Capitolo 16

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«E ora chi sarà già di primo mattino?» si chiese John mentre usciva di casa, e cercava nella tasca della giacca il cellulare.
«Pronto?»
«Ciao John, sono Kaylie.»
«Ciao. È successo qualcosa?»
«No, no. Non ti preoccupare. Mi chiedevo se potessi darmi un passaggio alla centrale. Sono a piedi. La mia auto non ne vuole proprio sapere di mettersi in moto, e i miei genitori sono usciti presto di casa.»
«Si, certo. Dammi 10 minuti e sono da te.»
«Ok, grazie. Ti aspetto.»
Chiusero la telefonata e Kaylie si mise ad aspettare il collega, che non tardò ad arrivare. Fu puntuale al millesimo di secondo. Era una sua ottima qualità la puntualità.
«Ciao.» si salutarono mentre lei saliva nell'auto. Una Jeep grigio fumo metallizzato.
«Non è proprio una bella giornata per andare in bici. Grazie per il passaggio.»
«Direi proprio di no. La giornata non promette nulla di buono. Al meteo ha messo pioggia più tardi. Comunque hai fatto bene a chiamarmi. Come mai non va l'auto?»
«Mi sa che la batteria sia morta. Non viole mettersi in moto. Non ha fatto nessun rumore all'accensione. Zero totale.»
«Capito.»
«Poi i miei genitori sono usciti presto. Hanno portato Daisy con loro. Poi l'avrebbero portata all'asilo. Volevano andare in quel nuovo Centro Commerciale. Dovevano aprirlo una settimana fa, ma ci sono stati dei problemi e hanno tardato l'apertura.»
«Dai, tutto si è risolto, perciò stai tranquilla.»
«Si, quello si. Però mi sarebbe piaciuto andarci. Alle 18:30 suoneranno gli U2. Ti rendi conto? Gli U2! E quando mi ricapita di sentirli dal vivo? Mai!»
«Inventiamo qualcosa e andiamo assieme se ti va. Inizia a pensare a cosa dire a Stevens per uscire prima. Devi essere convincente mi raccomando.»
Kaylie sorrise e annuì felice come una bambina a cui hanno promesso il giocattolo tanto desiderato. Ovviamente era 'accordo. Non poteva perdere l'occasione di ascoltare il suo gruppo preferito.
Con questa promessa si diressero alla centrale. Felici come bambini.

Il telefono dell'ufficio di Stevens iniziò a squillare mentre lui leggeva nuovamente il referto dell'autopsia.
«Pronto?»
«Capitano Stevens?»
«Si. Chi parla?»
«Sono Timothy, un agente della scorta di Cooper.»
«Ah, si, si. Dimmi pure.»
«Volevo informarla che abbiamo sotto scorta Cooper, e che da Key è tutto a posto.»
«Oh, meno male. Fate attenzione. C'è chi li vuole ammazzare.»
«Non si preoccupi. Staremo attenti.»
«Bene. State attenti pure per voi.»
«Si, come le ho già detto, non si deve preoccupare. Abbiamo, comunque, organizzato il loro trasferimento in una località protetta. Partiremo alle 10:00 in punto e nessuno saprà dove saranno a parte noi e lei. L'avviseremo quando saremo arrivati.»
«Ok. Buon viaggio.»
«Grazie.»

«È permesso?»
«Oh, ragazzi. Venite.»
«Buon giorno capitano.»
«Buon giorno a voi.»
Alla fine dei saluti i tre si aggiornarono rispettivamente sulle ultime notizie, ma proprio in quel momento il telefono della postazione di Kaylie e John squillò. La persona che per qualche istante rimase ad osservarli si alzò dalla sua scrivania e rispose alla telefonata:
«Pronto?»
«John, sei tu?»
«No. Sono il collega. John è momentaneamente occupato. Può dire a me se vuole?!»
«Preferirei parlare con Kaylie allora.»
«Non può nemmeno lei. John e Kaylie sono in riunione. Posso sapere con chi parlo? Così riferisco appena si liberano.»
«Sono Karina Wolf. Vorrei sapere se ci sono novità riguardanti il caso. Vorrei fare un servizio sulle ultime novità.»
«Capito. Appena saranno liberi ti farò richiamare.»
«Va bene. Posso chiedere il suo nome agen...»
Ma non fece in tempo a terminare l'ultima parola durante la chiamata che dall'altro capo del telefono avevano già chiuso.
L'agente che aveva risposto a quella chiamata, prima passò davanti all'ufficio di Stevens, poi fece per dirigesi verso il bagno, ma si scontrò con Kaylie, che proprio in quel momento stava uscendo perché avevano terminato la riunione con il capitano assieme a John.
«Scusa Kaylie.»
«Non ti preoccupare Terence.»
Dopo pochi minuti uscì anche John.
«Oh, ma lo hai visto quello?»
«In che senso?»
«Era qui vicino all'ufficio che guardava; ci siamo scontrati mentre stava scrivendo un messaggio. Poi si è diretto verso il bagno.»
A quelle parola John non c pensò due volte a dirigersi anche lui verso il bagno per vedere il collega. Era diventata troppo strana la storia. Da prima che non ne voleva sapere nulla, ad ora che faceva domande e spiava.
Non ci mise molto ad arrivare alla sua meta, ma non entrò. Rimase sull'uscio della porta. L'aveva aperta giusto il tanto per origliare. Quando si accorse che l'altro era all'interno di un bagno, entrò pure lui, e con attenzione e molto silenzio si mise ad ascoltare. Non voleva credere a quel poco che aveva sentito. Poco che sia, ma secondo lui, una prova della sua colpevolezza.

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