SHARON CARTER

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La festa per i diciotto anni di James aveva portato un velo di tristezza in Charlotte; perché in quel momento più che mai aveva sentito la mancanza di Bucky, Steve e di tutto il resto della squadra.

In due anni esatti non aveva mai provato a contattare il padre di suo figlio direttamente perché lui non possedeva un cellulare e perché era in grado di rendersi invisibile con una facilità impressionante, era stato lo stesso Bucky a confidarle quella cosa una volta e Charlie ci credeva fino in fondo dato che lei stessa ne aveva avuto la prova concreta in passato.

Per tutto quel tempo aveva sempre provato a chiamare Steve con quello che era sempre stato il numero del suo telefono, ormai aveva perso il conto di tutte le volte che aveva fatto un tentativo, anche più volte al giorno, ma non aveva mai ricevuto risposta, nemmeno una sola volta.

Il cellulare squillava a vuoto fino a quando non partiva la segreteria telefonica.

Aveva provato numerose volte anche lasciando messaggi, uno più disperato dell'altro, ma nemmeno quel metodo aveva sorbito l'effetto tanto desiderato.

Una settimana esatta dal compleanno di James, Charlie si sentì nuovamente spinta dall'impulso di provarci ancora una volta e l'occasione era perfetta: Tony era occupato con una noiosa riunione, Jamie era a scuola e Visione era in un'altra stanza.

La ragazza digitò il numero del suo migliore amico e si portò l'apparecchio tecnologico all'orecchio destro, rimase in attesa di sentire una voce risponderle, si morse le labbra e pregò mentalmente di sentire Steve ma ciò non accadde, esattamente come tutte le volte precedenti.

Doveva aspettarselo, ormai, eppure sentì l'ennesima morsa dolorosa al petto; non aveva voglia di rimanere alla Stark Tower, così decise di uscire prendendo le giuste precauzioni: indossò la stessa giacca e lo stesso cappello a visiera di quando era andata nel suo appartamento per recuperare il libro dalla copertina rossa; ci abbinò anche un paio di occhiali da sole con le lenti scure, perché la sicurezza non era mai troppa.

Camminò per diversi minuti nelle strade di New York costellate di turisti, poliziotti a cavallo e baracchini di hot dog caldi.

Charlotte entrò in un centro commerciale e si diresse al supermercato, non perché avesse bisogno di comprare qualcosa ma perché non sapeva dove andare per trovare un posto tranquillo dove pensare e fare il punto della situazione.

Tony non aveva tutti i torti, in effetti era arrivato il momento di rifarsi una vita, molte sue coetanee che si trovavano in una situazione simile prima o poi trovavano un compagno con cui ricominciare tutto da capo, a lei non mancava la bellezza, il vero problema era che non aveva la minima intenzione di trovarsi un altro uomo; alla fine di ogni giornata si ritrovava sempre nello stesso circolo vizioso che prima o poi le avrebbe fatto esplodere la testa: voleva trovare Bucky, voleva rifarsi una nuova vita, ma voleva Bucky.

Bucky, Bucky, Bucky.

Ormai le sue intere giornate giravano attorno al ricordo del giovane uomo.

A volte, quando era notte, chiudeva gli occhi e si sforzava di ricordare ogni singolo particolare del suo volto: i lunghi capelli castani, gli occhi azzurri, le guance ricoperte da una leggera barba, la fossetta sul mento e l'angolo sinistro della bocca appena incurvato all'insù quando sorrideva, almeno nelle rare volte in cui l'aveva fatto.

Era doloroso ricordare i suoi occhi ed il suo sguardo: nell'azzurro delle iridi del Soldato c'era sempre una nota dolorosa che non lo abbandonava mai, un segno indelebile delle torture che aveva subito in passato e che mai lo avrebbero lasciato del tutto.

Si, c'erano state le volte in cui aveva pianto pensando all'uomo che amava, ma c'erano state le volte in cui si era toccata pensando a lui, fingendo che fossero le sue mani quelle che le stavano donando piacere, ed ogni volta si sentiva sempre peggio.

Anziché trovare un conforto passeggero si sentiva sporca e triste.

La giovane passò diverse corsie guardando in modo distratto i prodotti, se ne stava per andare quando sentì una voce familiare.

"Ahh, maledizione!".

Si spostò velocemente nella corsia successiva e vide una ragazza della sua stessa età china nel pavimento del supermercato: i capelli biondi erano lasciati sciolti sulle spalle e stava cercando di asciugare come meglio poteva il detersivo che lei stessa aveva fatto cadere.

Anche lei non la vedeva da tempo, eppure la riconobbe ad una prima occhiata, anche se alcuni ciuffi di capelli le coprivano il volto.

"Sharon?".

L'ormai ex Agente della CIA si voltò di scatto, corrucciò le sopracciglia alla vista di Charlotte, capendo chi fosse solo quando si tolse gli occhiali da sole.

"Charlie?"

"Si, sono io"

"Che cosa ci fai qui?"

"Ero venuta a fare un giro. Tu?"

"Devo prendere delle cose" rispose Sharon Carter con un sorriso "è stato un piacere vederti"

"No, aspetta!" esclamò l'altra ragazza, afferrando l'amica per il polso destro "da quando tutto è finito sei la prima che incontro del resto del gruppo. So che sai dove sono. Dobbiamo parlare"

"Questo non è il posto giusto"

"Allora dimmi quale posto è quello giusto per una chiacchierata perché io ho bisogno di parlare con te. Ho bisogno di risposte".

Sharon si guardò attorno, chiuse per un momento gli occhi scuri e poi afferrò Charlotte per il braccio destro, per portarla fuori dal supermercato.

An Unexpected Host; Stars, Steel And Cross Bones (✔️) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora