Capitolo 22

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Daniele

Continuo a cercarla, senza sosta. Il senso di colpa mi logora da dentro. Sono veramente dispiaciuto di aver avuto quella reazione dopo il bacio. Se le è successo qualcosa, potrei sentirmi ancora più in colpa.
Non cosa mi stia succedendo, ma so che dentro di me c' è solo il caos più assoluto. Mi sembra di essere entrato in una lavatrice e di non essere più riuscito ad uscirne.
Dopo quel bacio, il mio cervello si è come offuscato, e sono scappato via, senza pensare ad altro. Arrivato a casa, sono entrato nella mia stanza ed ho iniziato a tirare pugni al muro.
Ancora adesso, non capisco come abbia potuto lasciare che i sentimenti mi sovrastassero in tal modo. Baciarla non è stata una buona mossa, proprio pessima, a dire il vero.
Mio padre, se verrà a sapere ciò che è successo, potrebbe impedirmi di continuare a farle da guardia, ed è l' ultima cosa che voglio. Mi piace litigare con lei. So che è strano, ma è ciò che provo veramente.
Per mia fortuna ho avuto abbastanza cervello per pensare di portarmi un giacchetta, dato che con la notte si abbassano le temperature, e lei non è vestita nel modo adatto.
Credo sia meglio iniziare a correre, in tal modo sarò sicuramente più veloce di lei, ed anche se continua a camminare posso raggiungerla. Mi lego la giacca intorno alla vita, in modo da poter correre più facilmente, senza troppi ostacoli.
Dopo qualche minuto di corsa, senza avere nemmeno il minimo affaticamento, quasi inciampo sul suo corpo.
«Ma che... perché si è sdraiata qui?!» dico a me stesso, guardando il suo corpo lì a terra, rilassato e senza preoccupazioni, così come il suo volto.
Sospiro, togliendomi la giacca da intorno alla vita. Mi chino su di lei, per metterle la giacca sulle spalle, accertandomi che questa non cada, prima di prenderla tra le mie braccia, sperando di non svegliarla.
Mentre cammino, la osservo attentamente in ogni suo più piccolo dettaglio.
Si stringe immediatamente contro il mio petto, poggiando la sua testa contro di esso e stringendo la maglietta in un pugno, aggrottando leggermente la fronte.
Probabilmente starà avendo una delle sue visione, e non sembra sia positiva.
Non posso fare a meno di non staccarle gli occhi.
Ma che mi sta succedendo? Io non sono mai stato il genere di ragazzo che ha sentimenti...
Apre improvvisamente gli occhi, stringendo ancora di più la mia maglietta. Mi blocco, tornando alla realtà e lasciando da parte i miei pensieri, ed aspetto che si calmi, dato che ha anche un respiro affannato.
«Tu... No! Lasciami subito! Mettimi giù!» inizia a dire, dandomi dei pugni sul petto, dimenandosi dalla mia stretta, rischiando di cadere più volte.
«La vuoi smettere di muoverti e di darmi pugni, o ti devo lasciare cadere qui a terra?!» dico innervosito, e per farle prendere un piccolo spavento, faccio finta di stare per lasciarla cadere.
«No! Ho detto di mettermi giù, non di farmi cadere per terra!» dice aggrappandosi a me. Sorrido alla sua reazione, tenendola comunque tra le mie braccia.
«Allora smettila di lamentarti e non darmi mai più dei pugni.» le dico minaccioso, guardandola seriamente.
«Tu hai il coraggio di venirmi a dire che non devo più darti pugni?! Ma ringrazia il cielo che non ti stia già buttando per terra per prenderti a calci! Sei scappato via senza dire più niente. Si è fatto buio, ed ora mi risveglio con te che mi tieni in braccio, e cerchi di riportarmi in quel' inferno di casa?!» dice diventando improvvisamente tutta rossa in viso, ma non per imbarazzo, sembra più rabbia repressa, che sta uscendo tutta insieme fuori.
Si rimette in piedi,  puntandomi un dito contro, lasciandomi senza parole. La guardo in silenzio, non avendo la piena certezza che abbia finito di sfogarsi, alzando un sopracciglio quando poggia il suo indice sul mio petto, con uno sguardo minaccioso.
«Hai finito o posso parlare?» chiedo, in tono ironico, guardando il  suo dito ancora sul mio petto.
«No, non ho ancora finito! Sei stato un vero idiota ad andartene in quel modo! Non ti parlerò mai più! Sappilo!» dice, per poi tornare a camminare nella direzione opposta a quella a cui stavo andando io.
La blocco, evitando che se ne vada oltre, capendo all' istante ciò che ha intenzione di fare.
«Devi tornare con me a casa.» dico, usando il tono più duro che riesco a trovare dentro di me. La guardo duro, e capisco che la cosa sta funzionando quando lei fa un passo per avvicinarsi a me.
Mi coglie completamente di sorpresa quando mi tira un pugno sulla mascella, e di seguito un calcio vicino alle costole e dove farebbe male a chiunque altro maschio vivente sulla faccia della Terra. Mi piego all' istante in due, finendo per terra a rotolarmi, tanto i dolore si è fatto forte. Speravo che essere un discendente di Achille mi rendesse più forte anche per eventuali calci in quel determinato punto, ora sono a conoscenza del fatto che non è così.
Il dolore mi assale in tutto il corpo. Non credo esista un dolore così forte. Le donne credono tanto di provare un forte dolore con il ciclo o  con il parto, ma per me non può essere minimamente paragonato a quello che provano i ragazzi in questi casi.
Spostando di poco lo sguardo, la vedo che sta correndo nella direzione opposta alla casa. Vorrei alzarmi per poterla raggiungere, ma ancora non riesco ad alzarmi. Poggio la fronte sul terzo, e stringo gli occhi, tanto che quasi mi esce una lacrima.
Stringo forte la mascella, cercando con tutto me stesso e tutta la forza che ho dentro di me per fare in modo che quel dolore si allievi un minimo, in modo da permettermi di alzarmi e correre per raggiungerla.
Non so quanto tempo io ci possa aver impiegato, non ho avuto modo di controllare il mio orologio.
Prendo un respiro profondo, tornando in me.
Direi che dopo questo, possiamo considerarci alla pari.
In ogni caso, è riuscita a scappare, non solo per il calcio, ma anche per il fatto che mi abbia colto di sorpresa.
Ora so che non posso più tornare a casa senza aver prima ritrovato Thaurel ed averla ripresa con me. Mio padre potrebbe definitivamente uccidermi questa volta. E la cosa più preoccupante, è che non gli importa di nulla se sono il figlio, tra l' altro primo genito. Per lui, quando si tratta di arrivare all' obbiettivo che si è prefissato, facendo in modo che nessuno glielo possa impedire.
Dopo aver preso un respiro profondo, inizio a correre, nella stessa direzione in cui ho visto andare Thaurel, deciso più che mai a ritrovarla.
Metto più energia possibile nelle mie gambe, non pensando a ciò che potrebbe comportarmi fare una cosa simile.
Scuoto la testa, continuando a correre, come se bastasse questo per scacciare quei pensieri che mi dicono di smetterla di fare un simile sforzo, lasciando solo il mio obbiettivo, Thaurel. Come fosse stampata nella mia mente e nel mio cervello.


Allora, lo so che questo è un capitolo più corto rispetto a quelli precedenti, però è stato anche necessario in parte per l' evoluzione della storia. Infatti questo capitolo è dal PUNTO DI VISTA DI DANIELE. A dire il vero è da un po' che ci pensavo a fare un capitolo simile, ma non mi sembrava mai il momento adatto, ora è finalmente arrivato, ed ecco qua quello che ne è uscito fuori. Che ve ne pare? Spero davvero che vi sia piaciuto, perché ho cercato di fare davvero del mio meglio con questo capitolo. Scrivetemi quindi nei commenti quello che vi è sembrato, per sapere se eliminare questo capitolo e pubblicarlo in un altro modo, oppure vi è piaciuto, ed allora lasciarlo così. Per me sarebbe veramente importante. Ringrazio tutti voi per il supporto, ed al prossimo capitolo.

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~Izzy 💖

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