La sala di musica è più grande di quanto pensassi.
Sono le 4 di pomeriggio e le lezioni sono finite da poco. Se fossimo nella prossima settimana, fra un' ora inizierebbe il corso di canto. Al momento però, la sala di musica, è vuota. Lo stridulo della porta di ferro risuona in tutta la sala, mentre la chiudo. Cammino e dopo qualche minuto mi fermo. Sono al centro della sala. Sotto di me c'è un enorme cerchio con il contorno di un bianco brillante. Attorno ci sono tantissime sedie e davanti a me un enorme palco di legno con ai lati imponenti tende rosse. Mi ricorda il vecchio palco scenico delle elementari. Amavo ballare e cantare con i miei compagni di classe. A volte però mi sentivo incompresa. Ero troppo brava per stare con un gruppetto di bambini che consideravano l'ora di musica come la ricreazione. Io ci tenevo. Ci tenevo troppo.Sopra al palco ci sono chitarre, microfoni e un pianoforte. Cammino verso il palco con la bocca aperta guardando il soffitto. È pieno di affreschi. Mi perdo alla vista del dipinto. Ci sono angeli che si incrociano fra di loro, nuvole a tratti troppo sfumate e violini che sembrano quasi emettere un suono. Qui c'è odore di arte, di storia e di talento. So che non dovrei essere qui ma per la prima volta mi sento nel posto giusto e non ho intenzione di andarmene. Arrivo facilmente al piano, dopo aver salito le scale che portano sul palco. Lo apro e sfioro i tasti con le dita. Mi siedo. Lo guardo. L'unica ancora che mi è rimasta. Inizio a suonare qualche nota, giusto per assaporarne il suono.
'Cosa ci fai qui? ' dice una voce dal fondo della sala. Interrompo tutto ciò che stavo facendo e mi alzo in piedi di scatto. Come se quella voce mi mettesse in allerta. Appena guardo la persona che ha parlato mi irrigidisco. Mi sposto verso la sala senza scendere dal palco, come se quello fosse il mio spazio sicuro.
'Come ti chiami? ' chiedo guardandolo negli occhi.
'Non hai paura? ' dice con un cipiglio sul viso inclinando un può la testa. Il ciuffo di capelli si sposta di lato e quasi mi viene da ridere. Come faccio ad avere paura quando sembra così dolce?
Scossi la testa e continuai a guardare quel mare in tempesta che aveva dentro quegli occhi. Avrei voluto sapere le cause di quella tempesta più di qualsiasi altra cosa.
'Perché dovrei? ' dico sinceramente. Lui non risponde e si gira dalla parte opposta avviandosi verso la porta.
'Aspetta!' dico con un voce più alta sporgendomi in avanti. Lui si ferma e si volta verso di me senza dire nulla.
'Perché tutti hanno paura di te?' chiedo ingenuamente. Continua a guardarmi come se non capisse cosa io stessi dicendo, ma poi parla.
'La vera domanda è perché tu non hai paura di me'
'Non credo che uno come te possa fare del male a qualcuno' dico sedendomi sul bordo del palco.
'Cosa intendi con uno come me?' dice avvicinandosi e sedendosi su una sedia di fronte al palco.
'Non lo so.. non sembri una brutta persona' dico sinceramente.
'Questo perché non sai niente'
'Allora raccontami tutto' dico avvicinandomi alla sua sedia. Lui rimane in silenzio e mi guarda per un po'. Si alza e viene di fronte me. è leggermente più alto, le sue labbra sono all'altezza della mia fronte. Prende una ciocca dei miei lunghi capelli marroni e la fa scivolare delicatamente sul suo palmo. Lo lascio fare mentre osservo i suoi movimenti.
'Non voglio farlo' dice lui sussurrando. Si gira di nuovo e torna ad andare verso la porta. Lo seguo e lo afferro per un polso.
'Parliamo' dico cercando un contatto visivo. Lui mi sorride alzando gli occhi al cielo.
'Perché ti interesso così tanto?' chiede sarcastico.
'Perché mi piace ciò che non è ordinario' rispondo seria.
Ci sediamo sul pavimento, un po' distanti, e rimaniamo in silenzio. Il mio sguardo vaga su di lui mentre il suo scruta la stanza e ogni tanto cade su di me.
'Colore preferito?' dico spezzando il silenzio.
'Fai sul serio?' dice lui ridendo.
'Colore preferito.' ripeto fingendo di fare la dura. Sospira.
'Grigio' risponde.
'Il tuo?' chiede di rimando.
'Bianco' rispondo.
'Tocca a te fare una domanda' dico stendendo le gambe.
'Non sono io a voler fare questo gioco' risponde guardandomi in disappunto.
'Ok allora stiamo in silenzio' dico io mordendomi il labbro. Sono abbastanza sicura che troverà una domanda da farmi.
I suoi capelli sono marroni come il cioccolato al latte e la luce che entra dalle finestre li rende leggermente più chiari. Le sue lunghe ciglia proteggono gli occhi blu mare.
'Dimmi qualcosa che ti da fastidio' dice lui spezzando il silenzio. Sorrido sapendo di aver avuto ragione.
'Odio quando mi dicono che non sto facendo nulla quando invece non è vero' lui mi guarda con le sopracciglia corrugate, non capendo.
'Hai presente quando hai una giornata libera di festa e la usi per metterti avanti con lo studio ma allo stesso tempo vuoi riposarti? Quindi dormi fino a tardi e nel pomeriggio o tarda mattinata inizia a fare le tue cose con calma. Poi però qualcuno, che magari ha lavorato o studiato tutta la mattina, si lamenta perché tu non hai fatto nulla. Mi da fastidio quando qualcuno giudica a priori. Lo ritengo stupido.. ed io odio parlare o ascoltare le persone stupide'
'Credi che non dovrebbero esserci persone stupide? Insomma è normale no?'
'Io credo che con tutti i mezzi che abbiamo essere stupidi sia una scelta.'
'Interessante. Spiegati' dice sporgendosi verso di me.
'Abbiamo la possibilità di scoprire qualsiasi cosa con un semplice clic. Possiamo informarci sempre e sentire diversi pareri. Andiamo a scuola obbligatoriamente fino a 16 anni ma molti studiano almeno fino ai 20. Essere stupidi e rimanerci è una scelta.'
'E come fai a definire chi è stupido e chi no?' Chiede lui sinceramente curioso e interessato.
'Io definisco una persona stupida quando parla senza sapere. Quando non ascolta e va dritto per la sua strada. Quando rifiuta di informarsi per saperne di più'
'Pensa, io definisco una persona stupida chi non riesce a vivere la vita come deve essere vissuta e non sprecandola sui libri di studio. Una persona stupida per me è anche una persona colta che non sa fare altro che parlare di nozioni scolastiche.' la sua presa di posizione mi colpisce più del dovuto. Siamo più vicini di prima e posso giurare di sentire il suo sguardo dentro di me.
'Mi stai dicendo che sono stupida?' chiedo un po' scossa.
'Ti sto dicendo che non tutto si può definire. Non puoi decidere i canoni della stupidità, o della bellezza, o dell'intelligenza o di molto altro. Forse non hai paura di me Federica, ma hai paura del mondo che ti circonda.' dice alzandosi. Qualcosa freme nel mio stomaco e infastidita ribatto.
'Tu non sai nulla di me' dico alzandomi.
'è vero. Come tu non sai nulla di me. Ma crei delle categorie e decidi di inserire le persone li dentro. Così come hai fatto con me. Hai deciso che sono una persona buona, mi ha messo una etichetta in fronte ed ora sono finito in uno dei tuoi schemi mentali. Solo che a me non piace stare in gabbia Federica. Io non sono chi tu credi che io sia. Devi prendere le cose così come ti vengono offerte e non farti troppe domande. Lasciati andare e vivi di più'
'Lasciati andare? Ma da che pulpito ragazzo misterioso' dico ribattendo con i pugni chiusi. Lui sorride. Va verso la porta e quando la apre mi guarda.
'Piacere di conoscerti Federica, mi chiamo Riccardo' così dicendo esce dalla porta lasciandomi da sola con la mia rabbia e i miei pensieri. Speravo di scoprire qualcosa di lui, di leggergli dentro, di capire che persona fosse e invece quello ad aver capito tutto, ad aver scoperto più cose, è stato lui. Mi ha smascherata di una maschera che non sapevo nemmeno di avere.
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LOST- L'unico ostacolo sei tu
FanfictionCredevo di non avere via di uscita. Temevo di essermi persa. Di essere affogata nelle mie stesse paure e in quelle degli altri. Avevo paura che la solitudine, la via di fuga che stavo cercando, mi stesse portando verso un vicolo buio. In quel posto...