Capitolo 22

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Parcheggio del Centro Commerciale.
«Wow. È enorme!»
«Chissà quanto sarà grande l'area.» Disse guardandosi attorno alla disperata ricerca di un parcheggio.
«Guarda John. C'è un parcheggio li.» Indicò con il dito Kaylie. «Muoviamoci. Sono le 18:20.»
Parcheggiarono e corsero subito all'interno del Centro. Mancava poco all'inizio del mini concerto del gruppo.
Arrivarono al grande atrio. Si guardarono attorno per capire dove andare. Poi videro un gruppo di persone andare in una direzione e si aggiunsero.
«Male che vada saremo dalla parte opposta del concerto.»
«Non dirmi così.»
Kaylie aveva fatto gli occhi piagnucolanti per farlo sentire in colpa, ma l'effetto sortito fu solo una grande risata. Per via dell'espressione buffa della collega. Così scoppiò a dire anche lei assieme a lui.
«Ecco. Deve essere li che canteranno. In quello spazio aperto dietro il Centro Commerciale così che tutti vedranno e sentiranno Usciamo da qui.»
«Probabilmente. Ma io non vedrò molto.»
«Tranquilla. Male che vada ti prendo a cavalcioni come i bambini.»
Kaylie li diede un pugno sulla spalla, ma l'unica che si fece male fu solo lei. E scoppiarono nuovamente a ridere. Felici di quella serata senza pensieri.
«Ma chi sono quelli?»
«Ho preso all'entrata la locandina. Gli U2 suoneranno vero le 19:30. Prima ci saranno dei piccoli gruppi.»
«Ah. Ho capito. Bè, ne vale la pena aspettare. C'è qualcosa sulla scaletta dei pezzi che faranno?»
«Mm. No. Solo i nomi dei gruppi che si esibiranno. Sono tre. Avranno circa 15 minuti a testa. Poi ci saranno gli U2.»
«Ok. Non vedo l'ora. Però...»
«Però cosa?»
«Vieni.»
John provò a seguire Kaylie che, per come era minuta, riusciva a farsi largo tra la gente e riuscire ad andare avanti. Per lui la situazione era un pò diversa. Non passava di certo inosservato. Dovette scusarsi parecchie volte prima di riuscire a raggiungere la collega che stava già più avanti rispetto a prima.
«Da qui vedo meglio.» Disse alzando la sguardo verso il collega.
«Per te è stato facile. Io ho rischiato di essere linciato.»
Lei rise. Finalmente era riuscita in qualcosa rispetto al collega.
«Bè, per una volta la mia altezza mi ha aiutata.» E rise.

L'ora passò in un lampo e finalmente era il turno del gruppo per cui Kaylie e John erano li: gli U2.
Per loro sarebbe stata un'ora e mezza tutta da cantare e divertirsi. Cantarono tutte le canzoni non sbagliando nemmeno una parola. Le conoscevano a memoria; suonarono molte canzoni tra le più famose. Iniziarono dando subito una scossa alla serata, aprendo con Vertigo, e successivamente passarono da Staring at the sun a With Or Without You, da Beautiful Day a Lemon, da Walk On a Desire e terminarono con la canzone di apertura Vertigo.
«È stato fantastico.»
«Già non sapevo del concerto. Si vede che non esco molto?»
«A me lo ha detto mamma. Poi mi ha dato il programma dell'inaugurazione. È così che l'ho saputo.»
«Però è bello questo Centro Commerciale. Com'è che si chiama che, per la corsa, non ho fatto in tempo a leggere?»
«"Il Sole". È il primo in città con questo nome. Ho letto che è una catena, ma non ricordo dove siano gli altri comunque anche in altri Stati.»
«Ho capito.»
Tra una chiacchiera e l'altra i due si misero in coda per avere l'autografo.
«Dobbiamo farci fare tre autografi. Quello nella maglietta più grande lo diamo a Roger.»
«Si.»
E aspettarono il loro turno felici. Stanchi per la giornata, per l'attesa in piedi, ma felici.

La felicità e la gioia è sempre una delle due facce di una medaglia. L'altra è la tristezza e lo sconforto.

Ore 22:15
«Kaylie. Kaylie.»
«Si mamma?»
«Ti squilla il cellulare.»
«Arrivo.»
In un attimo fu a prendere il telefono che squillava.
«C'è qualche problema tesoro?»
«Non compare il nome e nemmeno il numero.» Disse rivolgendosi alla madre, ma aprì lo stesso quella chiamata.
«Pronto?»
«Kaylie?»
«Chi parla?»
«Sono Timothy.»
«Ah, ciao. Non immaginavo una chiamata a quest'ora. È successo qualcosa?»
«No, non allarmarti. Tranquilla. Ti devono parlare Key e Cooper. Te li passo.»
«Ok. Grazie.»
«Agente Gold. Buona sera. Ci scusi per l'ora, ma ci siamo ricordati il nome di quel bambino.»
«Splendido. Ditemi pure.»
Rimase ad ascoltare. Non poteva credere che le avessero fatto proprio quel nome. Era una coincidenza? E il fatto che le fosse sembrato di vederlo all'uscita di quel fast food? Anche quella era una coincidenza? In quell'istante passò dalla gioia al dolore in un istante.
«Ok. Grazie. Buonanotte anche a voi.»
Riattaccò. Il suo volto roseo si era fatto bianco come un lenzuolo. Nella testa le rimbombava il nome di quel bambino. Ora un uomo. Un uomo di 30 anni. Il suo nomignolo da bambino corrisponde alla sua professione ora. Possibile che sia lui?
«Tutto bene tesoro?»
«Si mamma. Grazie. Vado a dormire ora.»
«Allora buonanotte.»
«Buonanotte.»
Si allontanò e si diresse nella sua camera, ma prima passò in quella della figlia. La guardò per alcuni istanti che sembrò un'eternità e andò via. Doveva riposare, dormire. Il giorno seguente sarebbe stato pesante e doveva essere lucida. Non poteva sbagliare.

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