Capitolo 27

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All'alba del 18 aprile, il parcheggio della zona gialla al piano -1 era pieno di agenti di ogni categoria: quelli per la rilevazione di impronte, quelli per circondare la zona per non far entrare nessuno, e tanti altri. Ognuno di loro sapeva cosa doveva fare.
«John.»
«Capitano.»
«Allora?»
«Johnson è stato trasportato all'ospedale. È ancora vivo nonostante le sue condizioni.»
«Ah. Una buona notizia. Speriamo di poterlo interrogare presto allora.»
«Speriamo, ma non sarà facile. Ha la mascella rotta. Sicuramente è stato torturato.»
Stevens scosse la testa. Non poteva capire il perché di tutto quello, di quelle morti. Non sapevano ancora il motivo, ma soprattutto chi li avesse uccisi.
«Johnson aveva questa tra le mani.»
«Una chiavetta?»
«Si. Qui non possiamo fare niente ora. Le squadre faranno quello che devono. Forse è meglio che torniamo alla centrale e vediamo cosa c'è qui dentro.»
John e Stevens tornarono alla centrale per visionare l'interno della chiavetta.
Attendeva loro un'altra sorpresa. Amara come tutte quelle che hanno avuto finora.

Arrivati alla centrale visionarono subito l'interno della chiavetta.
«Cazzo!» esclamò John appena partì il video.«Non ci posso credere!» E si mise le mani sul volto. «Hanno preso pure lei.»
Sembrava che si stava facendo un passo avanti e uno indietro. Guardò quel video molte volte per cercare un indizio su dove fosse, ma non c'era nulla a poterlo aiutare.

La luce del giorno era arrivata ormai da qualche ora, così come Kaylie, arrivata puntuale alla centrale solare e felice della serata appena trascorsa.
«Buon giorno!»
«Ciao Kaylie.»
«Oh, ma che faccia. È successo qualcosa?»
«Questa notte abbiamo trovato Johnson, dopo aver ricevuto questo bigliettino.»
La ragazza lesse il bigliettino con aia interrogativa: «Cosa vuol dire?»
«È una frase di una canone degli U2. Dopo varie ricerche abbiamo capito che parlava del Centro Commerciale Il Sole, e appunto li abbiamo trovato Johnson.»
«Era ancora vivo?»
«Si. Fortunatamente si. Ora è in ospedale. Sarà sorvegliato 24 ore su 24.»
«Che bella notizia. Quando possiamo interrogarlo?»
«Questo non lo sappiamo. Lo stanno operando in questo momento. Ha troppe lesioni gravi. Non sappiamo se è un caso che sia ancora vivo o è una cosa voluta.»
«Ho capito.»
«Io vado per qualche ora a casa a dormire un pò. Se c'è qualcosa chiamami subito. Stevens è già andato via da mezz'ora.»
«Ok. Riposati.»
Poco dopo che prese il cappotto John passò dietro Kaylie e le lasciò la chiavetta trovata nelle mani di Johnson dicendole: «La troveremo.» E andò via trascinando i piedi esausto della notte appena trascorsa.
Appena il collega scomparve dalla sua vista, Kaylie inserì l'USB e fece partire il video. Appena vide quello che c'era sgranò gli occhi e li si inumidirono un pò: hanno rapito la giornalista.
Non riusciva a smettere di guardare quelle immagini. Karina era seduta in una sedia con le mani legate dietro la sedia e i piedi anch'essi legati. Per non farla gridare le avevano nastrato persino la bocca. La telecamera girava intorno alla ragazza per fare un'inquadratura completa, ma oltre ad ella non si scorgeva nient'altro. Niente appeso alle pareti. Solo bianco. Tutto di colore bianco.
Sembrava una strada senza via d'uscita. Non c'era un indizio utile per capire dove fosse per poterla liberare il prima possibile.

Nella mattinata Kaylie andò all'ospedale per avere notizie di Johnson. Appena giunse vide in lontananza la moglie dell'uomo che parlava con un medico. Sperava in qualche buona notizia, ma l'unica cosa che entrambe seppero era che l'operazione era andata a buon fine, ma per sapere se avesse riportato danni cerebrali dovevano aspettare il suo risveglio. Per ora doveva rimanere in coma farmacologica.

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