chapter twenty-five

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Spencer si calcò il cappuccio della sua felpa bordeaux sulla testa e si affrettò a seguire Steve dentro all'immenso grattacielo.
Sulla facciata principale c'era scritto a caratteri cubitali Stark Tower: la ragazza lo identificò subito come il palazzo del padre.
Varcarono le mastodontiche porte di vetro finissimo quanto resistente ed attraversarono la vasta hall, come al solito affollata di uomini in giacca e cravatta e donne strette in tailleur che producevano un fastidioso ticchettare con i loro tacchi alti. Nessuno sembrò far caso a loro.
Alla reception c'era ad aspettarli una ragazza che avrà avuto all'incirca l'età di Spencer.
Salutò Steve con un sorriso a trentadue denti - abbagliata dal fascino di Captain America - e poi scrutò la figura longilinea della giovane Stark.
"Finalmente sei qui." Esclamò sgranando gli occhietti vispi e riconoscendola all'istante.
"Jennifer, vorremo andare dal signor Stark." La interruppe gentilmente Steven, senza troppi convenevoli.
La giovane donna in tailleur alzò la cornetta del telefono appoggiato sul bancone e disse sbrigativa: "Signor Stark, c'è qui il Signor Rogers che vorrebbe parlare con lei."
Tony disse qualcosa che non giunse però alle orecchie dei due ragazzi biondi.
urgente." Precisò la segretaria dopo qualche istante di silenzio.
Appoggiò poi il ricevitore sul tavolo ed aggiunse: "Potete andare, il signor Stark vi aspetta nel suo ufficio.
Bentornata, signorina Spencer."
Sorrise un'ultima volta cordiale e tornò alle sue faccende.
Steve incitò la figlia del miliardario ad andare avanti e le strinse una mano tra le sue. Erano calde e lisce.
La pelle del Capitano era morbida come quella di un neonato.
"Vieni, Spencey. Vedrai che andrà tutto bene."
La rassicurò e poi la strinse in un abbraccio per infonderle conforto.
Spencer lo lasciò fare, sorrise impercettibilmente al sentir pronunciare il suo vecchio soprannome.
Avvolse timidamente un braccio intorno alla schiena muscolosa di Cap e si lasciò cullare dal suo respiro che in quel frangente riusciva a trasmetterle tranquillità.
Si staccò da lui troppo in fretta per godersi in pieno quel dolce contatto umano e si diresse di gran volata verso le porte metalliche degli ascensori.
La verità è che aveva le lacrime agli occhi e tremava come una foglia, aveva paura.
Steve la seguì in silenzio.
Salirono fino all'ultimo piano, ogni tanto saliva qualcuno ma era troppo impegnato a rileggere qualche documento o a fare telefonate importanti per notare i due giovani.
Steve e Spencer rimasero per tutto il tempo in silenzio, spalla contro spalla. Quel semplice contatto riusciva a diffondere alla ragazza un senso di beata rassicurazione.
Non fece neanche in tempo ad immaginarsi un ipotetico incontro con suo padre e sua sorella che arrivarono al capolinea.
Le porte si aprirono con una lentezza disumana, tutto sembrava essere come a rallentatore.
Per un attimo Spencer non sentì i rumori del caotico ufficio che le giungevano ovattati alle orecchie.
Riusciva solo a pensare al peggio. Tutto l'entusiasmo provato quella mattina era scemato all'improvviso.
Stava facendo davvero la cosa giusta o avrebbe messo in pericolo la sua famiglia? Non poteva permettere che l'Hydra la trovasse di nuovo e che facesse del male a Tony, Stacy, Pepper, Steve... a Scott.
La sua mente volò a lui, non lo conosceva ma provava un senso di protezione nei suoi confronti che non riusciva nemmeno lei a spiegarselo.
Il suo cuore lo rimembrava, ma la sua mente non si ricordava quasi niente di quell'uomo dal viso dolce e gli occhi caldi e gentili.
Il flashback avuto in macchina le si piazzò prepotentemente nella testa ed una vampata di calore si irradiò dal suo cuore palpitante fino ad ogni singolo centimetro del suo corpo. L'unico nome che riusciva ad affibbiare a quella sensazione era amore.
Steve la distolse dai suoi pensieri, le agganciò un braccio intorno alle spalle e la portò fino alla porta infondo al lungo corridoio dalle pareti perfettamente tinteggiate di bianco che si presentava davanti a loro.
Una volta arrivati davanti all'infisso di legno massiccio, Steve bussò bruscamente ed aprì piano la porta.
Un'altra volta sembrava tutto in modalità rallentatore.
"Cosa c'è di così importante per farmi interrompere un teleconferenza con Shangai, Rogers?" Borbottò sarcastico Tony Stark.
Per un attimo il cuore di Spencer smise di pompare sangue agli altri organi vitali, la voce di suo papà le era mancata come l'aria.
"Questo." Disse risoluto Captain America e si spostò di lato, lasciando spazio alla ragazza che fece timidamente un passo in avanti.
Tony era basito, allibito, stupito, sorpreso.
La sua espressione diceva tutto da sola.
Gli occhi del miliardario si fecero umidi e mormorò con il cuore in gola: "Spencer, tesoro mio, sei tu?"
Non aspettò la risposta della bionda, che in ogni caso non sarebbe arrivata perché era anche lei troppo sotto shock per formulare una qualsiasi frase di senso compiuto.
Si fiondò ad abbracciare la cosa più importante che possedeva, oltre a Stacy: sua figlia. Non gli interessavano le macchine costose, i soldi a palate e le donne pronte a fare di tutto per ricevere attenzioni da lui.
Gli bastava solo avere accanto le sue figlie, il sangue del suo sangue. L'unica ragione che lo mandava avanti senza cedere allo sconforto ed alla solitudine.
Spencer si beò di quel contatto inaspettato quanto bramato. Tony la strinse al suo corpo massiccio talmente forte che per un attimo mancò ad entrambe il respiro.
"Tu sei qui." Disse con la voce strozzata dalla commozione.
Si staccò da quell'abbraccio che sapeva di casa, famiglia e cose belle e fissò il volto stanco e provato di Spencer.
Dagli occhi color nocciola di Tony Stark scendevano copiosamente delle grosse lacrime. Non aveva pianto neanche quando erano morti i suoi genitori o si era sposato con la sua ex moglie Pepper, che al tempo amava alla follia.
"Sì, papà, sono qui." Bisbigliò la ragazza in risposta, lacrime silenziose scendevano sulle sue guance.
"Spencer?!" Squittì una voce femminile alle spalle di padre e figlia.
Stacy si fiondò nell'ufficio di Tony, seguita a ruota da Steve che rimase un po' in disparte per permettere al trio di riconciliarsi.
Era stato lui stesso a chiamare la fidanzata, che appena appresa la notizia del ritorno della gemella si era fiondata subito per andarla a vedere.
Tony si allontanò di qualche centimetro da Spencer, per permettere all'altra figlia di abbracciarla.
Stacy cinse con foga il corpo della sua metà tra le esili braccia e poi la baciò ripetutamente su tutto il volto.
"Spencey, mi sei mancata terribilmente! Ho avuto davvero paura di perderti." Le schioccò un altro bacio sulla guancia e Spencer le rispose con un timido ed impacciato sorriso.
"Anche tu mi sei mancata tanto, Stacy. Ti voglio bene. Voglio bene anche a te, papà." Pronunciò le parole balbettando un po', ma sapeva che era la cosa giusta da fare. Quella era la sua famiglia ed era la parte più importante della sua vita.
Tony abbraccio di slancio entrambe le sue bambine e sorrise commosso.
Ogni cosa era tornata al suo posto, o quasi. Finalmente Spencer era di nuovo a casa.
Passarono minuti interminabili ma bellissimi, poi si staccarono.
Spencer aveva il respiro un po' affannato e così si sedette sulla morbida poltrona di pelle difronte alla scrivania del padre.
Erano ancora troppe emozioni per il suo cervello malato: prima la decisione di partire, poi il ricordo di Scott ed infine il ricongiungimento con la sua famiglia.
Ma sapeva che non era finita, entrambi - sia Tony che Stacy - avrebbero voluto sapere cosa le fosse capitato in quei lunghi mesi lontana da casa.
La sua gemella si sedette accanto a lei e le prese le mani tra le sue.
"Sei diversa, Spencey." Constatò, squadrandola brevemente. Era più muscolosa ed il suo viso sembrava più maturo, quasi come se le violenze subito l'avessero fatta crescere.
Nonostante fosse sua sorella, Spencer si sentì spogliata da quegli occhi tanto simili ai suoi, ma che erano più puri e limpidi. Senza tristezza e dolore.
"Cosa ti è successo, bambina mia?" Aggiunse con tono estremamente dolce quanto preoccupato Tony, poi si affrettò a raggiungere le figlie.
Spencer sospirò, dopodiché chiuse gli occhi e serrò le labbra. Era doloroso sì, ma doveva dargli delle spiegazioni. Se lo meritavano dopo l'inferno che gli aveva fatto passare a causa sua.
"L'Hydra mi ha rapita." Disse in tono grave. Padre e figlia spalancarono occhi e bocca per lo stupore. "Hanno mandato il Soldato d'Inverno a rapirmi e per mesi mi hanno sottoposto a torture ed esperimenti barbari."
Evitò accuratamente di scendere nei dettagli, non voleva che soffrissero anche per quello che le avevano fatto Rumlow ed i suoi uomini.
"Sono cambiata, hai ragione Stacy. Mi hanno iniettato il siero del Super Soldato - come hanno fatto con Steve - e mi hanno dato un potere, l'elettricità. Inoltre mi hanno cancellato la memoria, però di voi mi ricordo: siete tutto quello che di più prezioso possiedo. Io sono diventata un mostro, ho ucciso delle persone ed ho paura di fare del male a voi."
