Capitolo 4

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Apro gli occhi,pensando di essere nel mio letto,a casa mia,nella stanza che condivido da sempre con mia sorella maggiore.
Per qualche secondo ne sono convinta,ma non appena apro gli occhi,tutto mi ritorna alla mente.
Guardo la camera. Le pareti che mi chiudono in essa. Speravo fosse veramente solo un brutto sogno.
All' improvviso qualcuno inizia a bussare alla porta della mia stanza.
Poco dopo però cessa,ma qualcuno apre la porta,entrando nella camera.
"Sei sveglia allora. Alzati dal letto e vestiti. Devi venire a fare colazione,poi mio padre ti vuole parlare."mi dice,poggiandosi con una spalla sulla porta.
"Avevi detto che non saresti entrato" dico,coprendomi immediatamente con il lenzuolo.
"Io ho detto che non sarei entrato senza bussare. Infatti ho bussato e poi ho aperto la porta." ribatte lui con un' alzata di spalle.
"In ogni caso,ora puoi uscire!" gi urlo contro,tenendo il lenzuolo in modo che mi copra,nonostante abbia comunque la camicia da notte che mi copre.
"Non sarai mica nuda lì sotto. Non sei nuda vero?!" si avvicina al letto,allungando il collo per controllare.
"Certo che no! Ma dovresti uscire da questa camera in ogni caso." dico tirando il lenzuolo ancora più verso il mento.
Questo in risposta sbuffa ed esce dalla camera.
Quando sono certa che non entra nuovamente,mi alzo dal letto prendendo ciò che avevo lasciato in bagno la sera precedente, il jeans e la maglietta,e metto quello. Infilo sotto la maglietta la mia collana con il sole,in modo che non possano vederla.
Esco quindi dalla mia stanza dopo essermi preparata,guardando a destra e poi a sinistra,dove trovo Daniele, appoggiato con la schiena sul muro del corridoio.
"Finalmente sei riuscita ad uscire dalla camera." mi dice,mettendo in tasca il suo telefono,sul quale stava guardando qualcosa.
"Ho bisogno dei miei tempi per ogni cosa." ribatto io,mentre chiudo la porta della camera.
"Io invece avrei fame,quindi direi di andare mangiare." dice, dandomi le spalle ed iniziando a camminare nella stessa direzione che avevamo preso la sera prima, verso la camera da pranzo.
"Buongiorno Thaurel. Sedetevi." sorride in modo quasi agghiacciante. Lo sguardo ed il sorriso che mi rivolge mi fanno venire i brividi,ma non posso rimanere ferma sulla porta. Daniele mi da una leggera spinta mentre passa per andare al suo posto, facendo muovere anche me verso il mio posto.
Durante la colazione guardo spesso Achille,cercando di non essere palese.
Ho sempre più la convinzione che lo abbia già visto anche solo in un sogno.
Ovvio! Dovevo pensarci subito!
È uguale all' uomo che mi è apparso nel sogno l' altro giorno.
Ecco perché dentro di me sentivo di dover avere paura di quell' uomo.
Ora non riesco a fare di provare timore ed ansia a stare così vicina a quest' uomo,pensando a cosa potrebbe volere da me quando vorrà parlarmi.
Non ho niente che possa interessare. Non sono nemmeno di una famiglia benestante,perciò non vuole soldi per il riscatto.
Mentre penso alla parola riscatto, ripenso al sogno di questa notte.
Non ho avuto il tempo di fare come sempre e cercare di capire il sogno o l' incubo che sia,non arrivando in ogni caso ad una conclusione.
In questo ho visto i miei migliori amici. Ero così felice di poterli vedere,anche solo in un sogno.
Questi cercavano di contattarmi, facendo più chiamate e mandando diversi messaggi,non ricevendo naturalmente risposta a niente.
Decidono allora che se non fossi venuta nemmeno a scuola si sarebbero iniziati a preoccupare e sarebbero andati a casa per controllare se stessi lì.
Non è poi un sogno così brutto,sono i miei migliori amici che si preoccupano per me,la cosa mi fa piacere. Allo stesso tempo però,questo sogno mi mette anche malinconia. Perché questo sarà l' unico modo per vedere tutti i miei amici,la mia famiglia,o chiunque io conosca, fino a tempo indeterminato...
Tengo il viso chino,coprendomi con i capelli ed asciugano in fretta la lacrima che stava iniziando a scendere.
Quando finiamo di mangiare,Achille dice ai suoi due figli ciò che devono fare.
"Tu invece vieni con me." dice rivolto a me,mentre si alza dalla sedia.
Mi guardo intorno preoccupata. Non ho alcuna intenzione di andare con lui chissà dove a fare chissà cosa.
"Sbrigati!" mi incita con un urlo ad alzarmi. Solo per puro timore, eseguo il suo ordine.
Cammino al suo fianco,fino ad arrivare davanti alla stessa porta del giorno precedente,dove ho incontrato la figlia.
Quando entro,vedo immediatamente una grande scrivania marrone scuro, al centro della stanza,che si intona con il resto della mobilia.
Due grandi librerie ai lati,attaccate al muro,dove noto esserci solo libri di testi antichi.
"Allora,perché non mi racconti ciò che sai?" mi chiede mentre sento la porta che viene chiusa a chiave.
L' ansia inizia a crescere.
"Riguardo a cosa?" chiedo guardandolo.
"Riguardo alle tue origini." specifica in modo ovvio, come se fosse l' argomento principale di ogni conversazione.
"Entrambi i miei genitori sono di Roma,non credo ci sia altro che io debba sapere." dico,non staccando mai lo sguardo dall' uomo non appena torna davanti a me.
Si siede con calma,forse troppa, sulla sedia dietro la scrivania in legno, facendomi segno di sedermi a mia volta davanti a lui. Seppur titubante,decido di accettare il suo invito,sedendomi sulla sedia nera in pelle.
"Non sai altro? Qualcosa di,strano ed antico magari sulle tue radici. Chi sono i tuoi antenati..." mi guarda assottigliando lo sguardo,con quei suoi occhi di ghiaccio,in questo momento privi di ogni emozione. Proprio come quelli che aveva nel mio sogno.
"Non credo vi sia niente di particolare nei miei nonni..." dico,mentre cerco di ricordare se i miei genitori mi hanno mai raccontato qualcosa di particolare. Niente. Non mi hanno mai parlato molto dei miei nonni. Mio nonno materno purtroppo è morto giovane,mia nonna materna invece un anno prima che nascesse io,infine mia nonna paterna prima che i miei genitori si sposassero.
Mio nonno paterno invece è sempre lontano ed è un po' particolare,molto simile a mio padre caratterialmente,anch se quest' ultimo non lo vuole ammettere e mai lo farà.
"Allora devo prima essere sicuro e poi ti spiegherò tutto. Perché non mi dici se hai sognato qualcosa che poi è accaduto?" mi chiede vago,mentre si gratta il mento,guardandomi pensieroso.
Resto scioccata per tale domanda inizialmente. Perché mai gli dovrebbero interessare i miei sogni?
Decido quindi di rimanere in silenzio guardando le mie mani, mentre intreccio tra di esse un filo della maglietta.
"Rispondimi! E devi guardarmi negli occhi quando ti parlo!" alza la voce,sbattendo una mano sulla scrivania e sporgendosi verso di me.
Sussulto quando compie quel gesto, alzando immediatamente il mio sguardo,puntandolo sui suoi occhi.
Ieri non ha mostrato tutto se stesso a quanto pare...
Mi stavo chiedendo in effetti perché mai mi stesse trattando così bene, se mi aveva fatta rapire da suo figlio.
"Si. Mi è successo,a dire la verità mi succede da quando ne ho memoria." sussurro intimorita.
Non sono una che si lascia sottomettere,ma non cerco il suicidio. Sono troppo giovane per morire. Inoltre il mondo verrebbe privato di una tale bellezza.
Ma come faccio ad essere modesta in questo momento,quando non ho un briciolo di autostima?
"Come succede?" l' uomo ritrova finalmente la calma, poggiando la schiena sullo schienale della sua sedia.
"La maggior parte delle volte succede quando dormo. Però succede che svenga e faccia in ogni caso sogno o faccio un incubo." capisco che è inutile privare ad opporre resistenza e non rispondere. Sarebbe inutile.
Tendenzialmente non sono una che si lascia sottomettere,ma capisco quando non devo provare a suicidarmi.
"Direi che allora mi hai confermato chi sei." sussurra, più a se stesso che a me,mentre si alza dalla sedia e si mette seduto sulla scrivania vicino a me.
Io lo guardo rimanendo in allerta, non distogliendo mai lo sguardo da lui.
Mi rivolge un sorriso che mi fa accapponare la pelle.
"Ti insegneró come controllare le tue visioni. Ti darò una risposta a tutte le domande che mi vorrai porre. In cambio voglio solo una cosa." dice serio,togliendo il sorriso ed alzando un sopracciglio,come a farmi una muta domanda.
"Che condizione sarebbe?" chiedo,nonostante io sappia che non mi devi fidare di nessuno in questa casa,la mia curiosità ha la meglio e mi tira fuori le parole da se.
Mi mordo il labbro inferiore,pentendomi immediatamente di aver fatto una simile domanda.
Nonostante io sappia bene che non devo fidarmi di lui,la mia curiosità ha preso il sopravvento e mi ha fatto uscire le parole senza che potessi controllarle.
"Devi giurarmi assoluta rd eterna fedeltà. Solo questo." mi dice,rivolgendomi un macabro sorriso,come se stesse nascondendo qualcosa d' importante per la mia decisione e che sicuramente mi farebbe rifiutare.
"Accetto." dico dopo qualche secondo di silenzio totale.
"Bene. Domani ci sarà il giuramento,ora esci di qui." dice,tornando dietro la scrivania,come se fosse infastidito anche solo per la mia presenza in questa stanza.
Mi alzo senza dire niente ed esco dalla stanza, per poi guardare da un lato e poi dall' altro. Cerco di ricordare un punto che abbia già visto, per potermi orientare in questa casa enorme, ma non trovo nulla. Decido dunque di non tornare nella camera che mi hanno assegnato, ma, guardando a destra, vedo delle scale che il giorno precedente non avevo notato.
Una va verso l' alto,mentre l' altra va verso il basso,ma poco dopo c' è una porta che blocca il passaggio.
Incuriosita da ciò,dopo aver controllato che non ci fosse nessuno nei dintorni,faccio uno scatto veloce fino alla porta in fondo alle scale e la apro lentamente, non sapendo cosa potrebbe esserci oltre.
Finalmente apro tutta la porta,e resta scioccata da ciò che vedo.
Sembrano delle gabbie di vetro,dove si mettono gli animali,ma sono dei ragazzi quelli dietro il vetro.
Metto immediatamente una mano davanti la mia bocca,per fermarmi dal lanciare un urlo di terrore.
Tutti a fare una determinata cosa. Chi a combattere,chi ha qualcuno nella propria... non so nemmeno come definire il luogo in cui sono stati messi questi ragazzi. Tutti circa della mia età.
Credo che la parola giusta da usare in questo caso sia 'gabbia'.
Torno indietro chiudendo immediatamente la porta senza fare rumore e mi metto nascosta sotto le scale. Mi accovaccio, portando le ginocchia verso il petto e dondolandomi,cercando di non singhiozzare,mentre delle lacrime cadono sulle mie guance in modo incontrollato.
Non riesco a togliermi quell' immagine dalla mente. Mi si ripresenta in continuazione. Tutti quei ragazzi,portati a vivere come animali in gabbia...
Riesco solo a piangere in silenzio,continuando a dondolarmi su e giù,pensando che potrei finire anch' io come loro,in una di quelle gabbie.
Improvvisamente sento però dei passi sopra di me ed immediatamente smetto di piangere,o anche solo respirare.
Per fortuna chiunque sia,non scende fino a me, ma entra nel luogo in cui vi sono tutti quei ragazzi.
Mi alzo da terra e,dopo aver aspettato un po', in modo da essere sicura che non stia arrivando nessuno o che nessuno stia per uscire da lì.
Ripercorro immediatamente la stessa strada di prima al contrario e,quando arrivo allo studio di Achille, continuo a camminare dritta,in cerca della mia camera.
Poco più avanti però vedo una porta aprirsi ed uscire da essa Daniele. Mi guardo intorno, cercando un luogo in cui potermi nascondere. Non appena mi volto e gli do le spalle,sento che mi chiama.
"Thaurel. Che stai facendo?" si avvicina immediatamente a me,mentre io mi blocco all' istante.
"Stavo cercando la mia camera" cerco di dire con una voce controllata e non tremolante, mentre asciugo in fretta le mie lacrime.
"Vieni con me." dice freddo,senza nemmeno fermarsi davanti a me.
Mi giro e inizio subito a seguirlo, non smettendo mai di guardarmi indietro,per paura che possa arrivare qualcuno da un momento all' altro, per prendermi e portarmi in una di quelle gabbie.
"Ma che ti prende?!" dice Daniele, guardandomi,come se fossi una matta,all' ennesima volta che mi giro a controllare dietro di me.
"Nulla!" dico sussultando e guardandolo.
"Entra." mi dice dopo aver aperto la porta della mia camera, facendomi segno di entrare per prima.
Entro in camera senza dire niente e lo vedo che mi segue e chiude la porta dietro di se.
"Che ti ha detto mio padre?" chiede senza indugiare,sedendosi sul letto,puntando il suo sguardo su di me.
"Non sai il motivo per cui tuo padre mi ha voluto parlare nel suo studio?" lo guardo stupita, dato che credevo sapesse tutto ciò che Achille decidesse di fare o di cui parlare con me.
"Se lo avessi saputo,non sarei qui ora a chiedertelo. Non credi anche tu?" mi guarda,alzando un sopracciglio.
"Hai ragione. Voleva che gli giurassi fedeltà,in cambio lui mi avrebbe dato una risposta a tutte le domande che continuano a girare per la mia mente." sintetizzo la chiacchierata con Achille,in modo da essere dritta e concisa.
"Pensavo sarebbe stato diverso con te, ma a quanto pare ha lo stesso piano di sempre." dice alzando le spalle e poi alzarsi dal letto. Va verso la porta per uscire, ma si ferma, con una mano sulla maniglia della porta.
"Perché eri ancora in giro per casa quando ti ho vista?" si gira lentamente, aggrottando le sopracciglio ed assottigliando lo sguardo che posa su di me.
I suoi occhi verdi iniziano a scrutarmi in cerca della verità che cerco di nascondere al meglio.
Mi guardo intorno, evitando il suo sguardo il più possibile, cercando di trovare una scusa che possa sembrare vera e plausibile.
"Non so orientarmi ancora in questa casa, quindi stavo vagando in cerca della mia stanza." cerco di essere brava nel mascherare l' ansia che in realtà sto provando, con un respiro normale, mentre il mio cuore batte all' impazzata, per la paura che possa succedere qualcosa se dovesse scoprire ciò che sono venuta a sapere.
"Non sai mentire. Credo tu sia l' unica persona sulla faccia della terra a non saper mentire. Ora dimmi la verità." dice avvicinadosi minaccioso verso di me, lasciando la porta.
"Questa è la verità. Non sapevo dove andare, quindi sono andata prima da un lato, ma non ho riconosciuto nessuna delle porte, però stavo camminando verso l' altro lato quando mi hai vista." dopotutto non è una cosa del tutto errata. Una volta, in un libro che ho letto, vi era scritto che tutte le bugie migliori, sono basate su un minimo di verità. Devo pensare che ciò che ho detto non è tutta una bugia quindi.
Ma chi voglio prendere in giro?! Non ho mai saputo mentire e mai ci riuscirò, me lo dicevano anche i professori alle medie quando provavo ad inventare una scusa per cui non avevo studiato la lezione del giorno.
"Stai ancora mentendo, o almeno in parte. Dimmi ciò che hai visto immediatamente o dirò a mio padre di anticipare la cerimonia del giuramento." ormai è a pochi centimetri dal mio viso e mi guarda negli occhi. Verde chiaro contro verde scuro.
"Ti ho già detto la verità..." dico, ma non riesco a sostenere oltre il suo sguardo, o potrei dire ciò che ho visto.
All' improvviso ho un giramento di testa ed inizio a vedere tutto sfocato, e non perché sono miope. La voce di Daniele mi arriva ovattata alle orecchie, non riuscendo a capire cosa dica. Cerco un punto dove potermi appoggiare o anche solo sostenere, ma senza avere nemmeno il tempo di capire ciò che sta succedendo, cado a terra, circondata dal nero.

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