Lasciare tutto alle spalle

3.4K 79 0
                                    


Il sangue sgocciola sul pavimento bianco del bagno e scorre sui miei avambracci. La lametta scivola con facilità tra la carne e la pelle. Guardo i miei polsi colorarsi di un rosso intenso che fa da contrasto con la pelle candida. Un rito continuo che faccio sempre alla solita ora. Faccio scorrere l'acqua dal rubinetto e tolgo il sangue dai tagli. Prendo qualche benda, mi fascio le ferite e inizio con il pulire il pavimento dal sangue. Ogni volta che la lametta attraversa la mia pelle è un sollievo. Le mie colpe si alleggeriscono e, per un momento, scivolano via con il sangue. Una volta pulito esco dal bagno e torno in camera mia. Mia madre sta preparando le valige. Andrò al college e vivrò in una delle tante stanze. Le varie cose ormai sono già tutte al proprio posto e dopo poco mi ritrovo davanti al Taxi.

Mia madre mi abbraccia come se potesse perdermi da un momento all'altro. Ma quale madre non lo farebbe?

'Mi raccomando, chiama quando arrivi ok? ' dice con le lacrime agli occhi. Le sue mani sono ancora ferme sulle mie guance ed ogni volta non so se considerarlo un gesto affettuoso o qualcosa che mi dà fastidio.

Annuisco, saluto mio padre e mi avvicino a mia sorella.

' Trova qualche bel ragazzo eh! ' dice con un sorriso stampato in faccia. Lei è sempre rimasta uguale. Fin da bambina giocava con i maschietti o si truccava fregando di nascosto i trucchi della mamma. Come biasimarla, lei è bellissima.

'Guarderò solo loro! ' risposi cercando di sembrare il più contenta possibile. Beh sono contenta di andarmene ma di sicuro non per quella ragione. Inoltre mia sorella è l'ultima che deve preoccuparsi o sentirsi in colpa.

Mi volto ed entro in macchina trascinandomi la mia borsa da viaggio.
Una donna con i capelli castani raccolti in una coda disordinata e un vestito semplice con fiori in tutti i punti. Mia madre. Un uomo che di serio non ha nulla, con una polo blu e semplici jeans. Giusto una manciata di capelli scoloriti sulla nuca e uno sguardo fiero. Mio padre.
Una bellissima ragazza in forma con lunghi capelli castani e un sorriso raggiante. Una semplice maglietta bianca e jeans neri strappati. Mia sorella.
Per quanto possa amare la solitudine mi mancheranno. Mi mancheranno le abitudini famigliari, le risate ma anche i litigi. Mi mancherà la mia famiglia. Il taxi parte solo dopo aver indicato l'indirizzo all'autista. Mi appoggio alla portiera, con una mano sotto all'orecchio e l'altra intenta a trovare la giusta canzone di sottofondo. Quando alzo lo sguardo ed i miei capelli si spostano nuovamente, la città sta correndo via. Palazzi, famiglie, bar, parchi, tutto quanto. Cambierà tutto nella mia quotidianità e non so nemmeno come aspettarmela. Ma allora perché non sono così contenta? Dovrei essere elettrizzata da questa nuova avventura, eppure ne sono terrorizzata. Avrò fatto l'ennesimo sbaglio?

Dopo qualche ora di macchina, qualche semaforo rosso e playlist che girano all'infinito, sono arrivata. Il taxi si ferma proprio davanti ad un cancello affollato. Le macchine vanno e vengono mentre altre famiglie si spezzano. È qui che si notano tutti gli stereotipi che diventano realtà. Ci sono i gruppetti di ochette che gridano e si abbracciano felicemente come se in questa scuola troveranno chissà che cosa. E non possono mancare i ragazzi palestrati e chi fa finta di essere un duro. Esatto, proprio quelli che si danno una pacca sulla spalla facendo finta che non gli faccia male. Perché si sa, far vedere che si sta male è da deboli.

Il gentile autista mi aiuta a scaricare le valige e così con due valige e uno zaino rosa sulle spalle mi avvio verso la reception del collage. Il giardino è enorme e l'edificio non è da meno. Non so se sono l'unica a sentirlo ma è come se trasmettesse la rigidità dell'insegnamento già da fuori. All'interno sembra ancora più grande. L'atrio centrale è enorme e giusto un po' più avanti c'è una scala. Non faccio in tempo a vedere dove porta che la corrente di matricole mi spinge a camminare in avanti. Una volta arrivato il mio turno all'enorme bancone della Reception una signora, con già i capelli bianchi, mi sorride cordialmente.

'Ciao cara! Sei nuova qui? ' dice quasi come un automatismo. Quante volte lo avrà già ripetuto?

' Si, è il primo anno. Vorrei il numero della mia stanza. ' dico sorridendole. Non so perché ma provo quasi pena per lei. È già anziana, cosa aspettano a mandarla in pensione?

'Certo! Nome? ' dice rivolgendosi alla tastiera per non perdere un secondo in più.

'Federica Carta' risposi tranquillamente. Mentre digita continua a sorridere. Forse trent'anni fa era segno di educazione ma adesso è quasi fastidioso. Mi porge le chiavi sempre con un sorriso che faccio fatica a ricambiare.

'Stanza numero 374, quella stanza è diversa dalle altre...' disse con sguardo dispiaciuto. Probabilmente sarà piccola o mancherà il bagno in camera. Non do molto peso alle sue parole presi le chiavi incamminandomi verso il 3 piano. Un cartello delle indicazioni però, attirò la mia attenzione.

'PIANI 1-2 FEMMINILI'

'PIANI 3-4 MASCHILI'

Rimasi ferma a leggere quel cartello almeno per quindici minuti ma poi tornai indietro e misi le chiavi, forse con troppa forza, sul bancone della Reception. La signora un po' sconvolta mi guarda.

'Credo ci sia stato un errore. Il terzo piano è maschile. ' dico con più calma possibile.

' Si lo so signorina. Anche l'anno scorso abbiamo avuto un problema di questo tipo. Ma non si preoccupi! Per qualsiasi cosa può chiamare la vigilanza o venire qui. ' risponde sorridendo. Beh iniziamo bene.. prendo la chiave e saluto cordialmente la signora anziana. Riprendo a camminare e quando passo oltre al cartello mi inoltro verso gli ascensori ormai vuoti.

LOST- L'unico ostacolo sei tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora