chapter nineteen

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Le sedute di elettroshock erano diventate sempre più frequenti, veniva sottoposta a questa pratica due volte al giorno. Spencer non ce la faceva più: la sua mente ormai era quasi completamente in possesso dell'Hydra.
Non ricordava più niente di Scott, sembrava quasi che non fosse non mai esistito. Aveva lottato con i denti e con le unghie per non farlo sparire dalla sua testa, durante le sedute piangeva in silenzio mentre riviveva quel poco tempo ma estremamente perfetto passato con lui.
Di Scott Lang, rimaneva solo il suo viso sfocato nei pensieri di Spencer.
Un bellissimo viso che non trasmetteva alcuna emozione alla ragazza.
A turno, Ryan e Robert le sussurravano parole in russo mentre era sottoposta all'elettroshock. Era una specie di codice di attivazione composto da undici parole senza un apparente senso ma che nella testa plagiata della ragazza erano fatali e la sottomettevano completamente al volere di quei cani senza emozioni dell'ex associazione nazista.
Quella filastrocca non le era entrata fin sotto la pelle e dopo qualche ora riusciva a riacquistare quel briciolo di umanità della vecchia Spencer che le era rimasto. Sul Soldato invece le parole brama, ruggine, diciassette, alba, uomo, nove, benevolo, bentornato, uno, vagone merci pronunciate in lingua russa erano devastanti e lo lasciano in balia di chi le aveva dette. Era una marionetta in mano di persone senza scrupoli che lo usavano per raggiungere i loro obbiettivi. E quella era la stessa fine che avrebbe fatto Spencer.
La cura del dottor Hans stava procedendo senza intoppi anche se lei aveva paura ad utilizzare le scariche elettriche, aveva ucciso più di un uomo perché non era riuscita a controllarsi. Dopo quello spiacevole evento, lo scienziato aveva fabbricato dei bracciali in ferro in grado di trattenere tutta l'energia all'interno nel corpo di Spencer.
La ragazza giaceva inerme sul letto pulcioso della sua cella, Robert Vinogradov l'aveva trascinata lì dopo che Brock Rumlow l'aveva massacrata per l'ennesima volta, la ragazza si ostinava a non rispettare i suoi ordini e a provocarlo. Era qualcosa che la compiaceva, anche se quell'istinto irrefrenabile di mettere alla prova l'uomo stava pian piano scemando.
Un po' per le violenze subite, un po' per l'elettroshock che le stava fottendo il cervello.
Chiuse gli occhi, cercò di regolarizzare il respiro e di concentrarsi sulla missione che Brock aveva affidato a lei ed al Soldato d'Inverno.
Era un piccolo assaggio di quello per cui era stata creata, i due Super Soldati dovevano intrufolarsi nella villa di un noto magnate messicano, ucciderlo e rubargli delle carte scottanti riguardo l'Hydra. Anni prima, Antonio Sanchez, era stato un adepto dell'associazione ma poi, di punto in bianco, aveva abbandonato un'importante progetto riguardo a delle nuove armi ed era sparito portando con sé dei documenti tanto importanti quanto compromettenti.
Una volta scelta l'Hydra, non puoi abbandonarla per nessuna ragione.
Un tonfo sordo fece svegliare Spencer di soprassalto, scattò in piedi e si mise in posizione di attacco.
"Sono io, Spencer." Mormorò il Soldato accarezzando con la lingua il nome della ragazza che si rilassò visibilmente, aveva paura che fosse Brock. "Preparati, tra poco dobbiamo partire."
La giovane Stark annuì e si spogliò sotto lo sguardo vigile ed attento dell'uomo. Non aveva più paura di lui, aveva capito che anche lui era una vittima ed aveva iniziato a parlargli.
Le loro conversazioni si facevano sempre più intense, man mano che passavo i giorni, anche se era Spencer che parlava e lui ascoltava in silenzio. Serviva entrambi a non impazzire.
Un sera, aveva unito i loro letti e da allora dormivano spalla contro spalla. Le era capitato più di una volta di abbracciarlo, il sonno del Soldato era tempestato da incubi e l'unico modo che riusciva a calmarlo era sentire del calore umano contro il suo corpo.
Spencer infilò la tuta in spandex che aderì alla sua silhouette sinuosa come una seconda pelle. Il mercenario dell'Hydra era già pronto nella sua divisa militare nera, il braccio metallico risplendeva nella fioca luce della stanzetta.
Uscirono insieme e si diressero verso il portone blindato del magazzino.
Rumlow, Ivanov e Vinogradov stavano aspettando i due ragazzi.
I russi imbracciavano due Kalashnikov che porsero poi ai Super Soldati. Li munirono anche di Glock e munizioni.
Salirono su un Hummer verde militare, due uomini vestiti di nero con delle maschere simili a quelle antigas aprirono il portone e Brock uscì sgommando.
Subito la jeep si fiondò tra gli alberi fitti e rigogliosi ad alta velocità. Spencer era seduta dietro, tra le due guardie russe, le braccia strette sotto al petto ed un'espressione seria.
Riusciva a respirare aria di libertà, era la prima volta che usciva dalla base da quando era arrivata.
Il suo pensiero volò al padre Tony, alla sorella Stacy e a tutti i suoi amici, Steve, Clint, Natasha, Cara, Maggie... Il viso dell'uomo sconosciuto tornò a tormentarla con quegli occhi castani talmente chiari da sembrare due gemme ambrate e l'aria terribilmente famigliare.
Chiuse gli occhi e scacciò quell'immagine dalla mente, si concentrò sul suo obbiettivo. Non poteva distrarsi: sapeva che se qualcosa non fosse andato secondo i piani, Brock se la sarebbe presa con lei e le avrebbe fatto male, molto male. Era consapevole che Rumlow non era il capo là dentro, era anche lui sotto il comando di qualcuno di potente ma aveva libero arbitrio sulle punizioni da infliggere alla ragazza.
All'improvviso la macchina si fermò davanti ad una baracca in legno.
Erano in mezzo ad un bosco dalla fitta vegetazione, l'aria era carica di umidità e faceva freddo.
Rumlow si girò verso Spencer e la fissò con i suoi occhi scuri come la notte: "Proseguirete a piedi, verrò a prendervi domani mattina, all'alba. Non azzardarti a scappare, lui non te lo permetterà tanto facilmente ed il tuo nuovo potere non ti sarà per niente d'aiuto."
