Capitolo 20

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Prima di tornare alla centrale tornarono ognuno a casa propria per il pranzo.
Al pomeriggio arrivarono nuovamente tutti e due assieme. Appena entrarono si accorsero che Terence li stava guardando. Dalla rabbia John corse subito verso di lui. La scena non era passata inosservata a nessuno, che, assieme a Kaylie, si avvicinarono ai due, prima che potesse succedere qualcosa di irreparabile.
«Allora, cosa vuoi?» Domandò John sbattendo i palmi delle mani sulla scrivania e guardandolo dritto negli occhi.
«Nulla. Stavo solo guardando.»
«John. Lascia stare.»
«No Kaylie. Lui...»
«Io cosa? Stavo solo guardando.» Asserì Terence alzandosi dalla sedia.
«No. Tu mi hai chiesto del caso. Non lo hai mai fatto.»
«Ma io volevo farlo solo...»
«Solo per cosa?» continuò John con tono rabbioso.
«Ma cosa sta succedendo qui?»
Di colpo tutti si voltarono verso la persona che ebbe fatto la domanda. Era tornato il capitano, che avvicinandosi al gruppo aggiunse: «Che cosa sta succedendo qui? Fate partecipe pure me.»
Nessuno rispose. Tutti si stavano guardando in faccia.
«Allora? Devo aspettare ancora?» proseguì Stevens spazientendosi.
Come poteva John ammettere le sue paure su quell'uomo? E se poi non si fossero rivelate fondate? Come i sassi lanciati, anche le parole non tornano indietro, e così avrebbe messo a rischio la sua reputazione all'interno della centrale e la veridicità delle sue parole in futuro.
«Nulla.» Fu il primo a dire John. Gli altri seguirono a ruota allontanandosi. Pure Roger si allontanò senza voltarsi. L'unica a rimanere accanto a Terence fu Kaylie, che ancora voleva capire cosa volesse quell'uomo.
«Allora, mi vuoi dire che cosa vuoi?»
L'uomo, visibilmente imbarazzato, non riusciva a proferire parola. Teneva solo la mano dietro, come a grattarsi la nuca. Le uniche cose che pronunciava erano delle frase farfugliate. Kaylie fece per andarsene, era spazientita dal quel comportamento, ma fu bloccata da una mano che le teneva il braccio. Si voltò e solo allora Terence ebbe il coraggio di dire:
«Aspetta.»
Kaylie rimase ad ascoltare. Non sopportava la persona che aveva davanti, ma allo stesso tempo era curiosa di sapere. È sempre stata una bambina, adolescente, ragazza e ora donna curiosa.
«Io volevo chiederti se ti andrebbe di uscire con me questa sera?»
Kaylie lo guardò con gli occhi sgranati. Non credeva alle sue parole.
«Ma, ecco, se non ti va stasera, una di questa sere va bene? No aspetta, almeno ti andrebbe di uscire con me?»
Terence era completamente nel pallone. Sembrava un ragazzino alla prima cotta. La ragazza tardava nel rispondere. Allora Terence continuò, a suo modo, di convincere la giovane.
«Scusa se continuo a parlare così veloce. Sembro un imbranato, ma... ecco, mi piaci ed era da un pò che cercavo di chiedertelo.»
«Ma se non mi rivolgi mai la parola?»
«È perché non sapevo come fare!»
«Io stasera non posso.»
«Ah.»
«Magari uno di questi giorni se per te va bene.»
«Perfetto.»
Kaylie si allontanò. Non sapeva bene nemmeno lei perché ebbe accettato quell'invito. Tornò alla sua scrivania e subito John volle sapere cose si fossero detti.
«Mi ha invitata a cena.»
«Cosa?» Disse John con sgomento e strabuzzando gli occhi. «È uno scherzo vero?»
«No.» Rispose lei alzando lo sguardo e guardandolo dritto negli occhi.
«E tu che hai risposto? Non ci vorrai mica andare, vero?»
«Ho detto di si. Mi è sembrato un'altra persona. È timido. Faremo una di queste sere.»
«Ah. Spero che ci ripenserai. Non mi fido di quell'uomo.»
«Magari non è come sembra. Sarà un'occasione per conoscerlo meglio.»
John sbuffò, ma sapeva di non poter dire o fare niente.

Intorno alle 17:30 suonò il telefono il Kaylie. Era Vivien, la moglie di Johnson.
«Ciao Kaylie. Ho chiamato per sapere se ci sono novità su mio marito.»
«Ciao Vivien. Non sappiamo ancora nulla. Mi dispiace.»
Dall'altro capo della cornetta si sentì un improvviso pianto. A Kaylie le si strinse il cuore. Voleva aiutare quella dona, ma come fare se non avevano gli indizi per trovarlo?
«Vivien... stai tranquilla. Lo troveremo.»
«Va bene.» Tirò su con il naso e aggiunse: «Trovatelo sano e salvo per favore.»
«Faremo il possibile. Non le posso promettere niente.»
«Ok.»
E riattaccarono.
«Stai attenta a come parli.» Le disse subito John. «Non possiamo essere fraintesi o dare false speranze.»
Kaylie annuì. Sapeva benissimo che John aveva ragione.

«Ciao.»
«Ciao. Allora, perché questo incontro? Sai che ci dobbiamo vedere il meno possibile.»
«Ho saputo che c'è una giornalista che vuole il servizio sul caso di Kaylie e John.»
«Ah. E allora diamoglielo.»
«Ok. Cosa dobbiamo fare? »
«Dobbiamo prenderla.»
«Ok, ma il rapimento deve risultare come se fosse partita improvvisamente.»
«Sei tu l'esperto in questo.»
«Allora è deciso. Domani mattina discutiamo i dettagli. Ti mando un messaggio con l'ora e il luogo.»
«Si. A domani.»
«A domani.»

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