Capitolo 2

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"È strano che nessuno abbia chiamato. Sono già passati due giorni e noi non abbiamo ancora uno straccio di indizio" esclamò Kaylie sedendosi nella scrivania davanti a quella del suo collega, sempre più in ordine della sua.
"Dobbiamo avere pazienza. Riesaminiamo le prove" le disse John per farle passare il malumore, o almeno quelle smorfie buffe che faceva la Gold ogni volta che qualcosa non va per il verso giusto.
"È da questa mattina che ci guardiamo e cosa abbiamo? Cosa sappiamo? Che sono stati uccisi due uomini allo stesso modo e a distanza di un mese tra loro. Non abbiamo ancora capito neanche l'arma del delitto!"
"lo capiremo, ma dobbiamo stare calmi e lucidi. Non dobbiamo farci sopraffare da niente" intervenne il capitano nella discussione, arrivando dal suo ufficio.
"Abbiamo qualcosa. Questa mattina una donna ha chiamato dicendo che l'uomo con i capelli lunghi è suo marito. Andate e sentite cosa vi può dire" aggiunse Stevens porgendo il biglietto,che aveva in mano, con il nome e l'indirizzo della donna all'agente Carter.
Kaylie e John non se lo fecero ripetere due volte. Presero al volo i loro giubbotti e uscirono dal Dipartimento come dei fulmini.
"Fifth Avenue numero 365" lesse a voce alta la Gold, stupendosi di quel numero.
"Deve essere un vicolo sicuramente" le fu risposto dal partner.
Ci misero poco a trovare la casa. Una casa disastrata e pericolante. Il giardino era pieno di cianfrusaglie: auto e biciclette vecchie, giocattoli rotti. Tutta roba da buttare.
Arrivarono alla porta ma non fecero in tempo a bussare. Il cancello cigolante li aveva già annunciati prima.
Aprì la porta una donna giovane non curata nell'aspetto. Capelli lunghi fino alle spalle e dalla loro lucentezza erano sicuramente unti. I due ragazzi, guardandosi in faccia, si saranno chiesti da quanto tempo non si lavava. Ma erano preparati a quello che si potevano trovare davanti ripensando allo stato esterno della casa. Non era la prima volta che vedevano una scena del genere, o per lo meno non lo era per John.
"Mi chiamo Charlotte. Sono stata io a chiamare ore fa. L'uomo della foto è mio marito Michael, Michael Black, ma non rimanete nella porta, entrate".
La padrona di casa fece strada per portare i due in un salotto, che alla vista non brillava di pulito.
Si sedettero nel divano invaso di peli del gatto. Non erano di certo a loro agio all'interno di quella abitazione, ma dovevano fare il loro dovere.
"possiamo iniziare a chiederle come mai non ha denunciato la scomparsa di suo marito?" domando Kaylie prendendo in mano la foto di Michael che le stava passando Charlotte.
"non è la prima volta che sparisce per settimane, senza darmi sue notizie. Non pensavo di certo che era morto" rispose la donna sedendosi nella poltrona di fronte.
"Conosce quest'uomo?" le chiese John tirando fuori la foto dell'altro uomo.
"No. Non l'ho mai visto. Non posso dirvi se si conoscevano. Mi dispiace" li rispose per passargliela nuovamente dopo averla guardata.
"voi siete di questa zona?" continuò Kaylie.
"Io si. Michael invece è nato e cresciuto dall'altra parte di New York. Non mi ha mai detto da dove venisse esattamente. Mi ha sempre raccontato che li piaceva girare e non stare fisso nello stesso luogo. È qui che ci siamo conosciuti tre anni fa" rispose guardano la foto del marito.
"Sa se aveva litigato con qualcuno di recente?" proseguì la Gold.
"Agente, si guardi attorno. Le sembra un posto dove si può vivere in pace e non litigare? Qui i litigi sono all'ordine del giorno, per qualsiasi cosa. Si arriva a discutere anche per una macchina parcheggiata davanti ad un'altra abitazione" rispose con un sorriso di rassegnazione.
"Se le viene in mente qualcosa ci può contattare a questo numero" aggiunse infine Carter, porgendole un biglietto, per poi alzarsi assieme alla collega e dirigersi alla porta.
La donna fece solo un cenno affermativo con la testa prendendo il braccio il gatto per poterlo accarezzare.
Usciti dall'abitazione Kaylie esclamò, dirigendosi alla macchina:
"Non abbiamo avuto molte informazioni".
"Lo so. Non è stata molto utile. Mi viene da chiedermi cosa hanno in comune quelle due persone a questo punto" le rispose da John.
I due salirono in auto e tornarono alla centrale sperando in qualche informazione di più.
"Avete saputo qualcosa?" chiese subito il capitano vedendoli arrivare.
"No. Nulla che ci possa aiutare. La moglie ha detto che non conosceva l'altro uomo. Però possiamo controllare dove è nato e cresciuto il marito. Ci ha detto che non era di qui". Rispose Kaylie mentre John si era allontanato per andare a fare quella ricerca.
"Va bene. Tenetemi aggiornato".
"Si capitano" e così anche ella si allontanò per aiutare il collega.

Passò ancora qualche ora prima che un Dipartimento di Polizia rispose al fax mandato da Carter.
Rispose proprio quello di Manhattan. L'agente rimase molto sorpreso da quella notizia. Da ragazzo aveva girato tantissimo quei quartieri, era un piccolo teppista prima di mettere la testa a posto, ma a lui non l'aveva mai visto.
Fece vedere la scoperta alla Gold, che suggerì di mandare anche la foto dello sconosciuto a quello stesso Dipartimento.
La risposta non si fece attendere: è Karl Dale. Non si sorpresero nel leggere che anche lui era di Manhattan.
I due agenti si sorrisero per l'indizio trovato.
C'era solo una cosa da fare ora: andare in quel luogo.
Comunicarono le novità al capitano che non si complimentò anzi:
"Ci avete messo due giorni a trovare il nome di un uomo e poche ore per l'altro. Cosa c'era di così difficile? Su, adesso andate via!"
I due rimasero un pò meravigliati da quella reazione e uscirono dall'ufficio consapevoli che in fondo era vero, non dovevano aspettare così tanto a tentare la strada del giornale, ma anche che non era una vera ripresa quella. Stevens tratteneva a stento un sorriso di soddisfazione mentre li rimproverava.
Tornarono alla loro scrivania e iniziarono a mettere in ordine quel poco materiale che avevano. Continuarono a chiedersi se i due si conoscevano, ma dovevano aspettare per scoprirlo. Una cosa era certa. Avevano una pista e li conducevano a Manhattan.
Dopo che terminarono di sistemare i documenti John prese la giacca e si avviò verso la porta.
Era strano. Non lo faceva mai. O andavano via assieme o lui sempre dopo di lei.
Kaylie fece in tempo solo a chiedere se era tutto a posto. Lui si girò con il sorriso sulle labbra e fece il gesto del pollice verso l'alto e andò via.

Alle 19:00 doveva essere a casa della madre e alle 20:00 al ristorante; c'era la cena per il compleanno di Katy che compiva 27 anni. Non vedeva l'ora che arrivasse quel giorno. Aiutato dalla madre aveva preparato tutto nei minimi particolari, una piccola festa con gli amici più cari.
Diede appuntamento alla sorella nel ristorante:
"Sorpresa!" le urlarono appena arrivò; tutti le andarono contro per farle gli auguri e baciarla. L'ultimo a farlo fu John che la sollevò da terra per stringerla a se come faceva di solito.
Katy non si aspettava tutto quello: palloncini e addobbi in ogni parte della sala. Non c'era un traguardo preciso da festeggiare. Solo la voglia di farlo!
Iniziarono la cena ridendo e scherzando e così continuò fino alla fine. Il taglio della torta è stato classico: desiderio e poi spegnare le candeline. Una cosa non si aspettava di certo. Quando si stava per iniziare a salutare gli amici, John prese un pezzo di torta, e senza farsi vedere la spalmò sul viso della sorella. La serata finì con quella risata e di certo non poteva mancare la fotografia di quello scherzo.

Kaylie andò a casa più o meno per le 20:00. Ad attenderla più di tutti c'è la sua bambina che, appena la vide, corse verso di lei per abbracciarla.
"Hai fatto da brava amore mio?"
"Si mamma"
"sei sicura? Hai fatto arrabbiare i nonni?"
"Ma scherzi?! Abbiamo la nipote più brava del mondo!" disse Anthony giungendo in quel momento e prendendo in braccio la bambina.
"Come è andata la giornata tesoro?"
"Bene papà. Finalmente abbiamo qualche indizio!" rispose Kaylie con il sorriso sulle labbra.
"Vedi che avevo ragione che prima o poi avreste trovato qualcosa. Ma ora vai a cambiarti che la cena è quasi pronta e lo sai com'è tua madre. Vuole il mangiare caldo!"
"Arrivo subito" li rispose per poi correre verso la sua camera per togliersi la divisa e mettersi una tuta più comoda.
Cenarono guardando una partita di baseball alla TV. Padre e figlia sono appassionati di quello sport. Se Jake fosse vivo sarebbero stati in tre. La madre non capiva molto quello sport. Per lei era solo un massacro.
C'era sempre un pò di tristezza durante le partite anche se non lo davano a vedere.
Dopo che finirono di cenare Kaylie portò Daisy a letto. Come sempre si era già addormentata sul divano.
Salutò i suoi genitori e anche lei andò a dormire poco dopo. Almeno il giorno era un pò più serena. Il suo lavoro stava dando dei risultati finalmente.

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