Guardò con un sorriso di sfida i braccialetti in metallo ai polsi della giovane.
Il Soldato d'Inverno smontò dalla macchina e Spencer lo imitò, fissò poi l'Hummer sparire tra gli alberi rigogliosi.
"Seguimi." Disse il mercenario, dal loro primo incontro era diventato più loquace anche se si notava che parlava a fatica e non formulava frasi lunghe.
Iniziarono ad addentrarsi nel bosco, Antonio Sanchez si era costruito una villa al riparo da occhi indiscreti e dove sperava di essere lontano dall'Hydra.
Raggiunsero l'enorme casa mezz'ora dopo, era completamente di legno e vetro. Era maestosa, con un giardino all'inglese davanti ed una piscina interrata.
Si accostarono nel capanno degli attrezzi ad aspettarono che calasse la sera.
Brock Rumlow gli aveva ordinato di uccidere Sanchez nel cuore della notte, era sorvegliato ventiquattr'ore su ventiquattro da uomini grossi come montagne e di notte sarebbe stato più facile raggiungerlo.
Spencer si sedette su una pigna di vecchie corde, il Soldato la imitò e per un attimo rimasero in silenzio.
In sottofondo si sentivano le voci dei figli di Sanchez giocare in giardino con il loro cane ed il cinguettare allegro degli uccellini.
Alla Stark si strinse il cuore, non avrebbe mai voluto uccidere un padre di famiglia.
"Hai scoperto come ti chiami?" Fu Spencer a rompere il silenzio, con quella domanda alquanto banale ma carica di significato. Nell'ultimo periodo aveva aiutato il
Soldato a cercare di recuperare la sua vera identità ma senza successo.
L'uomo portò i suoi occhi glaciali in quelli della ragazza e scosse il capo.
Lei aveva notato che nell'ultimo periodo il mercenario aveva un'aria meno apatica ed i suoi occhi avevano assunto una sfumatura più chiara e viva.
"Sono stanca di chiamarti semplicemente Soldato, so che sei molto più di questo."
Aggiunse, mostrandogli un piccolo ed incoraggiante sorriso. Lui non ricambiò ma si limitò a sbuffare, anche lui era stanco di tutto ciò. Aveva provato a suicidarsi più di una volta ma da quando aveva incontrato la ragazza aveva messo da parte quei pensieri autolesionisti. Il sorriso di Spencer gli aveva ridato un piccolissimo, minuscolo barlume di speranza e voglia di vivere.
"Scappiamo." Le parole gli uscirono dalla bocca senza neanche carpire fino in fondo il significato di quella frase.
Spencer lo fissò negli occhi, aveva paura di essere messa alla prova da lui per vedere quanto fosse diventata - o meglio, obbligata ad essere - fedele all'Hydra.
Dopo minuti interminabili di silenzio, rispose con voce flebile: "Anch'io vorrei scappare ma sono sicura che ci troverebbero."
La conversazione finì lì, lasciando entrambi a rimuginare sulle parole dette dal Soldato.
Spencer voleva scappare ma aveva troppa paura, sapeva che le conseguenze ad un gesto simile sarebbero state fatali. Penso a suo papà, a sua mamma Pepper, a Stacy e a Steve. Gli mancavano come l'aria, avrebbe tanto voluto tornare da loro ma si sentiva un mostro, era cambiata in quel breve lasso di tempo. I nuovi poteri la spaventavano, ma ancora di più la terrorizzava l'idea che l'Hydra sfiorasse anche solo una delle persone che amava per fare un torto a lei e per vendicarsi della sua fuga.
Si scervellò fino a quando non le venne mal di testa, sentiva gli ingranaggi del suo cervello girare come mulini a vento. Un'occasione così non le sarebbe mai più capitata. 
"Facciamolo, io non voglio uccidere un uomo con moglie e figli, non voglio più uccidere nessuno per colpa loro. Voglio tornare dalla mia famiglia." Un singhiozzò uscì irruente dalle labbra di Spencer, si asciugò in fretta gli occhi grondanti di lacrime e nascose il viso alla vista del Soldato.
Tutto si era fatto più silenzioso, si sentiva solo il respiro irregolare della ragazza e quello più pesante ma controllato dell'uomo.
"Ho rubato dei soldi e ho trovato il mio fascicolo..." Il Soldato stava guardando Spencer con l'espressione più umana che avesse mai mostrato da quando si erano incontrati.
La Stark alzò il viso nella sua direzione e per un attimo il cuore smise di batterle. Era bellissimo, gli occhi sembravano due pezzi di cielo e le labbra carnose era dischiuse. Il volto mascolino era ricoperto dal solito strato di barba ed aveva un'espressione preoccupata.
"Davvero? L'hai letto?" Gli domandò lei avvicinandosi piano a lui, rimasero ad una decina di centimetri di distanza, i loro respiri caldi si fondevano in un'unica nuvoletta di condensa. Spencer rabbrividì per il contatto prolungato dei loro occhi, il cuore le martellava nel petto.
"No, volevo leggerlo con te." Gli rispose con una punta impercettibile di dolcezza nel tono della voce.
Il Soldato prese lo zaino che giaceva ai suoi piedi ed iniziò a tirare fuori vestiti puliti per entrambi, sacchetti stracolmi di cibo in scatola, una mazzetta consistente di dollari ed altri oggetti che sarebbero stati utili per la fuga. Lui aveva già pianificato tutto.
Alla fine estrasse un quaderno rosso dalla copertina consumata con disegnata sopra una stella nera ed una cartelletta di cartone gialla.
"Ho trovato il mio fascicolo una settimana fa, era l'unica cosa che mi teneva ancorato a quel posto. Ho deciso di scappare con te, ma non ti ho detto niente per non metterti nei casini, Rumlow ti tiene sotto torchio." Disse con voce calma ed iniziò a sfogliare il plico di fogli.
Era la prima volta che formulava una frase così lunga.
Spencer annuì e si mise al suo fianco, per vedere meglio il contenuto di quel fascino. Tenuta ferma da una graffetta al pezzo di carta, c'era la foto consumata ed ingiallita dal tempo di un giovane uomo con una divisa militare verde. Mostrava un'espressione felice e spensierata.
Il Soldato sfiorò la fotografia con le dita metalliche e poi incitò Spencer a leggere il contenuto del fascicolo.

Nome: James Buchanan Barnes (Sergente).

Data di nascita: 10 marzo 1917.

Luogo di nascita: Shelbyville, Indiana.

Alzò gli occhi dal foglio, il cuore in gola ed il battito accelerato.
"Tu sei Bucky." Sibilò, ancora sconvolta dal ritrovarsi davanti il migliore amico d'infanzia di Steve Rogers. Quell'amico di cui il Capitano parlava spesso, con una nota di malinconia nella voce ed il rimorso per non essere riuscito a salvarlo dalla caduta dal treno.
Quel James Buchanan Barnes, soprannominato Buck da Stevie, che tutti credevano morto nel lontano 1944 ma che ora era davanti a lei in carne ed ossa.
"Chi diavolo è Bucky?" Domandò lui mettendosi sulla difensiva, guardando poi la ragazza che ormai era a pochi millimetri da lui.
La sua domanda non ricevette risposta, quelle parole aleggiarono nel vuoto. Spencer lo fissava ammutolita, continuava a domandarsi come fosse finito nelle mani dell'Hydre e ad essere così giovane nonostante dovesse avere quasi cent'anni.
I loro sguardi rimasero incatenati per minuti interminabili, James faceva vagare gli occhi da quelli della ragazza fino alle sue labbra carnose.
Si era sentito attratto da Spencer dal primo istante, all'inizio non aveva dato retta alle emozioni che gli trasmetteva lei... Infondo era solo la sua missione, ma poi stare a stretto contatto con lei aveva ampliato quella strana sensazione che gli attanagliava lo stomaco.
Bucky si leccò le labbra carnose ed incredibilmente rosse, poi si avvicinò al viso di Spencer.
Entrambi chiusero gli occhi non appena le loro bocche si sfiorarono.
La giovane Stark portò le mani tra i capelli lisci e corvini del sergente, la sua lingua chiese accesso alla bocca del Soldato. Schiuse le labbra e la accolse volentieri, la mano bionica si strinse intorno al fianco della bionda e la fece sussultare per quel contatto piacevolmente inaspettato.
Continuarono a baciarsi lentamente, assaporandosi a vicenda. Bucky era così bello e a Spencer piaceva da morire. Il suo stomaco era un groviglio di emozioni ed il cuore le batteva all'impazzata. Le guance color porpora le davano quell'aria da ragazzina alle prese con il suo primo bacio.
Ma forse era così, era il primo bacio di James dopo lunghi anni di torture, elettroshock ed ibernazioni.

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