Spencer esplose, dopo tanto tempo riuscì a gettare fuori tutto il dolore che aveva dentro. La paura di perdere le uniche persone che amava con tutta se stessa c'era, ma sentiva anche il desiderio di dir loro la verità.
"Spencer ha dei braccialetti che le impediscono di usare i suoi poteri, tecnicamente è innocua." Aggiunse Steve in suo aiuto perché entrambi gli Stark erano rimasti in silenzio.
Stacy strinse maggiormente le mani della sorella e si tirò su il naso.
"Tu per me non sarai mai un mostro! Sei sempre la mia sorellina. Spencer, davvero, ho sognato per così tanto tempo di poterti riavere con me che adesso non ci sarà niente che potrà separarci di nuovo. Quando sei sparita ho sentito una parte di me morire, ogni sera facevo degli incubi e vedevo che ti torturavano. È stato orribile e mi svegliavo ogni volta urlando il tuo nome." Disse la ragazza bionda e strinse di nuovo la sorella in un abbraccio caloroso.
"Amore mio, tu e Stacy siete tutto per me. Non potrei mai abbandonarti per quello che sei diventata! Ti amo più di ogni altra cosa e lo stesso vale per me: niente potrà separarti di nuovo dal tuo vecchio e scorbutico padre." Tony aveva un tono che mai aveva usato prima d'ora, sembrava semplicemente un altro uomo. Non il cinico e menefreghista Tony Stark che si nascondeva dietro a battute e sorrisi strafottenti che tutti conoscevano. L'aver perso una delle sue figlie l'aveva segnato nel profondo.
"Grazie." Sussurrò semplicemente Spencer, troppo scossa dalle dichiarazioni di suo padre e di sua sorella per aggiungere altro.
"Adesso ti portiamo a casa."

*

Era da poco passata la mezzanotte, ma Spencer non riusciva a chiudere occhio.
Troppi pensieri le ronzavano per la testa e, anche se era davvero esausta per l'intensa giornata appena trascorsa, non riusciva proprio ad addormentarsi.
Stacy era accanto a lei che dormiva beata già da un paio d'ore, il viso era sereno e sorrideva nel sonno.
Aveva insistito tanto per starle accanto tutta la notte, perché aveva paura che la mattina dopo Spencer non ci fosse e che il suo ritorno fosse solo un sogno.
La Stark non era riuscita a dirle di no, anche perché un po' di calore umano le faceva più che bene.
Dopo essere arrivati a casa, Tony e Stacy le avevano raccontato brevemente cosa fosse successo in quei mesi. Le ricerche che avevano mosso mezzo S.H.I.E.L.D. La loro vita che era continuata dolorosamente, anche se ogni giorno tentavano di rintracciarla.
Tony aveva aggiunto sarcastico: "Non ti sei persa granché, l'unica cosa esilarante è stava vedere tutti gli Avengers piangere come femminucce. Persino Natasha è rimasta scossa quando le abbiamo detto che eri sparita!"
Spencer ridacchiò piano per  non far intuire che non si ricordasse con esattezza chi fosse Natasha o cosa fossero gli Avengers.
Poi suo papà si era fatto serio ed aveva detto: "Quello messo peggio di tutti però era Scott."
Scott. Spencer sentì come se il suo cuore venisse tagliato in due da una lama affilata.
Era stata egoista, ma per quel giorno aveva pregato sia Tony che Stacy affinché non gli dicessero niente del suo ritorno.
Sarebbe stata dura per tutti e due e lei cercava di rimandare a più tardi possibile quel doloroso incontro.
Gli altri due Stark e Steve erano contrari, però lei aveva spiegato pacatamente che di lui - a differenza che con loro - non si ricordava niente. O quasi.
Sapeva che si amavano, certo. Ma non era sicura se quei sentimenti fossero ancora validi per lei.
Sentiva il cuore batterle all'impazzata quando pensava a Scott, però era strano che provasse tutte quelle emozioni per una persona di cui a malapena sapeva il nome.
Alla fine tutti e tre avevano deciso di rispettare la sua decisione, infondo quella era stata una giornata davvero difficile per lei.
Anche se c'era una parte di lei - suppose che fosse un piccolo frammento della vecchia Spencer, quella che era prima che l'Hydra prendesse il controllo della sua mente e la rigirasse come un calzino - che moriva letteralmente dalla voglia di rivedere Scott.
L'unico uomo che hai mai amato; aggiunse quella parte di lei.
Inoltre era rimasta davvero colpita dalle parole di suo papà: Scott era davvero così devastato dalla sua scomparsa?
La scelta era solo sua: dare ascolto al suo cuore che le implorava di correre tra le braccia dell'uomo o dare retta alla sua mente cinica ed aspettare ancora?
Chiuse gli occhi e si accucciò accanto al corpo caldo della sorella. Spencer sperava solo di fare la cosa più giusta, sia per lei che per l'uomo che forse amava davvero.

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