Sono avvolta dal nero, un nero così puro che anche i passi di qualcuno sembrerebbero attutiti. Mi immagino delle macchie di colori vivaci, ma poi penso che rovinerebbero questo bellissimo ritratto semplice e naturale.
Allungo la mano in cerca di, che cosa? Pelle? Braccia? Non trovo nulla di questo mentre tasto il materasso, afferro il cuscino e lo tiro a me, come se fosse davvero quello che cercavo.
Così, senza un motivo, pianto un urlo che viene attutito dal cuscino che stringo fra i denti. Non c'è un motivo reale per il quale l'ho fatto, so solo che ne avevo bisogno e che non mi basta, per sfogarmi completamente dovrei salire sul tetto di un palazzo e urlare fino a quando la mia voce si spezza, fino a quando il mattino sorge e l'alba mi farà capire che è tutto finito. Ma poi, la gente cosa penserà? "pazza!", "da chiudere in manicomio.", sì perché la gente non sa, non osa, pensare che anche loro hanno bisogno di un urlo di sfogo.
D'altronde è meglio così, se tutti urlassero qualcosa non ci sarebbe più questo silenzio che c'è ora, e che senso avrebbe tutto quel rumore se dopo non ci fosse tregua e pace.
Dovrei smettere di pensare a ste stronzate alle tre del mattino, non servono a niente se non a sentire la stanchezza e l'incomprensione il giorno dopo.
Rotolo verso sinistra ma mi accorgo troppo tardi che il letto è finito e mi ritrovo con la schiena sul pavimento freddo e la testa sul comodino duro.
Resto lì per quei cinque minuti per capire cosa sia successo, mi siedo con le gambe incrociate sul pavimento, menomale che la mia famiglia ha il sonno pesante. Mi tocco la testa e rabbrividisco al dolore che mi sono inflitta cadendo dal letto.
Mi alzo impegnando tutta la forza che ho alle tre del mattino, tasto il muro in cerca dell'interruttore ma poi ci ripenso, perché accendere la luce e rovinare questo bellissimo buio? Una vocina nella mia testa mi dice che la luce serve per vedere dove vado e che se non premo l'interruttore molto probabilmente finirò di nuovo con il culo per terra... Ma tanto ascolto quella voce solo quando dice ciò che voglio sentire.
Mi aggrappo alla testiera del letto e mi ci butto sopra, sistemo il cuscino, mi allungo facendo scrocchiare le vertebre della spina dorsale e prendo il telefono in mano. La luminosità del dispositivo era al massimo e finisce per acciecarmi. Prendo le cuffiette dal cassetto e le attacco al telefono, metto la mia play list preferita e alzo il volume al massimo.
Mi addormento così, senza nemmeno accorgermene, con le palpebre che si fanno pesanti al ritmo di "Perfect Places" di Lorde.
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Salvati da sola.
RomanceLa felicità nei suoi occhi era scomparsa, la ragazza china sul libro non era più Alice. Ora dal suo viso traspariva solo freddezza. Non è colpa sua, chi ha capito troppo non sa più cosa fare se non restare a guardare il vuoto.