[ λαῖλαψ ] storm

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i fulmini accendono il cielo e i tuoni lo animano, il vento fa danzare gli alberi e la pioggia accarezza ora piano, ora più forte la terra.
Io sono seduta al centro di un prato immenso, accerchiato in lontananza da boschi infiniti.
La natura è forte, inarrestabile, serra il suo pugno e lo scaglia sul suo ventre facendolo tremare di un'energia indomabile.
Vorrei che il vento disintegrasse la marionetta di pezza ch'è il mio corpo, lasciando i pezzi in balia dei suoi giri di valzer.
Vorrei che, primo fra tutti, il mio cuore venisse fatto a pezzi fra i rami affilati come rasoi degli alti alberi.
Vorrei che un fulmine colpisse la mia anima per farla vibrare, risvegliare, rianimare come un cuore sotto un defibrillatore per farla sentire viva un'ultima volta.
Vorrei che la pioggia prendesse il posto delle lacrime e pulisse il mio viso dall'acido che piango, purificandolo come peccati in punto di morte.
Vorrei diventare parte della natura e perdermi con essa, morire e rinascere sotto un salice dalle foglie fragili.
Eppure il mio cuore rimane distrutto ma integro nella mia gabbia di ossa, il mio animo è sopito, forse morto, in un angolo e le lacrime scorrono ancora come acido.
Io sono chiusa in una stanza buia ad ascoltare la sinfonia della grande madre, immaginando un prato immenso circondato da boschi infiniti.

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