Capitolo 34

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Questo silenzio mi mette una strana agitazione. Non sento il volume della TV e nemmeno Evelyn che fa qualche mansione domestica. Nulla di nulla. E deglutisco prima di posare il piede sul gradino sottostante, ma poi ci ripenso e ritorno in camera a prendere il cellulare che si è ricaricato un bel po' durante il mio sonnellino pieno di incubi. Ci trovo qualche messaggio della segreteria e scopro che J mi ha cercato un paio di volte dopo la chiamata interrotta che gli ho fatto fuori dalla caffetteria, e quindi riprovo a richiamarlo ma purtroppo non risponde. Ci riprovo ancora ma il suo telefono continua a squillare a vuoto.

Forse mi sta ignorando? Ma non avrebbe provato a richiamarmi, giusto? Quindi si è messo in qualche guaio?

Questi pensieri mi agitano sempre di più!
Ma perché sono venuta in questo postaccio a complicare solamente le cose?
A casa mia dovevo rimanere! Stupida! Stupida! Stupida!

Compongo il numero di mio padre e mi risponde dopo neanche uno squillo completo.
«Elinor, sono quasi arrivato. Va tutto bene?» mi tranquillizzo all'istante.

«Sì, papà. Ti aspetto! Non fare tardi»

«Sarò presto da te, figlia mia»
E queste sue parole mi riempiono ed emozionano come non mai.

Sono contenta di essere riuscita a superare tutte le incomprensioni con lui.
Ora siamo più legati di prima e siamo consapevoli che, nonostante il sangue diverso, non possiamo cancellare tutti i momenti felici vissuti insieme.
Odiarci non ci porta a nulla.
Lui mi ha cresciuta, mi ha amata e mi ha accudita.
Io l'ho sempre ammirato, stimato e imitato.

Abbiamo costruito insieme una vita fatta di sorrisi e bei ricordi. Perché non costruirne altri?

Riattacco la chiamata dopo avergli ricordato che gli voglio bene e con un sorriso decido di raggiungere Evelyn e Frank al piano di sotto. Magari avranno anche qualche notizia su J.
Per quanto lo sto odiando per quello che mi ha nascosto, non posso comunque dire di non essere preoccupata.

Scendo al piano di sotto tenendo l'orecchio teso a captare qualche rumore. Riesco a sentire dei passi e mi rassicuro pensando che Evelyn stia smanettando con qualcosa in cucina. Quindi scendo spedita gli ultimi gradini e supero il corridoio «Evelyn hai notizie di J? Forse mi sto preoccupando per nulla...» ma mi blocco all'istante e mi porto le mani sulla bocca non appena vedo la scena raccapricciante ai miei piedi.

Evelyn è stesa a terra, in una pozza di sangue con la gola sgozzata. Gli occhi spalancati e vuoti puntati in un punto davanti a sé.

Il sangue e lucido e cola ancora fresco sulla sua pelle.
Vorrei poter fare qualcosa, ma mi sento completamente bloccata.
Le mie mani, i miei piedi e la mia voce sembrano cose che non appartengono più a me e la mia testa inizia a pulsare dolorosamente. Perfino respirare mi diventa difficile e gli occhi mi si inumidiscono per colpa della paura che mi sta assalendo.

Inizio a guardarmi intorno interamente presa dal panico.
Sento il cuore battere forte e veloce, e l'aria che diventa man mano sempre più opprimente.

Vedo due gambe stese che spuntano da dietro il tavolo e inizio a camminare, costringendo i miei piedi a prepararsi per la fuga.

E non appena riesco a vedere il corpo completo di Frank inerme sul pavimento e anche lui con un taglio profondo sulla gola, il rigurgito di tutti i succhi gastrici mi sale in gola provocandomi un bruciore intenso e fitto.

Mi devo appoggiare allo schienale della sedia accanto al tavolo per non cadere a terra e per cercare di tenere a bada questo vomito che mi riempie sempre di più la gola.

La testa comincia a vorticare pericolosamente e mi chiedo di chi siano stati i passi che ho sentito poco fa.

L'assassino è ancora qui e devo scappare all'istante!

Con gesti meccanici riesco comunque a prendere il cellulare dalla tasca dei pantaloni e digitare, con la mano tremolante, il numero della polizia.

Il fiatone diventa sempre più pesante e profondo, e il sangue mi pulsa nelle orecchie impedendomi di udire qualche altro rumore provenire da questa casa.
Ma non posso rimanere un attimo di più qui dentro e aspetto pazientemente che qualcuno rispondi al telefono, e intanto mi faccio strada tra tutto questo sangue schizzato per raggiungere la porta. Ma il rumore pensanti di alcuni passi alle mie spalle mi fa raggelare il sangue nelle vene e bloccare di colpo.

«Non ti disturbare a chiamare J, a quest'ora dovrebbe essere già morto» dice con calma quella voce. La sua voce!
E mentre sto per voltarmi e per trovarmi ancora una volta faccia a faccia con l'uomo che ha distrutto il passato di J e che ha deciso di distruggere il mio presente, qualcosa di duro mi colpisce la testa e le forze mi abbandonano all'istante.

Rapita - parte 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora