«Allora?»
«Penso che ci sia lui dietro gli omicidi.»
«Cosa? Stai scherzando vero?»
«No. Ho sentito che parlava di un rapimento.»
«Magari stava parlando con il suo contatto. Sai che sta svolgendo un'indagine su un rapimento ora. Non saltiamo a conclusioni affrettate.»
«Si. Forse hai ragione tu. Ma perché quel comportamento allora?»
«Lo sai che è un tipo strano.»
«Anche quello è vero.»
I due agenti non volevano pensare subito al male. Infondo era un loro collega. Uno che aveva giurato di proteggere le persone, non di ammazzarle o rapirle. Ma non sapevano che forse è meglio dare ragione al proprio intuito. Alcune volte non sbaglia mai.«Ciao, sono io.»
«Dimmi.»
«Ci sono novità da parte vostra?»
«Ci vediamo stasera al solito parcheggio così ne parliamo.»
«Ok. Vediamo per il rapimento.»
Un piccolo rumore fece capire all'agente che qualcuno era entrato dentro il bagno:
«Ci vediamo alla solita ora.»
«Bene.»
E riattaccarono.
John pensò di aver fatto piano ad entrare, ma anche l'altro agente era scaltro. Tutti e due erano avanzati di grado molto velocemente per via della loro bravura; attese qualche minuto prima di uscire dal bagno. Non voleva farsi vedere che anche lui era li, ma fu visto ugualmente da lontano.Arrivarono puntuali le 10:00 del mattino e Stevens venne chiamato al telefono e informato della partenza dei due uomini e la loro famiglia con la scorta, e della loro destinazione: Brooklyn, in un'area residenziali a carattere storico.
Subito dopo Roger informò anche i due agenti. Dovevano ancora interrogare Cooper.
Senza farsi vedere da nessuno uscirono dalla centrale e si diressero verso la casa che sarebbe stato il nascondiglio di tutte quelle persone.
Quando arrivarono, in un quartiere elegante, si trovarono davanti ad una casa grande celeste chiaro, con il terrazzo. Un giardino anch'esso grande con degli alberi che davano un pò di ombra, tutto contornato da una staccionata bianca.
Suonarono alla porta e aprì Timothy, che li stava aspettando. Erano arrivati da pochi minuti anche loro. Li condusse nel salotto dove si trovavano Key e Cooper. Il resto della famiglia era nelle altre stanze a sistemare i bagagli. Una stanza per Cooper, una per Key e una a ciascuno dei figli di quest'ultimo. Hanno cercato di sistemarli nel miglior modo possibile, per non far pesare loro la situazione.
«Loro sono gli agenti di cui ti avevo parlato. Sono Kaylie e John di New York City.» disse il capo della scorta rivolgendosi a Cooper.
«Mentre tu li conosci già.» disse rivolgendosi stavolta a Key, che annuì.
«Cosa succede?» Chiese Cooper.
Key fece per andarsene, ma fu fermato da Kaylie.
«Lei può, anzi, deve rimanere. È una cosa che riguarda anche lei.»
Così dicendo tornò a sedersi nella poltrona di fianco al divano, dove si accomodarono i due agenti. L'altro uomo invece si sedette nella seconda poltrona, di fronte a quello che un tempo era tra i suoi migliori amici.
«Sapete benissimo perché siete qui, giusto?» domando John, rivolgendo il suo sguardo prima ad uno, e poi all'altro. I due fecero segno di si con la testa. Sapevano che sarebbero stati sommersi di domande.
«Se collaborate questa storia finirà il prima possibile.» aggiunse infine.
«Vado ad avvertire Stevens che siamo tutti qui.»
«Si. Grazie.» rispose Kaylie girandosi verso Timothy, che si allontanò subito dopo.
Ora l'interrogatorio poteva cominciare.
STAI LEGGENDO
Il Patto
ActionPuò il rancore per i torti subiti da adolescente portare a diventare assassini? Questa è la storia di due uomini che si alleano per vendetta; quelle persone che li hanno fatto del male pagheranno con la vita quei torti. Niente di dimentica. A fermar...