deciso di intraprendere.

Ho messo via carte di credito, vestiti griffati, i gioielli, capelli perennemente in ordine e le scarpe col tacco.
Benvenuti jeans, denaro sporco e in contante, scarpe ginniche e capelli legati.

«I soldi da questa parte li facciamo in questo modo... Altro che attività commerciali come il bar. Quello serve a far circolare la roba senza problemi... Ma gli extra, piccola Elinor, sono sempre i benvenuti» mi sorride insolente ed entriamo in uno squallido locale aperto 24h.

Spogliarelliste, musica assordante, uomini ricchi e depravati e puzza di alcol.
Mi fa strano vedere gente di un certo livello frequentare posti del genere...

Le ragazza sui palchi sono praticamente quasi tutte nude e la maggior parte di questi uomini ben vestiti le guardano con la bava alla bocca mentre infilano banconote nei slip microscopico.

J cammina davanti a me e Ed alle mie spalle.
Non alza gli occhi su nessuna di questa donna, ma sembra scrutare a fondo ogni tipo di uomo.

Ha un'andatura disinvolta, sicura e la sigaretta tra le labbra gli dona un fascino davvero surreale.

Ogni giorno conosco un pezzo di lui e finisco per innamorarmene ogni volta sempre di più.

J finge di urtare un uomo con un bicchiere pieno di un liquido ambrato che cola un po' sul pavimento.
J alza la mano in segno di scuse mentre l'uomo gli lancia un'occhiataccia urlandogli di guardare dove mette i piedi, ma non appena si allontana mi è chiaro quello che ha appena fatto.
J gli ha appena rubato l'orologio e quel tizio non si è accorto di nulla. Beh, nemmeno io ho visto come ha fatto ma ci è riuscito e se lo infila in tasca senza timore.

Poi è la volta della barista.
J si ferma al bancone, io alle sue spalle. Non so bene cosa fare.

Ed gira intorno e raggiunge la ragazza che serve da bere. Ho il sospetto che lei sia al corrente di tutto quello che sta per accadere.

«Come stai, tesoro?» le sorride J mentre lei sembra davvero presa da Ed che l'abbraccia da dietro e le stampa un bacio sul collo.

«È sul retro, nel suo ufficio con la puttana di turno... Vi conviene sbrigarvi» dice lei attenta non farsi sentire da nessuno, anche se non c'è il rischio perché la musica qui è davvero spacca timpani. A stento sono riuscita a leggerle il labiale.

J la ringrazia e fa un gesto ad Ed di seguirlo.

Ovviamente li seguo anche io, svoltando sul retro del bancone dove c'è una porta con su scritto "Privato"

Ma J apre lo stesso e Ed prende la pistola che aveva per metà conficcata nell'orlo dei pantaloni.

Spalancano la porta e il tipo all'interno, nudo come un verme, che dovrebbe essere il titolare del posto, urla spaventato coprendosi i gioielli e lascia perdere la donna di colore che si stava scopando.

«Disturbo qualcosa?» J se la ride mentre Ed punta la pistola contro quell'uomo.

La donna, con una folta capigliatura riccia e scura e due tette enormi messe al vento, ci guarda spaventata.

J le indica la porta e lei non perde tempo per fuggire.

«Che cazzo volete? Ma chi cazzo siete?» urla il tipo che inizia a sudare come un animale.

«Dov'è la cassaforte?» J si guarda intorno.

«Andate al diavolo, brutti stron...» ma Ed non gli permette neanche di fargli terminare la frase che lo colpisce con un pugno dritto sul naso.

Il tipo cade in ginocchio con il sangue che gronda dal naso finendogli anche in bocca. Cerca di ripulirsi, ma Ed con un calcio lo fa stendere a terra e lo tiene bloccato contro il pavimento, a pancia in giù, con un piede saldo sulla schiena e la pistola sempre puntata.

Ed è grosso e mette paura.
Non conviene al tipo di fare qualche mossa azzardata.

«Dov'è la cassaforte?» ripete J abbassandosi verso di lui per guardarlo in faccia.

Il tipo sputacchia sangue sul pavimento «D-dietro quel quadro» alza gli occhi verso un falso di Monet e J gli da una leggera pacca sulla guancia per ringraziarlo.

Si avvicina al quadro e lo sposta, trovandoci dietro la cassaforte che non è nemmeno chiusa.

La apre e con naturalezza prende tutte e sei le mazzette di soldi perfettamente rilegate con una strisciolina di carta. Prende anche i due orologi d'oro e getta a terra una cartellina con dei documenti dopo averla controllata.

Si infila tutto nelle tasche del giubbino di pelle e ringrazia il tipo con sarcasmo che Ed colpisce alla nuca con una cozzata di pistola, lasciandolo steso e svenuto sul pavimento.

Usciamo richiudendo la porta e mentre andiamo via, J lascia sul bancone del bar due banconote da cento dollari che la barista si infila silenziosa nell'orlo dei pantaloni.

E fuori dal locale lascia una mazzetta intera a Ed che si dilegua senza pronunciare parola, dopodiché mi fa cenno di salire con lui sulla motocicletta.

Sono un po' frastornata e non so cosa dire.
Eppure mi aspettavo di vedere un J così spietato e senza paura, solo che immaginarlo e completamente diverso dal vederlo dal vivo.

J mi da una pacca sulla coscia non appena mi posiziono dietro di lui e prima di immettersi in strada mi dice «E ora ti insegnerò un po' di cose»

Rapita - parte 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora