Capitolo 17

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«Ora che dobbiamo fare?» gli chiedo,tenendo le mani strette tra loro,con dentro il foglietto datomi da William, dietro la schiena,in modo che non possa chiedermi niente.
«Non dobbiamo fare niente. Devi stare nella tua stanza però.» mi dice con un' alzata di spalle, mettendo le mani nelle tasche dei suoi pantaloni.
«Perché non stiamo un po' nella tua oggi? Sto sempre nella mia. Ormai conosco tutto di quella stanza. Sono entrata una sola volta nella tua per asciugarmi i capelli.» decido di chiedergli. Dopotutto, che costa provare? Almeno posso cambiare stanza una volta tanto, che non sia la mia per lo meno.
«Non mi piace molto che qualcuno entri nella mia stanza, quindi direi che oggi tu non possa assolutamente entrare.» mi risponde quasi infastidito, dopo aver aperto la porta della mia stanza, davanti alla quale siamo arrivati.
«Posso farti prima un' altra domanda?» gli chiedo poggiandomi con una spalla allo stipite della porta, tenendo le mani dietro la schiena, con un piccolo sorriso mentre lo guardo.
«Sbrigati e che non sia stupida, o me ne vado all' istante.» dice quasi minacciandomi di pensare alla domanda che ho da porgli, come se questa potesse essere l' ultima.
«Smettila di fare il melodrammatico, voglio solo chiederti perché stai sempre con me.» dico alzando gli occhi al gesto per il suo atteggiamento così infantile.
«Sto sempre con te, per il semplice fatto che ti devo controllare. Sono ordini di mio padre.» mi risponde, ma guardandolo negli occhi, è come se sentissi che in realtà non mi sta dicendo tutta la verità. Lo vedo dai suoi occhi, e dal fatto che lui non mi sta guardando negli occhi.
In questi casi mi tornano utili le mie conoscenze sull' atteggiamento che adottano le persone nelle diverse situazioni in cui si trovano.
«Certo, farò finta di crederci. Ci vediamo più tardi per la cena allora.» gli dico e non gli lascio il tempo di ribattere, che entro in stanza e mi chiudo la porta alle mie spalle. 
«Aspetta, io non ti ho detto che potevi chiudermi la porta in faccia però.» riapre la porta Daniele, ed io nascondo il foglietto che stavo aprendo sul letto, prima di girarmi verso di lui, e mi ci siedo sopra, sperando con tutta me stessa che non si strappi, o che non gli succeda nulla.
«Pensavo non volessi rimanere qui con me, dato che tu mi odi. Non dire che non è vero, perché lo capisco persino io.» lo fermo prima che possa dire che non è vero, alzando una mano davanti a lui.
«Non ti odio, è solo che, come è giusto che sia, non sei proprio nelle mie simpatie.» mi dice come se fosse una cosa migliore di ciò che avevo già detto io. Lo guarda come a capire se fa sul serio o mi sta solo prendendo in giro, ma a quanto pare è più che serio.
Scuoto la testa, disperata, cercando di non muovermi troppo, ricordandomi del foglietto.
«Certo, in ogni caso, cosa avresti intenzione di fare, dato che non mi vuoi lasciare sola a leggere, e sono più che certa che tu abbia cose migliori e più divertenti da fare, piuttosto che stare qui a fare da guardi a me.» dico guardandolo sperando che con questa mia osservazione si decida ad andarsene.
«Non ho niente da fare oggi. Quindi posso rimanere qui fino a cena. Sono tutto per te oggi.» mi sorride, e si avvicina all' altro lato del letto a dove mi trovo io, per poi sdraiarsi, portando le braccia dietro la testa.
«Sembra molto una minaccia la tua. la cosa non mi piace per niente. Mi metti ansia. Quindi io ora mi alzo e tu ti togli da quella posizione.» dico guardandolo, e pentendomi del fatto di non aver scelto un posto migliore in cui nascondere quel foglietto. Avrei potuto metterlo anche nel reggiseno! Sicuramente sarebbe stato migliore come nascondiglio, dato che nessuno può controllare lì. In sedici anni di vita, in teoria il mio cervello dovrebbe funzionare e riuscire ad elaborare idee in fretta, ma il mio no. Lui è diverso. Ovviamente.
«Perché dovrei? Sto comodo così, se proprio ti da fastidio spostati tu.» sposta lo sguardo su di me, e la sua maglietta si tira, quel tanto che basta a far vedere anche attraverso essa, il suo petto. Volto subito lo sguardo, in imbarazzo per aver anche solo pensato che sia carino.
«Questa però è la mia stanza, e non saprei dove andare dato che questa è casa tua e sei tu che la conosci non io. Inoltre, tu hai la tua stanza, quindi puoi andare nella tau tranquillamente.» torno su di lui, parlando ovvia.
«Io ora voglio stare qui, quindi resto qui. Come hai detto tu, questa è casa mia, quindi sono io che decido cosa fare o non fare qui dentro.» ha usato contro di me le mie stesse parole. A quanto pare non riuscirò a liberarmi di lui facilmente. Anzi, direi proprio che non ci riuscirò sicuramente.
«Almeno proponi qualcosa di interessante da fare!» dico sbuffando, portando le mani sotto le mie cosce e prendendo il foglietto tra le mani.
«Non ho in mente niente, se non obbligo o verità. Ma non è divertente da fare solo in due.» dice, puntando il suo sguardo verso il soffitto, come se stesse pensando a qualcosa, ed il soffitto lo aiutasse a ragionare.
«Una volta ci abbiamo giocato io ed una mia amica. Però non mi piacciono questo genere di giochi. Sono inutili ed infantili.» dico, pensando a tutte le volte che ho letto nei libri di questo gioco e di come andava sempre a finire. Inoltre ci avevo giocato una volta, con alcuni miei compagni di classe, durante un campo scuola. La cosa è andata a finire sui baci ovviamente, dato che tutti sceglievano obbligo, ed era diventato più un gioco della bottiglia. Io ho continuato a giocare solo perché non mi andare in stanza e dormire da sola, dato che poi tornate l mie compagne, mi avrebbero inevitabilmente svegliata.
«Non dirmi che sei una di quelle ragazze!» dice sorpreso, come se non potesse crede ad una cosa simile, tanto che si alza e si mette seduto, guardandomi scioccato.
«Che significa che sono 'una di quelle ragazze'?» gli chiedo confusa, dato che non capisco veramente dove voglia arrivare.
« 'Una di quelle ragazze', nel senso che sei una di quelle che non ha nemmeno mai baciato nessun ragazzo.» mi spiega, anche se dal tono che usa, sembrerebbe quasi strano per lui che io non abbia capito subito.
«Punto primo,io non sono così. Punto secondo, anche se fosse, sarebbe una cosa tanto strana per te?» dico alzando un sopracciglio, non trovandoci niente di male in una ragazza che si comporta così.
«Non dico questo,ma solo che appunto non sembri una ragazza così.» mi risponde con un' alzata di spalle.
«Senti,ti conviene smettere di parlare,stai solo peggiorando la tua situazione già pessima.» gli dico come consiglio.
«In ogni caso,perché tu non ti metti a leggere,mentre io invece mi metto a dormire?» propone tornando sdraiato sul mio letto. Si abbraccia il cuscino,come se fosse sul suo letto a dormire.
«Tranquillo,come se fossi nella tua stanza.» gli dico ironica, mentre prendo il libro che mi aveva dato.
«Ottimo,svegliami per qualunque cosa.» mi dice prima di chiudere gli occhi.
Aspetto diversi minuti prima di prendere il biglietto e leggere ciò che ci sta scritto.
"Vediamoci dopo la cena in cucina."
La scrittura è proprio come quella di un ragazzo,ma allo stesso tempo sembra la scrittura inesperta di un bambino di terza elementare.
Sorrido,per la dolcezza del ragazzo che mi ha dato questo biglietto. Lo nascondo dentro al reggiseno, dato che non mi fido a lasciarlo in nessun posto dentro questa stanza, poiché potrebbe essere trovato da Daniele,o da altri.
Mi sdraio anch' io, decidendo finalmente di mettermi a leggere seriamente.
Mi metto a pancia in sotto, controllando che il vestito non si alzi troppo.
Riprendo il libro che avevo poggiato e torno a leggerlo, mentre un piccolo sorriso si fa strada sul mio viso, senza che nemmeno me ne renda conto.

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