57.

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Spazzolo i capelli un'ultima volta, in un gesto di nervosismo ed agitazione. So che quando uscirò dalla porta della stanza comincerà la mia recita, dovrò interpretare una parte che conosco ormai bene e questa volta dovrò essere più convincente.
Abbasso la spazzola, prendo un bel respiro, afferro lo zaino e percorro velocemente la distanza che separa la mia camera dalla porta d'ingresso.

« Daisy?» mi chiama la mamma dalla cucina. Non mi fermo, non posso. « Daisy, la colazione!»

« Sono in ritardo, mangerò con Alex!» rispondo, prima di spalancare la porta e fiondarmi fuori. Non la smetto di correre una volta sul vialetto, nemmeno quando ormai il numero 319 di Cherry Street è lontano e fuori dalla mia visuale. Tuttavia, dopo almeno cinque minuti, inizio ad avvertire il fiato corto, la fatica e tutto il peso che il mio sforzo comporta, soprattutto dato il mio stomaco vuoto.
Cerco di regolarizzare il respiro, mentre stringo le spalliere dello zaino all'inverosimile e mi ripeto che la mamma non si è accorta di niente, ho recitato bene.

Proprio quando mi sto cominciando a rilassare, però, un rumore disturba la quiete della strada e mi fa sussultare per lo spavento; quest'ultimo cresce a dismisura nel vedere la macchina nera che in poco tempo mi fiancheggia, ed il suo proprietario che mi guarda incuriosito attraverso il finestrino aperto del passeggero: Alex.

« Che stai facendo?» chiede, palesemente sospettoso.

Lo guardo terrorizzata, prima di trovare il coraggio di rispondergli. « Cammino.»

« Da quando?» sbotta scettico.

« Non lo so, credo di aver cominciato a un anno, poi...»

« Daisy, sali in auto, sta per piovere.» mi interrompe scocciato. Lo guardo confusa, ma ben presto faccio come mi dice e mi ritrovo insieme a lui nell'abitacolo dell'auto che sta rovinando tutti i miei piani. Poso lo zaino ai miei piedi, mi allaccio la cintura e rimango in silenzio, mentre la mia attenzione è puntata tutta sulle mie mani posate in grembo. La mamma non mi lascerà andare a correre più tardi, e questo significa che ho solo l'allenamento delle cheerleader per bruciare calorie. « Questa mattina mi hai detto che tua madre ti avrebbe accompagnata a scuola.» esordisce Alex in tono inquisitorio. Siamo ancora fermi sul ciglio della strada, e da questo capisco che sospetta qualcosa.

Annuisco, prima di fare per la seconda volta nel giro di ventiquattro ore ciò che mi ero ripromessa di non fare più con lui: mentire. « Aveva un impegno.»

« E perché non mi hai scritto?» chiede, sempre più nervoso.

Non mi piacciono tutte queste domande, non mi piace che sia tanto agitato, non mi piace esserne io la causa, per cui decido di comportarmi come sempre: prendendo coraggio sorrido ed alzo gli occhi sul suo viso. Alex sembra piacevolmente sorpreso e sollevato, quindi decido di continuare. « Sono ufficialmente guarita.» annuncio, sentendo al contempo una fitta allo stomaco.

« Che cosa?» chiede Alex, mentre un sorriso comincia ad illuminargli il volto.

« Ho messo su peso.» altra fitta. « E non c'è più bisogno che qualcuno controlli i miei pasti.» una fitta ancora più grande. « Sto bene.».

« Daisy, è...» si interrompe, non l'ho mai visto sorridere così tanto e questo mi spaventa. « È fantastico.» conclude, mentre io mi limito ad annuire, improvvisamente seria in volto.
È fantastico? Lo è?

Prima che possa darmi una risposta, Alex si slaccia la cintura di sicurezza e fa lo stesso con la mia, dopodiché mi attira contro il suo petto, stringendomi in un abbraccio che mi lascia basita, che per poco non mi fa scoppiare a piangere. Perché riesco a sentirmi così al sicuro, così in pace con me stessa, solo quando Alex è con me? Perchè non appena si allontana mi sembra che tutte le mie sicurezze mi crollino addosso? Dovrei dirglielo?

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